Tassi BCE, minute su ultimo atto. Euro, attenti alla soglia pericolo. E i tagli di Lagarde vanno in ferie?

Laura Naka Antonelli

3 Luglio 2025 - 16:38

Davvero la BCE di Lagarde lascerà i tassi fermi con l’arrivo dei dazi di Trump? Il messaggio dai verbali sull’ultimo verdetto.

Tassi BCE, minute su ultimo atto. Euro, attenti alla soglia pericolo. E i tagli di Lagarde vanno in ferie?

Pubblicati oggi i verbali della BCE, relativi all’ultima riunione del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, che risale allo scorso 5 giugno.

In quella occasione, va ricordato, i tassi di interesse dell’area euro sono stati tagliati per l’ottava volta, da quando l’Eurotower guidata da Christine Lagarde ha iniziato ad allentare, in data 6 giugno del 2024, la restrizione monetaria precedentemente imposta per sconfiggere la piaga dell’inflazione, che si è abbattuta nell’area euro nel 2022 e 2023.

Per effetto dell’ultima ed ennesima sforbiciata dei tassi, che è stata come di consueto pari a 25 punti base, il tasso sui depositi dell’area euro è sceso al 2% dal 2,25% precedente, mentre i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale sono stati abbassati rispettivamente al 2,15% e al 2,40%.

Le minute pubblicate oggi dalla BCE hanno riassunto i motivi che hanno indotto l’Eurotower, lo scorso 5 giugno, a tagliare di nuovo i tassi e hanno dato ai mercati indicazioni cruciali anche sulle possibili manovre di politica monetaria che potrebbero essere a questo punto varate in futuro.

Minute BCE, ecco perché Lagarde & Co. hanno tagliato tassi euro per l’ottava volta

Di primo acchito, dalle minute emerge chiaramente il timore della BCE che l’economia dell’area euro possa essere colpita da shock di forza uguale e contraria.

Detto questo, va precisato subito che nell’ultimo meeting i falchi non sono mancati, con “alcuni esponenti che hanno parlato della presenza di ragioni per mantenere i tassi ai livelli attuali ”. Alla fine hanno votato tutti a favore del taglio, a eccezione di un esponente del Consiglio direttivo.

I verbali hanno riportato che, lo scorso 5 giugno 2025, “quasi tutti gli esponenti” del Consiglio direttivo della BCE “hanno sostenuto la proposta avanzata da Lane (Philip Lane) di abbassare i tre tassi di riferimento della BCE di 25 punti base”.

Le minute hanno rivelato che “abbassare il tasso sui depositi - il tasso attraverso cui il Consiglio direttivo dà una direzione al suo approccio di politica monetaria - è stato giustificato con la valutazione aggiornata dell’outlook sull’inflazione, con le dinamiche dell’inflazione sottostante e con la forza della trasmissione di politica monetaria ”.

Proseguendo nella lettura delle minute, “una ulteriore riduzione dei tassi di interesse è stata considerata giustificata, al fine di proteggere il target di inflazione di medio termine (pari al 2%) al di là del 2026, in un contesto in cui l’inflazione si trovava nei pressi del target ma era attesa scendere al di sotto di esso per un periodo di tempo”.

La BCE ha motivato l’ennesima riduzione ricordando anche che “le proiezioni dello staff erano state condizionate da una curva dei rendimenti che aveva prezzato un taglio dei tassi di 25 punti base a giugno e un totale di tagli di circa 50 punti base entro la fine del 2025”. Così come “era stato notato che gli scenari dello staff e le analisi sulla sensibilità stavano in generale puntando a una inflazione inferiore al target nel 2026 ”.

Non solo: “a fronte di una inflazione in linea con il target, le proiezioni di crescita per il 2026 erano state riviste lievemente al ribasso ”.

Tutti motivi che hanno indotto la BCE a propendere per l’ottavo taglio dei tassi, menzionando - così come emerge dalle minute - “i rischi al ribasso principali per la crescita economica in una possibile ulteriore escalation delle tensioni commerciali globali ”.

Il problema del Super euro non era stato ignorato.

Nelle minute si legge infatti che l’Eurotower aveva osservato come, a partire dall’inizio di marzo, l’euro si fosse apprezzato in modo significativo ”, sostenendo che sia “i dazi più alti” che “il recente apprezzamento dell’euro” avrebbero pesato sulle esportazioni. E ancora: “le tensioni commerciali e l’incertezza elevata hanno offuscato l’outlook sull’economia e una pressione al ribasso sull’inflazione potrebbe verificarsi sia a causa di un nuovo calo dei prezzi energetici che con un apprezzamento ulteriore dell’euro ”.

Fin qui, il messaggio arrivato con la pubblicazione delle minute appare dovish. Occhio, però.

La Banca centrale europea ha scritto anche che, “in tutti gli scenari considerati, l’impatto principale sull’attività (economica) e sull’inflazione è sembrato derivare più dall’incertezza più elevata che dall’impatto diretto dei dazi più alti ”. Motivo per cui, per l’appunto, alcuni esponenti della BCE hanno affermato che i tassi avrebbero potuto essere lasciati ai livelli correnti, in quanto a loro avviso il trend dell’inflazione al di sotto del target del 2% avrebbe avuto una natura temporanea.

BCE e taglio tassi, falchi in agguato. Ecco perché i tassi potrebbero/dovrebbero essere lasciati fermi

Andando avanti nella lettura delle minute relative alla riunione del Consiglio direttivo della BCE, emergono messaggi decisamente meno dovish, che supportano la view di tagli ai tassi destinati a questo punto a essere messi in pausa.

Le pressioni disinflazionistiche, recitano i verbali della BCE, potrebbero essere infatti “dovute soprattutto a fattori volatili, come ai prezzi dell’energia più bassi e al rapporto di cambio più forte, che potrebbero essere facilmente ribaltati”.

Certo, “rimane da vedere se e fino a che punto questi fattori possano tradursi in una inflazione più bassa”.

Ma la BCE non teme evidentemente che il processo disinflazionistico diventi strutturale, né che si confermi duraturo.

Per questo motivo, recitano le minute, “ è stato considerato necessario evitare di reagire in modo eccessivo alla volatilità dell’inflazione headline, in un momento in cui l’inflazione interna è rimasta alta e in cui potrebbero manifestarsi nel medio periodo nuove pressioni al rialzo sull’inflazione sottostante, sia a causa dei dazi che a causa della politica fiscale ” più espansiva in Europa.

La banca centrale ha lanciato in sostanza un attenti sul rischio che le pressioni inflazionistiche, più che puntare verso il basso come hanno fatto ultimamente, tornino ad accelerare il passo, soprattutto “a seguito di un periodo in cui l’inflazione ha viaggiato al di sopra del target, e a fronte di aspettative sull’inflazione da parte di imprese e di famiglie che risultano ancora superiori all’obiettivo, con le aspettative sull’indice dei prezzi al consumo di breve termine che sono recentemente aumentate, e con le attese sull’inflazione superiori al 2% ”.

Tutte osservazioni che hanno portato la BCE a sentenziare così nei verbali che “ esiste un rischio molto limitato che le aspettative sull’inflazione finiscano per discostarsi puntando verso il basso ”.

Il dubbio della BCE: pressioni inflazionistiche sottovalutate?

Niente da fare, dunque: la BCE di Lagarde continua ad avere più paura di un’accelerazione sostenuta dell’inflazione nel tempo, che di pressioni disinflazionistiche che finiscano per sfociare in una deflazione.

Non solo. L’Eurotower ha segnalato che “ci sono state anche diverse ragioni per cui è possibile che le proiezioni e gli scenari abbiano sottovalutato le pressioni inflazionistiche di medio termine”, parlando del rischio che “si manifestino rischi al rialzo dall’inflazione sottostante, in parte a causa dell’inflazione dei servizi, che è rimasta al di sopra di livelli compatibili con il ritorno sostenuto al target dell’inflazione”.

Inoltre, la Banca centrale europea ha scritto chiaramente di continuare a non temere l’avvento di una recessione: “In più, sebbene la crescita si stia risollevando in modo solo graduale e ci siano rischi al ribasso, la probabilità di una recessione è stata considerata piuttosto bassa e i tassi di interesse sufficientemente contenuti da non frenare la crescita ”, recitano i verbali dell’Eurotower.

Morale della favola: la BCE potrà avere anche un piano B anti-Trump, ma per ora sembra essere sicura del fatto suo.

Le condizioni del PIL dell’Eurozona, a suo avviso, non sono tali, infatti, da far scattare un eventuale allarme sulla crescita e dunque da rendere urgenti altri tagli dei tassi di interesse dopo l’ottavo sfornato lo scorso 5 giugno.

Cosa aveva detto Lagarde nel BCE Day e il valore dell’EUR-USD che preoccupa de Guindos

Già il 5 giugno scorso, interpellata nel corso della conferenza stampa seguita all’annuncio sui tassi sulla possibilità che, a quell’ottavo taglio dei tassi comunicato in quel BCE Day, potesse seguire una fase di stallo, Lagarde non aveva dato alcuna risposta certa, ammettendo comunque che “ ci stiamo avvicinando alla fine dell’allentamento ”.

Vero anche che, in attesa di comprendere come il PIL e l’inflazione dell’area euro reagiranno all’arrivo effettivo dei dazi decisi dall’amministrazione USA di Donald Trump - e ormai ci siamo, visto che la pausa che ha congelato le tariffe scade il prossimo 9 luglio - Lagarde si era affrettata subito a proferire la seguente frase, a conferma di tutta l’incertezza che sta caratterizzando questo momento storico: “ Non sto confermando una pausa ”.

I rumor e il timore che quello avrebbe potuto essere l’ultimo taglio dei tassi prima di una possibile pausa estiva avevano avuto la meglio, azzannando in particolare, i Titoli di Stato dell’area euro, BTP & Co.

Negli ultimi giorni, in occasione del Forum di Sintra organizzato dalla BCE che si è appena concluso, evidente era stata la preoccupazione manifestata da alcuni esponenti del Consiglio direttivo della banca centrale per il rafforzamento dell’euro e i suoi potenziali effetti disinflazionistici se non deflazionistici tanto che, fino a qualche ora fa, si era tornati a parlare della possibilità che, dopo tutto, quei tagli dei tassi lanciati dalla Banca centrale europea nel corso di un anno, non fossero destinati ad andare davvero in ferie.

Indicativo l’articolo del Financial Times “ECB officials question whether euro has strengthened too much”, che ha citato il Super euro come possibile motivo di una eventuale intenzione della BCE di non mettere in pausa le sforbiciate sui tassi.

Nelle ultime ore si è parlato anche di un piano B, teso a difendere la crescita del PIL dell’area euro dalle conseguenze che i dazi di Trump potrebbero avere, una volta diventati esecutivi, e nel caso del cosiddetto worst case scenario, che include anche un euro fin troppo forte.

Oggi il rapporto EUR-USD è poco mosso, viaggiando attorno alla parità: ma la soglia di $1,18 è ormai a un passo, e il boom di buy sulla valuta europea, innescato non tanto per motivi legati alla crescita del PIL dell’Eurozona, ma dalla crisi di fiducia che ha affossato il dollaro, è palese.

Non per niente l’altro ieri, in occasion del forum di Sintra, il vicepresidente della BCE Luis de Guindos ha alzato anche il velo su quella che a suo avviso potrebbe essere una soglia pericolo del rapporto euro-dollaro.

Pur non lanciando un vero e proprio alert, de Guindos ha annunciato che, nel caso in cui l’EUR-USD superasse la soglia di $1,20, allora il lavoro della Banca centrale europea potrebbe farsi “complicato”.

Per ora, quel livello è ancora lontano. Ma la corsa dell’euro spaventa e un articolo di Bloomberg appena pubblicato ha ricordato che un euro forte non è quanto il dottore ha prescritto. Tutt’altro.

Detto questo, più che il tono dovish auspicato dalle colombe, le minute della BCE rese note nella giornata di oggi hanno confermato la solita paura di Christine Lagarde. Che porta sicuramente più il nome di inflazione che di recessione.

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