Tassi Fed. E ora, dopo il primo del 2025 di Powell, quanti altri tagli?

Laura Naka Antonelli

18 Settembre 2025 - 13:56

Ma i mercati si sono sbagliati e si stanno sbagliando? Il primo taglio dei tassi del 2025 della Fed di Powell commentato da Goldman Sachs e da altri esperti.

Tassi Fed. E ora, dopo il primo del 2025 di Powell, quanti altri tagli?

Nel Day After la riunione del FOMC, il braccio di politica monetaria della Fed, che si è tradotto nel primo taglio dei tassi USA del 2025, per la precisione nel primo dal dicembre dello scorso anno, gli investitori e gli analisti sono tuttora intenti a interpretare e a digerire quanto emerso dal dot plot e dalle dichiarazioni del presidente dell’istituzione, Jerome Powell.

La sforbiciata dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, pari a 25 punti alla nuova forchetta compresa tra il 4% e il 4,25%, non è stata una sorpresa, in quanto prezzata a pieno dai mercati.

L’incognita era su cosa avrebbe detto Powell e sul messaggio che sarebbe arrivato sia dal nuovo dot plot, grafico che mostra le previsioni degli esponenti della Banca centrale americana sulla direzione futura dei tassi.

E sono stati proprio questi due fattori a spiazzare e a confondere Wall Street che, dopo una frase proferita dal banchiere centrale, ha anche sbandato nella sessione di ieri, per limitare poi i danni nel finale.

Così Simon Dangoor, head of Fixed Income Macro strategies di Goldman Sachs Asset Management, ha commentato il Fed Day di ieri, mercoledì 17 settembre 2025, rispondendo agli interrogativi sul modo in cui potrà muoversi l’istituzione nelle prossime riunioni di politica monetaria che rimangono alla fine dell’anno, in tutto due.

“L’orientamento del dot plot indica che la Fed probabilmente effettuerà tagli da 25 punti base a ottobre e dicembre, oltre che nel meeting odierno (ieri per chi legge). La maggioranza del FOMC punta ora a due ulteriori tagli quest’anno, fattore che evidenzia come l’ala più accomodante del comitato abbia assunto un ruolo prevalente. A nostro avviso, solo un forte rialzo inatteso dell’inflazione o un’improvvisa ripresa del mercato del lavoro potrebbe spingere la Fed a deviare dall’attuale percorso di allentamento”.

Altri due tagli dei tassi entro la fine del 2025, dunque, secondo Goldman Sachs.

Ma poi? La domanda è proprio questa, visto che dal dot plot sono emerse previsioni sul trend dei tassi decisamente più hawkish rispetto a quanto il mercato avesse prezzato.

In totale, dal mercato erano arrivate infatti prima del Fed Day di ieri due scommesse: tagli dei tassi di 68 punti base, quindi in tutto tre, nel corso del 2025, e tagli totali complessivi di 148 punti base entro la fine del 2026, dunque scommesse su altre tre riduzioni dei tassi nel 2026.

E il punto è che il dot plot ha indicato per il 2026 un outlook totalmente diverso: se le aspettative per l’anno in corso hanno rispecchiato quelle dei mercati, per il 2026 si prevede infatti soltanto una sforbiciata.

Sulla base di queste informazioni, la Strategy Unit di Pictet Asset Management ha reso noto di stimare, a seguito del taglio di settembre, una nuova riduzione dei tassi da parte della Fed a dicembre (dunque un nulla di fatto a ottobre) e a marzo del 2026.

Per il momento” - hanno spiegato gli analisti - “i tagli previsti dalla Fed sembrano legittimati dai recenti dati sull’occupazione, che giustificano uno spostamento del focus dalla lotta all’inflazione alla protezione della crescita. Tuttavia, se una Fed influenzata da Trump dovesse continuare a tagliare i tassi per ragioni politiche (in particolare in un contesto di massicci deficit fiscali e di stimolo alla crescita del credito dovuto a una deregolamentazione bancaria), il mercato probabilmente inizierebbe a preoccuparsi per l’inflazione fuori controllo ”.

Il neo rimane insomma sempre quello, ovvero l’inflazione, come ha fatto notare anche la Federal Reserve nel sottolineare che “ l’inflazione rimane in qualche modo elevata ”.

Sempre da Goldman Sachs, è arrivato tuttavia un commento secondo il quale i mercati non avrebbero capito il vero messaggio di Powell. E’ stato nello specifico David Mericle a spiegare il fraintendimento, rimarcando la view della divisione di ricerca del colosso di Wall Street, che punta a un altro taglio nella riunione di ottobre.

Mericle ha ripreso le parole di Powell, che ha detto chiaramente che il mercato del lavoro “ si sta davvero raffreddando ”, che “notiamo che il mercato del lavoro si sta indebolendo e non c’è bisogno che rallenti ulteriormente, non vogliamo che accada questo”. Dichiarazioni, a suo avviso, che sarebbero simili al messaggio che la Federal Reserve lanciò l’anno scorso, quando si attivò per tagliare i tassi “tre volte, dal settembre al dicembre del 2024 (incluso il maxi taglio di settembre, pari a -50 punti base).

Un altro presupposto che avallerebbe l’outlook di altri due tagli a ottobre e a dicembre, ha spiegato l’economista di Goldman Sachs, è rappresentato a suo avviso dalla frase che ha scosso inizialmente Wall Street, ovvero quella con cui Powell ha definito il taglio una riduzione per “gestire il rischio. Frase che, secondo Mericle, indicherebbe la volontà della Fed di procedere subito a un’altra sforbiciata, dal momento che, di solito, i cosiddetti “insurance cuts” sono consecutivi, in quanto finalizzati a risolvere i problemi dell’economia velocemente, piuttosto che attendere altri tre mesi saltando una riunione di calendario.

Tra gli economisti, c’è chi ha interpretato però quella frase di un taglio di “risk management” in modo totalmente opposto all’interpretazione data da Goldman Sachs, ovvero alla stregua di una dimostrazione dell’intenzione di Powell di abbassare i tassi più per prevenire il peggio che come una misura considerata necessaria per sostenere l’occupazione.

Brij Khurana, Fixed Income Portfolio Manager di Wellington Management, ha ricordato per esempio quanto è emerso dalla storia, ovvero che, “i tagli di gestione del rischio implicano riduzioni di soli 75 punti base, come fece la Fed nel 1998 e nel 2018 ”: una previsione praticamente vicina a “ quando indicato dal dot plot , ma non a quanto prezzava il mercato”.

Cauto sulla possibilità che Jerome Powell tagli i tassi come era stato scontato dai mercati anche David Rees, Head of Global Economics di Schroders, che ha commentato la mossa di Powell, avvertendo anzi che “la decisione della Fed di procedere con i tagli dei tassi di interesse in un momento in cui l’economia è solida e vicina alla piena occupazione aumenta il rischio che un livello più elevato di inflazione si radichi ”.

Di conseguenza, “ pensiamo ora che la Fed effettuerà altri due tagli dello 0,25% entro la fine del 2025 ”, ma che “difficilmente i tassi scenderanno ulteriormente, poiché una crescita robusta sostiene una ripresa dell’attività nel mercato del lavoro e spinge l’inflazione al rialzo. Per questo motivo continuiamo a ritenere che le aspettative del mercato di tassi sotto il 3% siano troppo aggressive”.

A dire chiaro e tondo che i mercati si sono sbagliati nel prevedere una Fed pronta a intervenire per blindare il mercato del lavoro degli Stati Uniti con una carrellata di tagli è stato anche Ray Sharma-Ong, Deputy Global Head of Multi-Asset Solutions di Aberdeen Investment, che ha riconosciuto che “la funzione di reazione della Fed sta cambiando”, ovvero che, mentre “in passato le decisioni sui tassi erano dominate dal dibattito sull’inflazione questa volta, invece, i rischi legati al mercato del lavoro sono stati il fattore determinante ”.

Detto questo, ha aggiunto Sharma-Ong, “ Powell non intende avviare un lungo ciclo di allentamento : il taglio di 25 punti base è stato presentato come una misura di gestione del rischio”, a fronte di mercati che “stanno sopravvalutando i tagli per i primi mesi del 2026”.

L’outlook dell’esperto di Aberdeen Investment è dunque il seguente: “Ulteriori riduzioni ad ogni riunione del FOMC per il resto del 2025 rimangono possibili, ma non prevediamo un ciclo di allentamento anticipato nel 2026 prima della fine del mandato di Powell ”.

Prudente anche Gina Bolvin, presidente della Bolvin Wealth Management Group, che ha precisato in una nota che “il taglio della Fed di 25 punti base è un segnale chiaro: l’indebolimento del mercato del lavoro e l’inflazione ostinatamente elevata hanno spinto i policymaker ad agire — ma con gradualità. Non si tratta di una svolta, bensì di un passo misurato”.

Ancora Bolvin: “ Per gli investitori, questo significa un sollievo modesto sui tassi, non fuochi d’artificio. La Fed cammina sul filo del rasoio, e saranno i prossimi dati sull’inflazione e sulla occupazione a determinare le mosse future”.

Praticamente, Powell continuerà ad agire sulla base delle indicazioni che, di volta in volta, arriveranno dal fronte macro.

In sostanza, alla domanda se la Fed taglierà ancora i tassi e soprattutto quando tornerà a farlo, le risposte degli economisti sono diverse. In comune, le view si basano sulla fiducia nell’arrivo di altre sforbiciate, ma anche su una certa cautela a causa del problema che Powell non è riuscito ancora a risolvere: la persistenza dell’inflazione.

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