Quota 100 riduce la pensione? Ecco perché non è così

Anna Maria D’Andrea

19 Dicembre 2018 - 18:30

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Quota 100 riduce l’importo della pensione? La risposta è no: l’importo potrebbe essere lo stesso anche lavorando fino a 67 anni. Ecco i calcoli.

Quota 100 riduce la pensione? Ecco perché non è così

Chi accederà a quota 100 avrà un assegno più basso? Per Antonello Orlando, consulente del lavoro intervenuto nel corso del convegno organizzato da Hdemia delle Professioni si tratta di una vera e propria fake news.

Negli ultimi mesi si è parlato molto delle penalizzazioni previste per chi accederà alla pensione con quota 100 a partire dal 2019. C’è da sottolineare che ancora oggi non esiste un riferimento normativo in merito e pertanto i calcoli di seguito riportati sono basati sulle notizie ad oggi disponibili.

La riduzione dell’importo della pensione con la quota 100 è stata alla base di numerosi approfondimenti effettuati da esperti anche sulla stampa specializzata. Tuttavia, sottolinea il Consulente Orlando, si tratta di una scoperta dell’acqua tiepida ad effetto zero per i futuri quotisti.

Quota 100, non ci sono penalizzazioni: l’importo della pensione non sarà più basso

Il calcolo della pensione per chi accederà a Quota 100 osserverà le regole dell’attuale sistema pensionistico, tra metodo contributivo e retributivo. Non sono previste penalizzazione esplicite ma soltanto un effetto ovvio per chi uscirà dal lavoro prima del compimento dell’età per la pensione (pari a 67 anni dal 2019).

Partiamo dalla pratica fornendo i calcoli diffusi negli scorsi mesi che rivelerebbere la presunta penalizzazione della quota 100. L’esempio riguarda un operaio di 62 anni con stipendio di 1.600 euro.

EtàContributiAnno uscita con ForneroAnno uscita con quota 100Diminuzione mensile pensione maturata
62 38 2024 2019 21%
62 39 2023 2019 17%
62 40 2022 2019 14%
62 41 2021 2019 11%
62 42 2020 2019 8%

Nel calcolo non c’è nulla di sbagliato, sottolinea Andrea Orlando durant il convegno del 19 dicembre organizzato dall’associazione Hdemia, ma non si tratta di una penalizzazione della quota 100.

L’importo della pensione per chi continuerà a lavorare e sceglierà di non aderire al pensionamento anticipato sarà maggiore semplicemente perché, lavorando più anni, si avrà a disposizione un montante contributivo più elevato.

Meno si lavora, meno cresce la pensione. Non è certo un problema di quota 100 ma una scoperta dell’acqua tiepida secondo Antonello Orlando.

Tuttavia c’è un ulteriore aspetto da considerare: la questione del coefficiente di trasformazione secondo il quale più aumenta l’età anagrafica e più i contributi versati rendono.

Quota 100, penalizzazione nasce da miopia storica (anche degli “esperti”)

Più aumenta l’età anagrafica e più i contributi rendono e, di conseguenza, l’importo della pensione è più elevato. Questa è una delle altre osservazioni mosse da chi ritiene che la quota 100 nasconde una penalizzazione sugli assegni.

Tuttavia anche in questo caso si tratta di un’interpretazione che non tiene conto delle regole vigenti e che, sottolinea Orlando, nascono da una miopia storica che purtroppo riguarda anche i cosiddetti esperti.

Il metodo di calcolo contributivo della pensione, cristallizzato con la riforma Fornero, prevede che una volta sommati tutti i contributi storicizzati, siano convertiti in una rendita, l’assegno pensionistico per l’appunto.

Il coefficiente di trasformazione che trasforma in pensione il montante contributivo è legato all’età dell’assicurato (legge Dini 1995). Più tardi si va in pensione e più l’importo è elevato. La logica “cinica” alla base della norma è che più tardi si andrà in pensione e meno tempo si avrà per goderne (e quindi si contrae l’onere a carico dell’INPS).

I coefficienti di trasformazione aumentano con l’età, è vero, ma la miopia storica è far finta di non ricordarsi che ogni tre anni (dal 2019 ogni due anni) i coefficienti vengono indicizzati.

Cosa significa? L’adeguamento alla speranza di vita che aumenta, che provoca per le pensioni due conseguenze:

  • aumento età pensionabile;
  • i coefficienti di rendimento della quota contributiva scendono.

Giunti a questo punto dovrebbe quindi essere chiaro che l’osservazione di cui sopra è errata. Da un lato è vero che il quotista a 62 anni prenderebbe meno, ma soltanto meno di quanto avrebbe preso se avesse compiuto i 67 anni nello stesso anno di accesso alla quota 100, per effetto del coefficiente modificato nel corso degli anni.

Questi dettagli alterano la percezione di quota 100, misura da tempo attesa dai lavoratori e che dovrebbe partire da febbraio 2019.
L’unico deterrente previsto dalla Legge di Bilancio 2019 è l’incumulabilità della pensione con i redditi da lavoro dipendente, assimilato o autonomo. Resta possibile percepire soltanto redditi diversi come lavoro autonomo occasionale (massimo 5.000 euro annui).

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