Tutto quello che c’è da sapere sullo stipendio del praticante avvocato. A quanto ammonta la retribuzione, com’è composta e quali sono le mansioni.
L’inizio della pratica forense è un traguardo importante per l’aspirante avvocato, che può finalmente mettersi alla prova e avvicinarsi alla professione. Certo, il percorso non è tutto rose e fiori, e il rapporto tra stipendio e mansioni è la principale nota stonata. La situazione non è uguale per tutti, ma in media i praticanti avvocati non se la passano troppo bene, almeno dal punto di vista economico. Di fatto, non si dovrebbe neanche parlare di stipendio, visto che non c’è e non ci può essere alcun rapporto di lavoro di tipo subordinato.
Tra il praticante e il dominus, in realtà, non viene sottoscritta neanche una vera e propria collaborazione. Il periodo della pratica serve infatti a immergersi nella professione, imparare e mettersi alla prova, non costituendo una vera e propria prestazione di lavoro. La retribuzione dovrebbe quindi essere commisurata alle effettive, eventuali, mansioni svolte dal praticante. Gli studi legali italiani offrono uno scenario a dir poco frammentato, con praticanti che non riescono a mantenersi e altri che superano senza fatica l’importo di uno stipendio medio. Ecco come funziona.
Lo stipendio di un praticante avvocato
Nella vita quotidiana si parla di stipendio genericamente, soprattutto quando c’è un compenso con scadenze più o meno regolari e una certa scala gerarchica, come nel caso del praticante avvocato. Quest’ultimo non è però un dipendente (e non potrebbe esserlo) o un collaboratore, ma appunto un tirocinante. Secondo la legge, infatti, il praticante avvocato deve ricevere un rimborso spese in base ai costi sostenuti per conto dello studio legale. I praticanti non potrebbero, almeno in teoria, essere del tutto privi di qualsiasi forma di retribuzione, ma la quantificazione viene sostanzialmente lasciata alla discrezionalità del dominus.
Ci sono praticanti che ricevono rimborsi spese da un centinaio di euro al mese, altri che superano i 2.000 euro, in modo non sempre commisurato all’attività svolta. Si tratta di una difficoltà ben nota nel sistema italiano, che al momento non sembra avere spiragli di risoluzione. Nel tempo ci sono state molte proposte per risolvere questa criticità, ma non è neanche semplice come sembra. Il problema, infatti, non risiede negli importi in sé, quanto piuttosto nell’attività svolta dal praticante. Se quest’ultimo è di aiuto allo studio e dedica il suo tempo per svariate ore al giorno dovrebbe ricevere un compenso commisurato, visto che supera quanto previsto dalla sola pratica.
A tal proposito, gli avvocati sono obbligati dal Codice deontologico a corrispondere un’indennità o compenso per il lavoro svolto dopo il primo semestre di pratica (da contrattualizzare). La legge la considera una possibilità, tuttavia, e l’obbligo deontologico non è sufficiente. I praticanti non riescono a farlo valere, dal momento che per farlo dovrebbero chiedere l’intervento dell’Ordine degli avvocati, agli albori della propria carriera. Ovviamente, ci sono anche studi legali che trattano con equità e anche generosità i praticanti, con un impatto positivo che i futuri avvocati conservano nel cuore per tutta la carriera, sia in termini di insegnamenti che di retribuzione.
Non trattandosi di un contratto di lavoro, in ogni caso, non sono previsti bonus, ferie, indennità di malattia o quant’altro, ma nemmeno veri e propri orari. Assenze, mansioni e compiti vengono concordati con il dominus.
Quanto percepiscono i praticanti in Italia
Al momento la situazione in Italia non è delle più floride neanche per gli avvocati di lunga data, figurarsi per i giovani praticanti, divisi dalla stessa condizione frammentata. Oggi si possono ritenere fortunati i praticanti che percepiscono sui 500 euro al mese, soprattutto nelle grandi città del Centro e del Nord come Milano. C’è anche chi non riceve affatto il rimborso spese o può contare su cifre meramente simboliche. Ciò avviene soprattutto nel Mezzogiorno, dove gli studi legali sono anche più numerosi, ma nel 2025 le differenze con il Settentrione sono molto meno marcate di un tempo. La situazione sta diventando omogenea, purtroppo in negativo per tutti. Pochissimi, invece, i praticanti che arrivano (o addirittura superano) a 2.000 euro al mese. Ciò accade nei grandi studi internazionali, dove la selezione e la competizione è altissima.
Soltanto gli studenti più meritevoli possono ambire a far pratica in questi studi, dovendo contare su un curriculum d’eccellenza e qualità personali spiccate. Insomma, non basta la laurea. In questi studi il punteggio minimo per essere considerati è quello massimo, a cui aggiungere altri requisiti di merito ben più competitivi. Nulla di sbagliato da questo punto di vista, ma emerge ancora di più la criticità della mancanza di una ricompensa minima. Una tendenza positiva, comune anche a studi più piccoli e meno affermati, è quella di ricompensare i praticanti con dei premi in base alle cause trattate insieme al dominus, talvolta piccole percentuali sull’onorario corrisposto dal cliente.
Il praticante avvocato (se percepisce compensi) deve inoltre aprire la partita Iva e regolarizzare la posizione previdenziale, potendo scegliere durante il praticantato tra la Gestione separata dell’Inps e la Cassa forense. Altre attività di lavoro sono compatibili, purché l’Ordine degli avvocati non rilevi possibili conflitti di interesse.
Mansioni del praticante avvocato
La pratica forense deve essere svolta con “assiduità”, “diligenza” e “riservatezza” e nel rispetto delle norme di deontologia professionale. Deve inoltre assistere alle udienze (almeno 20 a semestre) e collaborare alle attività dello studio per almeno 20 ore settimanali. Dopo 6 mesi dall’iscrizione all’Albo dei praticanti può ottenere l’abilitazione al patrocinio che conferisce maggiori poteri e competenze al tirocinante: può esercitare l’attività di consulenza e assistenza giudiziale e stragiudiziale, in sostituzione esclusivamente del proprio dominus, in ambito civile e davanti al Giudice di Pace e al Tribunale in ambito penale, ma limitatamente ai procedimenti davanti al Giudice di Pace, ai reati contravvenzionali e a quelli che rientravano nella competenza del Pretore.
Nella pratica, orari e mansioni dipendono dagli accordi con il dominus. In generale, è bene che i praticanti possano immergersi a pieno nella professione, ma in alcune realtà si arriva a lavorare per anche più di 8 ore al giorno. In ogni caso, il praticante deve collaborare a predisporre e redigere gli atti processuali, partecipare attivamente alle attività stragiudiziali e trattare le questioni giuridiche con il dominus. Il praticante deve contestualmente frequentare i corsi di formazione forense.
Requisiti per diventare praticante
Per iniziare questo percorso serve il possesso della laurea in Giurisprudenza (anche se si può anticipare di 6 mesi rispetto alla discussione finale) e scegliere uno studio legale abilitato all’accoglienza dei praticanti. Il dominus, in particolare, deve avere un’anzianità di iscrizione all’Albo di almeno 5 anni.
Per cominciare questo percorso sono richiesti i seguenti requisiti:
- cittadinanza italiana o di uno Stato appartenente all’Unione europea,
- domicilio professionale nel circondario del tribunale dove ha sede il consiglio dell’Ordine;
- pieno godimento dei diritti civili,
- assenza di condizioni di incompatibilità previste dalla legge professionale;
- non essere sottoposto ad esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive,
- non avere riportato condanne per alcuni reati;
- avere una condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense.
La pratica, per una totalità di 18 mesi, può essere svolta:
- presso lo studio di uno o due professionisti con anzianità d’iscrizione all’albo degli Avvocati non inferiore a 5 anni;
- presso l’Avvocatura dello Stato o l’ufficio legale di un ente pubblico, ma per non più di 12 mesi (i restanti 6 dovranno essere svolti presso un avvocato professionista);
- presso uno Stato membro dell’Unione europea (fino a 6 mesi) previa indicazione al Consiglio dell’Ordine del nominativo e dei recapiti dello studio professionale;
- presso gli Uffici giudiziari, fino a 12 mesi (gli altri 6, dovranno essere svolti precedentemente presso un professionista). Per questo tirocinio il praticante ha diritto ad una borsa di studio una borsa di studio di 400 euro al mese in presenza di alcuni requisiti anagrafici e di merito, sempre a titolo di rimborso spese.
Al termine di questo periodo è possibile partecipare all’esame di abilitazione.
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