Regime forfettario: nessuna “proroga” al 2021

Francesco Oliva

12 Gennaio 2020 - 13:46

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Si discute in questi giorni di un presunto rinvio (o se vogliamo usare la tanto abusata parola “proroga”) al 2021 delle novità che la Legge di Bilancio 2020 ha apportato al regime forfettario: ma non è così.

Regime forfettario: nessuna “proroga” al 2021

Sono apparsi nelle ultime ore alcuni articoli pubblicati da importanti testate giornalistiche nazionali e riportanti una presunta “proroga” in vista per l’entrata in vigore delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2020 al regime forfettario.

Nella fattispecie, alcuni autori hanno ipotizzato la possibilità di disapplicare per il 2020 le novità che restringono l’accesso alla partita IVA con regime agevolato - quindi al forfettario, oggi unica modalità prevista dalla normativa a favore di ditte individuali e lavoratori autonomi al fine di operare con tassazione diversa da quella Irpef ordinaria - nel rispetto di quanto previsto dallo Statuto dei Diritti del Contribuente.

La perdita dei requisiti previsti e - di conseguenza - l’uscita dal regime si avrebbe non quest’anno ma il prossimo, esattamente come avvenuto lo scorso anno in ordine alla questione dell’eventuale possesso o meno di quote di controllo dentro S.r.l.

Tuttavia, a modesto avviso di chi scrive tale tesi non risulta corretta, cerchiamo di comprenderne insieme il motivo, norme alla mano.

Legge di Bilancio 2020: le novità introdotte per il regime forfettario

I commi 691 e 692 della Legge di Bilancio 2020 introducono alcune restrizioni particolari al regime forfettario, in particolare:

  • reintroduzione del limite al cumulo dei redditi da lavoro dipendente ed assimilati per effetto del quale chi percepisce già questi redditi per importi pari o superiori ad euro 30.000 non puo’ contemporaneamente utilizzare il regime forfettario;
  • reintroduzione del limite ai compensi erogabili ai collaboratori ad euro 20.000;
  • soppressione del cd “secondo scaglione” previsto nella Legge di Bilancio precedente e per effetto del quale i contribuenti con fatturati compresi tra 65.000 e 100.000 euro potevano continuare ad operare con il regime forfettario ma applicando l’aliquota del 20% per l’imposta sostitutiva da pagare per la quota parte superiore a 65.000 euro.

L’obiettivo dichiarato del Governo è ovviamente quello di far cassa, tali restrizioni infatti produrranno importanti risparmi: 900 milioni nel 2021 e 570 milioni nel 2022.

Novità continue sul regime forfettario: cosa era successo lo scorso anno

L’anno scorso il regime forfettario fu modificato dalla Legge di Bilancio varata il 30 dicembre 2018.

La grande novità fu la previsione di non poter essere titolari di quote di controllo in S.r.l., pena la perdita dei requisiti previsti per operare con il regime agevolato.

Con la famosa circolare numero 9/E del 10 aprile 2019, l’Agenzia delle Entrate chiarì tuttavia che tale novità non poteva considerarsi valida già dal 2019, ma si sarebbe dovuto attendere il 2020. In particolare:

In considerazione della pubblicazione della legge di bilancio del 2019 nella Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 302 del 31 dicembre 2018 e in ossequio a quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, della Legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), qualora alla predetta data il contribuente si trovasse in una delle condizioni tali da far scattare l’applicazione della causa ostativa in esame già a partire dal 2019, lo stesso potrà comunque applicare nell’anno 2019 il regime forfetario, ma dovrà rimuovere la causa ostativa entro la fine del 2019, a pena di fuoriuscita dal regime forfetario dal 2020.

In altre parole, il contribuente non avrebbe avuto il tempo minimo necessario per porre in essere gli adempimenti prodromici al rispetto della nuova norma, motivo per cui i nuovi limiti sarebbero divenuti effettivi solo un anno dopo.

Novità continue sul regime forfettario 2020: perché i nuovi limiti questa volta saranno validi già da quest’anno

La situazione dello scorso anno e sopra descritta è molto diversa da quella di quest’anno.

Quest’anno, infatti, non è richiesto alcun nuovo adempimento cui il contribuente deve sottostare, ma semplicemente sono stati modificati i requisiti precedenti.

D’altra parte il citato comma 2 dell’articolo 3 della Legge 212/2000 recita che:

In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti

In questo caso, invece, non vi è alcun nuovo adempimento a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore...

Per qualsiasi ulteriore rinvio - meglio evitare la tanto abusata parola “proroga” - occorrerebbe un ulteriore provvedimento legislativo ad hoc, situazione peraltro già verificatasi nel 2015 allorquando il legislatore riaprì per due mesi la possibilità di aprire nuove partite IVA avvalendosi del vecchio regime dei minimi in luogo di quello che all’epoca era nuovo regime forfettario (era l’anno del boom di aperture di partite IVA di fine dicembre 2014...).

Questa prospettiva appare tuttavia inverosimile in questo caso, soprattutto perché - è bene ribadirlo - il Governo ha messo nero su bianco nel bilancio dello Stato poco meno di 1,5 miliardo di euro di risparmi derivanti proprio dal minor numero previsto di contribuenti che potranno aderire al nuovo regime forfettario...

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