Tassazione Criptovalute: aliquota, calcolo, casi pratici

Claudia Cervi

19/05/2023

Una guida completa su come funziona la tassazione sulle criptovalute: aliquota, calcolo e casi pratici. Quante tasse si pagano (e come) sulle crypto?

Tassazione Criptovalute: aliquota, calcolo, casi pratici

Quali sono e come funzionano le tasse sulle criptovalute? Finalmente il quadro normativo è più chiaro e in questa guida completa spieghiamo tutto ciò che c’è da sapere e le novità introdotte dalla legge di Bilancio 2023 in materia di tassazione criptovalute.

Recentemente, l’Unione europea ha approvato le norme per regolamentare il mercato dei crypto-asset attraverso il regolamento MiCA. In Italia, dopo anni di immobilismo e soluzioni frammentate, sono state introdotte nuove regole sulla tassazione delle criptovalute a partire dal 2023. Queste disposizioni, contenute nei commi 126-147 dell’art. 1 della Legge di Bilancio, prevedono un inquadramento autonomo delle cripto attività ai fini fiscali, inclusi nel quadro impositivo codificato dal Tuir (Dpr n. 917/1986). Di seguito spieghiamo, in maniera semplice e dettagliata, tutto ciò che c’è da sapere sulla tassazione criptovalute.

Tasse criptovalute: come funzionano

La legge di Bilancio 2023 ha introdotto una definizione più precisa per le criptovalute, ora definite come «una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga». Ciò significa che le criptovalute non sono più assimilate alle valute estere come aveva stabilito precedentemente l’Agenzia delle Entrate, in mancanza di una normativa specifica.
L’art. 1, comma 126 della legge di Bilancio ha dunque modificato il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Nello specifico:

  • la lettera c-sexies) dell’art. 67 TUIR definisce le criptovalute come una nuova categoria di «redditi diversi» stabilendo che sono soggetti a imposta «le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta. [...] Non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni»;
  • l’art. 68 comma 9-bis TUIR definisce come vengono determinate le plusvalenze percepite e le minusvalenze realizzate dalle cripto-attività possedute, consentendo la deduzione delle sole minusvalenze superiori a 2.000 euro.

Questa norma modifica e rende più chiari i criteri per la determinazione della base imponibile sulla quale applicare l’aliquota del 26% e aiuta a definire il costo o il valore di acquisto della criptovaluta ai fini del calcolo corretto della plusvalenza.

In breve, secondo la recente normativa fiscale, per capire come funziona la tassazione sulle criptovalute bisogna tenere a mente che:

  • le plusvalenze provenienti dalla vendita di criptovalute in cambio di valuta tradizionale, come dollari o euro, sono soggette a tassazione solo se superano i 2.000 euro. In questo caso, tali plusvalenze rientrano nella categoria dei Redditi Diversi e sono soggette all’imposta sostitutiva del 26%;
  • nel caso in cui le criptovalute vengono scambiate con altre criptovalute senza coinvolgere valute tradizionali non si genera alcuna tassazione ad oggi.

Aliquota tassazione criptovalute

Sono stati introdotti nuovi meccanismi di tassazione delle criptovalute in Italia. I redditi soggetti a tassazione riguardano principalmente le plusvalenze derivanti dagli scambi tra criptovalute e monete fiat, così come gli «altri proventi» generati dalle attività correlate alle criptovalute.

La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto alcune regole specifiche per le criptovalute:

  • le plusvalenze sulle cripto attività superiori a 2.000 euro sono soggette a un’aliquota del 26%. In altre parole, oltre la soglia dei 2.000 euro, l’imponibile soggetto a tassazione è pari al 100% dell’importo della plusvalenza realizzata: ad esempio, se si genera un profitto di 3.000 euro, le tasse da pagare saranno pari a 3.000 euro x 26% = 780 euro;
  • gli scambi tra cripto attività con caratteristiche e funzioni equivalenti non generano plusvalenza e non sono soggetti a tassazione, ma è necessaria una maggiore chiarezza riguardo agli scambi tra criptovalute e stablecoin;
  • un altro aspetto che viene preso in considerazione sono gli «altri proventi» o le ricompense, come i redditi generati attraverso meccanismi come il lending o lo yield farming. Questi proventi sono soggetti a tassazione indipendentemente da soglie o plusvalenze. Tuttavia, sussistono ancora incertezze riguardo alle attività come gli airdrop (distribuzione gratuita di token)o l’utilizzo di non custodial wallet, che richiedono ulteriori chiarimenti normativi;
  • la normativa fiscale introduce regole specifiche per lo staking delle criptovalute, che variano a seconda del metodo utilizzato. Nel caso in cui si scelga di mettere le criptovalute in staking utilizzando un wallet non custodial di proprietà individuale, le ricompense ottenute saranno considerate «proventi» e pertanto tassate. Al contrario, se si decide di affidare le criptovalute a terzi, ad esempio tramite servizi di lending, le responsabilità fiscali ricadranno sul soggetto che offre il servizio di staking. Pertanto, è fondamentale comprendere il proprio ruolo e la modalità di gestione delle criptovalute per assicurarsi di adempiere agli obblighi fiscali in conformità con la normativa vigente.

Calcolo delle tasse sulle criptovalute

Il calcolo delle tassazione sulle criptovalute in Italia nel 2023 segue le disposizioni legislative stabilite dalla Legge di Bilancio e dalla normativa fiscale vigente. È fondamentale comprendere le regole specifiche per dichiarare correttamente le criptovalute e calcolare l’imposta adeguatamente. Di seguito, analizzeremo i principali aspetti da considerare per il calcolo delle tasse sulle criptovalute in Italia nel 2023.

Dichiarazione delle criptovalute: in Italia, le criptovalute devono essere dichiarate nella dichiarazione dei redditi annuale, in particolare nella sezione dedicata ai redditi diversi. È necessario fornire informazioni dettagliate sulle transazioni effettuate, inclusi i costi di acquisizione, i ricavi di vendita e gli eventuali proventi generati. Inoltre da gennaio 2023 deve essere compilato anche il quadro RW relativo al monitoraggio fiscale delle attività detenute all’estero con il pagamento di una imposta di bollo pari al 2 per mille del valore totale delle cripto attività.

Plusvalenze e minusvalenze: le plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute sono soggette a tassazione in Italia. Nel calcolo delle tasse è importante considerare la differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisizione delle criptovalute, tenendo conto anche delle commissioni di transazione. Tuttavia, è importante sottolineare che il costo di acquisizione delle criptovalute, utilizzato per calcolare la plusvalenza, deve essere supportato da documentazione accurata e verificabile. In assenza di prove sufficienti, il costo di acquisizione sarà considerato pari a zero. Nel caso in cui si verifichino perdite o minusvalenze durante l’anno fiscale, è possibile compensarle con le plusvalenze realizzate, consentendo così di ridurre l’imposta totale da pagare. Questa possibilità di compensazione tra plusvalenze e minusvalenze rappresenta un’importante opportunità per mitigare l’impatto fiscale delle transazioni sulle criptovalute.

Aliquota fiscale: le plusvalenze delle criptovalute sono soggette a un’imposta sostitutiva del 26%. Questa aliquota fiscale è applicata sulla base imponibile rappresentata dalla differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisizione delle criptovalute. L’imposta sostitutiva viene calcolata e pagata insieme all’imposta sul reddito.

Periodo di detenzione: in Italia, le plusvalenze delle criptovalute sono tassate come redditi finanziari e l’aliquota del 26% si applica indipendentemente dal periodo di detenzione. Tuttavia, è importante conservare una documentazione accurata delle transazioni e delle date di acquisto e vendita, in quanto il periodo di detenzione può influire sul trattamento fiscale in termini di sconti e agevolazioni nelle future modifiche normative.

Detrazioni e agevolazioni: attualmente, non sono previste detrazioni specifiche o agevolazioni fiscali per le criptovalute in Italia. Tuttavia, è importante monitorare eventuali aggiornamenti normativi o provvedimenti governativi che potrebbero introdurre nuove agevolazioni fiscali nel corso dell’anno.

Sanatoria per le criptovalute detenute prima del 2023: la legge di Bilancio 2023 ha introdotto anche una sanatoria per regolarizzare la posizione fiscale dei possessori di criptovalute che non hanno mai dichiarato le proprie criptovalute e i redditi da esse generati nella propria dichiarazione dei redditi annuale.
Possono verificarsi i seguenti casi:

  • Regolarizzazione senza proventi: è possibile regolarizzare la propria posizione indicando le criptovalute detenute al termine di ogni periodo d’imposta nel modello apposito e pagando una sanzione dello 0,5% del valore delle attività non dichiarate per ogni anno non segnalato prima del 31/12/2022.
  • Regolarizzazione con proventi: se si possedevano criptovalute entro il 31/12/2021 e si sono ottenuti proventi, è possibile regolarizzare la posizione presentando il modello e pagando un’imposta sostitutiva del 3,5% del valore delle attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo, insieme a una somma aggiuntiva dello 0,5% come sanzioni e interessi per ogni anno.
  • Opzioni di regolarizzazione: per le criptovalute possedute prima del 2023, se non si dispone di documentazione certa sul costo o valore di acquisto, si può pagare il 14% del loro valore al 01/01/2023. Se invece si ha la documentazione, si pagherà lo 0,5% del valore per ogni anno non dichiarato, con un possibile 3,5% in caso di redditi generati.
  • Imposta di bollo: una volta dichiarate le criptovalute, saranno soggette all’imposta di bollo, con un’aliquota dello 0,2% del loro valore alla fine dell’anno, come per gli altri strumenti finanziari.

È essenziale tenere presente che le informazioni fornite sono basate sullo stato attuale della normativa fiscale italiana e potrebbero essere soggette a modifiche nel tempo. Per quanto la redazione di Money.it si impegni a tenere aggiornata la presente guida in modo tempestivo, è sempre consigliabile consultare un commercialista specializzato in materia di criptovalute per ottenere una consulenza personalizzata e aggiornata in base alla situazione specifica.

Casi pratici di tassazione su criptovalute: esempi

Di seguito, analizziamo tre casi pratici di calcolo di tassazione sulle criptovalute:

1) Tasse su plusvalenze inferiori a 2.000 euro

Per calcolare le tasse da pagare sulle criptovalute, è fondamentale considerare l’ammontare delle plusvalenze generate nel periodo d’imposta, di solito corrispondente all’anno solare. Ad esempio, se durante l’anno si effettuano 50 operazioni che portano a un totale di plusvalenze di 1.000 euro, non sarà necessario pagare alcuna imposta.

La base imponibile, su cui si applica l’aliquota sostitutiva del 26%, tiene conto sia delle plusvalenze che delle eventuali minusvalenze realizzate nel corso dell’anno. Immaginiamo che si ottengano plusvalenze totali di 2.400 euro, ma nello stesso periodo si generino anche minusvalenze per 500 euro. In questo caso, la base imponibile sarà di 1.900 euro e non si dovrà pagare alcuna imposta.

Un aspetto importante riguarda le minusvalenze, che possono essere riportate in deduzione delle plusvalenze negli anni successivi. Se nel periodo d’imposta le minusvalenze superano le plusvalenze di almeno 2.000 euro, l’eccedenza può essere detratta completamente dalle plusvalenze dei periodi successivi, fino a un massimo di quattro anni. È necessario indicare queste minusvalenze nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui sono state realizzate.

2) Tasse su plusvalenze superiori a 2.000 euro

Nel caso in cui si realizzi una plusvalenza superiore a 2.000 euro durante l’anno fiscale, sarà necessario dichiarare tali guadagni e pagarne le relative imposte. Ad esempio, supponiamo di aver acquistato 1 Bitcoin nel 2022 ad un prezzo di 20.000 euro e di averlo venduto nel 2023 ad un prezzo di 25.000 euro. La plusvalenza realizzata sarà di 5.000 euro (25.000 euro - 20.000 euro).

In questo caso, l’imposta da pagare sarà calcolata sulla differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto, ossia sulla plusvalenza. Considerando l’aliquota del 26% prevista per le plusvalenze, l’imposta da pagare sarà di 1.300 euro (5.000 euro x 26%).

3) Calcolo plusvalenza con affrancamento

Nel caso in cui non si siano dichiarate le cripto attività entro il 31 dicembre 2021, è possibile regolarizzare la propria posizione utilizzando l’affrancamento. Supponiamo di possedere 2 Bitcoin alla data del 31 dicembre 2022, senza aver dichiarato né il loro valore di acquisto né i proventi realizzati. Si può scegliere di affrancare il valore delle criptovalute pagando un’imposta pari al 14% del loro valore. Se il valore di mercato dei Bitcoin al 31 dicembre 2022 è di 15.430 euro, l’imposta da pagare (entro il 30 settembre 2023) per l’affrancamento sarà di 2.160 euro (15.430 euro x 14%).

Successivamente, supponiamo di vendere 1 Bitcoin nel 2023 ad un prezzo di 25.500 euro. Avendo affrancato il valore dei Bitcoin al 31 dicembre 2022, il costo di acquisto per il calcolo della plusvalenza sarà di 15.430 euro (valore affrancato). Quindi, la plusvalenza sarà di 10.070 euro (25.500 euro - 15.430 euro). Considerando l’aliquota del 26% per le plusvalenze, l’imposta da pagare sarà di 2.618 euro (10.070 euro x 26%).

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