La nuova strategia russa punta tutto sulle terre rare. Putin vuole agire in fretta e battere l’Occidente sul tempo.
Putin è sicuramente un personaggio molto controverso, ma bisogna riconoscergli una certa perseveranza, peraltro accompagnata da capacità non indifferenti, per quanto i fini siano opinabili. Mentre la Russia scivola in un lento, ma non troppo, declino a causa della guerra in Ucraina a cui Mosca stessa ha dato il via, il suo leader non soltanto non arretra ma decide di intensificare gli sforzi (forse sperando ancora una volta nella velocità di resa ucraina) e nel frattempo prepara la ripresa della nazione.
Le terre rare, di cui il Paese dispone in abbondanza, possono essere proprio la chiave di questo processo, oltre che un punto importante per non perdere del tutto di vista gli obiettivi che qualsiasi persona alla guida di una nazione dovrebbe avere. La nuova strategia della Russia punta infatti alla crescita interna, ma non di certo senza considerare le implicazioni internazionali, anzi.
Nuovamente il progetto russo si appresta a stravolgere gli equilibri globali, perché anche se non spunterà la contesa della partnership asiatica con gli Usa, Mosca ha tutte le intenzioni (e le carte in regola) per diventare un attore fondamentale nella fornitura delle terre rare. E sappiamo bene quanto questi materiali siano importanti, non solo nell’immediato presente ma anche e soprattutto nel futuro di un’economia sempre più green e digitale.
La nuova strategia della Russia sulle terre rare
Subito dopo il Forum economico orientale di Vladivostok, autentico trampolino di lancio per i rapporti commerciali con l’Asia, Vladimir Putin ha emanato un nuovo ordine. Come sempre sintetico, preciso e perentorio lo Zar ha imposto al governo russo di approvare entro il 1° dicembre 2025 una “roadmap per lo sviluppo a lungo termine dell’estrazione e della produzione di metalli rari e terre rare”. Una scadenza serrata da cui si evince chiaramente il grado di priorità della richiesta, per la quale Putin si aspetta il massimo impegno dal primo ministro Mikhail Mishustin.
È infatti quest’ultimo a dover nella pratica garantire l’andamento del piano russo, e in qualche modo a farne le spese, dovendo ottimizzare una strategia industriale complessa in così poco tempo, per non parlare del livello di pressione. Di fatto, sarebbe anche strano se una nazione come la Russia non desse le giuste attenzioni a una risorsa strategica che possiede in quantità considerevoli, ma la brusca accelerata di Putin non arriva di certo per caso. Avanzare nel settore, infatti, permetterebbe alla Russia di aumentare l’indipendenza dall’Occidente e diventare anzi un fornitore indispensabile, ma anche di innalzare la competizione con gli Stati Uniti.
I più ottimisti leggono questa novità come la preparazione di un salvagente, considerando che l’Ucraina è un importantissimo fornitore di terre rare, elemento su cui ovviamente Washington conta parecchio. Forse Putin non è davvero così convinto di vincere la guerra, allora? Ciò di certo non possiamo capirlo, ma si deve prendere atto che la scelta di Mosca avrà un forte impatto sul resto del mondo.
Russia, Cina e Stati Uniti
Anche per quanto riguarda le terre rare gli attori principali nello scenario mondiale sono Russia, Cina e Stati Uniti. La Cina ha una fortissima indipendenza da questo punto di vista, con 44 milioni di tonnellate di depositi geologici e il 69% della lavorazione mondiale dei minerali, ma anche un fabbisogno spropositato. Con 15 metalli rari per 28,5 milioni di tonnellate di riserve stimate dalle autorità russe (anche se l’ente geologico statunitense Usgs parla di 3,8 milioni di tonnellate) Mosca può ambire a vendere alla Cina, diventando un partner di eccezione vista la comunione di interessi rispetto alle inimicizie occidentali.
Per farlo serve però un duro lavoro, visto che nonostante le quantità e le dinamiche geopolitiche favorevoli la produzione russa è minima, appena lo 0,64% di quella globale. Sicuramente ci sono dei motivi per cui Mosca non si è concentrata su questo, ma sembra aver deciso che non può più permettersi di rimandare. Dall’altra parte del mondo c’è infatti un altrettanto determinato Donald Trump, che ha recentemente incontrato i leader di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.
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