Maserati, Alfa Romeo e lo stabilimento di Cassino al centro di una possibile maxi operazione con fondi provenienti dagli Emirati Arabi. Difficoltà del gruppo nel valorizzare questi asset.
Una trattativa di portata significativa starebbe circolando in queste settimane in casa Stellantis. Secondo quanto emerso da indiscrezioni giornalistiche, alcuni importanti investitori provenienti dagli Emirati Arabi avrebbero manifestato un forte interesse per l’acquisizione di Maserati, il prestigioso marchio del tridente con sede a Modena. La casa automobilistica italiana, dopo che si è definitivamente chiusa la possibilità di un ingresso nella galassia Ferrari, potrebbe quindi trovare una nuova collocazione nel panorama automotive internazionale.
La situazione però si sta rivelando più complessa del previsto. Stellantis, infatti, non avrebbe intenzione di cedere solamente Maserati, ma avrebbe ampliato la proposta commerciale agli investitori arabi includendo nell’offerta anche Alfa Romeo e l’importante stabilimento produttivo di Cassino. Una mossa strategica che rivela la volontà del gruppo di razionalizzare il proprio portafoglio marchi attraverso un’operazione più ampia e strutturata. Al momento si assiste dunque a un vero e proprio braccio di ferro negoziale, con gli investitori mediorientali interessati esclusivamente al marchio modenese e il colosso italo-francese determinato a inserire nel pacchetto anche gli altri asset italiani.
Il riassetto del portafoglio Stellantis
Queste voci di mercato si inseriscono in un contesto più ampio che vede Stellantis alle prese con la gestione di un portafoglio considerato eccessivamente articolato. Il gruppo dispone attualmente di quattordici marchi differenti, un numero giudicato insostenibile dalla maggior parte degli analisti del settore automobilistico. La necessità di sfoltire questa struttura era già stata evidenziata in passato da importanti testate economiche internazionali come il Wall Street Journal e il New York Times, che avevano individuato proprio in Maserati e Alfa Romeo i candidati più probabili per una possibile dismissione.
La razionalizzazione del portafoglio marchi rappresenterebbe quindi una priorità strategica per Stellantis, chiamata a concentrare risorse e investimenti su un numero più gestibile di brand, garantendo loro maggiore solidità finanziaria e prospettive di sviluppo più concrete. L’eventuale cessione di questi marchi iconici del made in Italy automobilistico potrebbe infatti generare le risorse necessarie per rilanciare altri segmenti del gruppo e affrontare le sfide della transizione verso la mobilità elettrica.
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La crisi produttiva degli stabilimenti italiani
Il quadro generale in cui si collocano queste trattative è particolarmente critico per quanto riguarda la presenza produttiva di Stellantis in Italia. Gli stabilimenti del gruppo nel nostro Paese continuano a fare ampio ricorso agli ammortizzatori sociali, mantenendo migliaia di lavoratori in una condizione di profonda incertezza occupazionale. Le previsioni per l’intero 2025 parlano di una produzione nazionale che dovrebbe attestarsi intorno alle 440.000 unità complessive, di cui circa 250.000 automobili e la restante parte costituita da veicoli commerciali.
Si tratta di numeri che fotografano un declino produttivo preoccupante. Secondo le analisi condotte da AlixPartners, il confronto con il 2017, ultimo anno in cui la produzione italiana ha superato il milione di veicoli raggiungendo quota 1.035.454 unità, evidenzia una contrazione drammatica della capacità manifatturiera nazionale. Questo trend negativo rappresenta il fallimento delle strategie industriali implementate sotto la guida di Carlos Tavares e sottolinea l’urgenza di adottare nuove scelte gestionali e produttive. Senza un’inversione di rotta decisa, il rischio è quello di compromettere definitivamente la competitività del settore automotive italiano e la stabilità occupazionale di migliaia di famiglie che dipendono da questa industria.
L’eventuale cessione di Maserati, Alfa Romeo e dello stabilimento di Cassino potrebbe quindi rappresentare sia un’opportunità di rilancio sotto nuove proprietà, sia il riconoscimento implicito delle difficoltà del gruppo nel valorizzare questi asset strategici all’interno della propria struttura organizzativa.
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