Il Reddito di Cittadinanza non si perde in caso di dimissioni durante il periodo di prova

Antonio Cosenza

23/10/2020

23/10/2020 - 12:05

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Nuovi chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro sul Reddito di Cittadinanza: nessuna sanzione per le dimissioni durante il periodo di prova.

Il Reddito di Cittadinanza non si perde in caso di dimissioni durante il periodo di prova

Reddito di Cittadinanza: nessuna sanzione per chi dà le dimissioni durante il periodo di prova.

Rischia di perdere il Reddito di Cittadinanza chi dà le dimissioni: ciò è previsto dall’articolo 2, comma 3, del decreto 4/2019, nel quale viene posto il divieto di dare le dimissioni - eccetto quelle per giusta causa - tra le condizioni necessarie per fruire del Reddito di Cittadinanza.

Nel dettaglio, al momento della presentazione della domanda bisogna indicare se ci sono componenti del nucleo familiare che hanno presentato dimissioni nei 12 mesi precedenti. Allo stesso tempo, nel caso in cui le dimissioni siano state presentate nel corso del periodo di fruizione del Reddito di Cittadinanza, bisogna darne comunicazione compilando il modello SR181 Com-Esteso (avvalendosi del supporto del CAF).

Il fatto che uno o più componenti del nucleo familiare abbia dato dimissioni, però, non implica automaticamente la perdita del Reddito di Cittadinanza.

Semplicemente, ai soli fini del calcolo della misura, il componente dimissionario viene tolto dal nucleo familiare per i 12 mesi successivi alla data delle dimissioni: nel parametro di scala d’equivalenza utilizzato per il calcolo del Reddito di Cittadinanza, quindi, si terrà conto dei soli componenti che non hanno dato le dimissioni.

Di conseguenza, scatta automaticamente la decadenza del Reddito di Cittadinanza quando a dare le dimissioni è l’unico componente del nucleo, nonché richiedente della misura. In tutti gli altri casi verrà effettuato invece un ricalcolo del sostegno e da ciò potrebbe derivare una riduzione dell’importo oppure la decadenza del Reddito di Cittadinanza.

Ci sono però dei casi in cui le dimissioni non comportano il ricalcolo del Reddito di Cittadinanza. A questi si sono appena aggiunte le dimissioni presentate durante il periodo di prova, come chiarito dalla nota 10617/2020 del Ministero del Lavoro.

Reddito di Cittadinanza: nessuna sanzione per le dimissioni durante il periodo di prova

Al fine di chiarire quando effettivamente si applica la sanzione suddetta in caso di dimissioni, è stato chiesto al Ministero del Lavoro di chiarire se quando queste vengono rassegnate durante il periodo di prova vadano considerate alla stessa stregua di quelle presentate dal personale assunto definitivamente.

A tal proposito, il Ministero ricorda che il periodo di prova è disciplinato dall’articolo 2096 del Codice Civile. Questa norma autorizza ad apporre la clausola accessoria del patto di prova nella fase iniziale di esecuzione di un rapporto di lavoro; uno strumento che consente ad ambo le parti - quindi al datore di lavoro e al lavoratore stesso - di valutare se esistono i presupposti per un prolungato rapporto di lavoro.

Per questo motivo, il periodo di prova costituisce una fase speciale del rapporto di lavoro e, come tale, presenta delle caratteristiche particolari. Ad esempio, durante il periodo di prova non è necessario alcun preavviso per recedere dal contratto, sia per il licenziamento da parte del datore di lavoro che per le dimissioni del lavoratore.

Alla luce di questa specialità, nonché della precarietà che caratterizza il lavoro nel periodo di prova, il Ministero del lavoro ha spiegato che la sanzione prevista dall’articolo 2 - comma 3 - del decreto 4/2019, non si applica durante il periodo di prova. Pertanto, in questo caso le dimissioni non inficiano la possibilità di richiedere il RdC, né fanno scattare un ricalcolo del beneficio.

Dimissioni: gli altri casi in cui non inficiano sul Reddito di Cittadinanza

Ci sono altri due casi in cui le dimissioni non hanno conseguenze sul Reddito di Cittadinanza. La prima è quella delle dimissioni per giusta causa (qui alcuni esempi): in questo caso, infatti, le dimissioni non sono volontarie in quanto scaturite da una mancanza, o comunque da un comportamento poco corretto, del datore di lavoro.

Altro caso in cui le dimissioni non fanno scattare alcuna sanzione, e di conseguenza non vanno neppure comunicate, è quello del lavoratore che si licenzia per un impiego migliore, ossia con retribuzione pari o superiore a quella percepita nell’incarico precedente.

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