Russia a rischio: il peso della crisi in Crimea sull’economia di Putin

Sara Catalini

29 Agosto 2016 - 11:54

L’economia russa è a rischio: la ripresa stenta a decollare dopo la crisi in Crimea, ecco perché.

Russia a rischio: il peso della crisi in Crimea sull’economia di Putin

L’economia della Russia è a rischio: la crisi in Crimea frena la ripresa economica e mina la fiducia degli investitori.
La Russia ha occupato e poi annesso la Crimea prima ancora che l’Ucraina firmasse l’accordo di associazione con l’UE, generando disordini e tensioni che hanno inevitabilmente deviato i flussi dei capitali esteri e aumentato il rischio di nuove sanzioni comunitarie.

In sostanza la questione Crimea potrebbe essere la causa del rallentamento nella ripresa economica della Russia, ma perché?

Mosca ha iniziato l’occupazione armata della Crimea nel 2014, motivando l’intervento militare in quanto atto di difesa dei cittadini russi ritenuti in pericolo, stando a quanto dichiarato dal Governo di Putin.

Durante il processo di annessione della Crimea le prime conseguenze politiche sono state sanzioni UE a carico della Russia e blocco dei visti da parte degli USA per diversi funzionari russi di spicco.

Dopo che di recente il presidente Vladimir Putin ha accusato l’Ucraina di recente di aver pianificato degli attacchi terroristici nella penisola del Mar Nero, la possibilità che i Paesi occidentali aggiungano nuove sanzioni economiche contro la Russia è cresciuta.

Cosa sappiamo a proposito delle conseguenze economiche? Vediamo nel dettaglio perché l’economia russa stenta a riprendersi e che peso sta avendo la crisi in Crimea.

Russia: nuove sanzioni UE a carico di Mosca?

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha recentemente dichiarato che non è possibile alleggerire le sanzioni ora come ora, dato che la Russia non ha mostrato progressi nel soddisfare i termini di un accordo di tregua risalente al 2015.

Tutto questo ha precise conseguenze economiche: l’escalation di scontri e tensioni influenzerà la fiducia degli investitori in base ad un sondaggio che vede d’accordo il 76% degli analisti economici.

Il 63% è convinto che la crisi in Crimea causerà forti deflussi di capitale.

Come riportato dalla Commissione europea, le misure restrittive a carico della Russia in risposta alla crisi in Crimea sono state prorogate fino al 17 giugno 2017 e in sostanza comprendono:

  • congelamento dei beni e divieto di viaggio, vista l’appropriazione indebita di fondi statali ucraini, di 146 persone e 37 entità “responsabili di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”;
  • divieto di importazione di beni provenienti dalla Crimea e da Sebastopoli sugli scambi e gli investimenti relativi a taluni settori economici e progetti infrastrutturali;
  • divieto totale sugli investimenti e un divieto di prestazione di servizi turistici in Crimea;
  • vietate le esportazioni di beni essenziali per determinati settori, tra cui le attrezzature per l’esplorazione, la prospezione e la produzione di petrolio, gas e risorse minerarie.

Russia: la crisi in Crimea aggrava il crollo dei prezzi del petrolio e la svalutazione

Le sanzioni imposte alla Russia dopo l’annessione della Crimea nel 2014 hanno aggravato il crollo dei prezzi del petrolio, innescando deflussi di capitale e un crollo del rublo russo.

Con il petrolio ora vicino ai 50 dollari al barile, il Governo stima che il deficit di bilancio è il più alto in assoluto dal 2010 e le previsioni di crescita economica sono inferiori all’1% per l’anno prossimo.

La banca centrale russa ha mantenuto il tasso di riferimento invariato il mese scorso al 10.5% dopo un taglio di giugno.

È pur vero che il rublo ha guadagnato più del 13% rispetto al dollaro quest’anno, classificandosi come il secondo miglior performer tra le valute dei mercati emergenti monitorati da Bloomberg, dopo il real brasiliano. Nonostante i dati, i guadagni devono ancora eliminare la perdita del 20% dello scorso anno.

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