Dimenticate in un cassetto, oggi le carte Pokémon valgono oro: alcune hanno reso oltre il 3.800%, battendo i più blasonati indici azionari mondiali.
Non è una criptovaluta, né un titolo tecnologico. È qualcosa che molti di noi hanno abbandonato nei cassetti durante l’adolescenza e dimenticato per anni: le carte Pokémon. Oggi, inaspettatamente, quel rettangolino di cartoncino illustrato sta regalando rendimenti che farebbero impallidire qualsiasi consulente finanziario.
Secondo i dati raccolti da società di analisi come Card Ladder, citata dal Wall Street Journal, il mercato ha messo a segno un apprezzamento cumulativo del 3.821% dal 2004 a oggi. È un risultato che supera ampiamente quello dell’indice S&P 500, punto di riferimento nell’azionario mondiale, che nello stesso arco temporale registra un rendimento medio annuo intorno al 46%. Segna invece un +37% l’indice di riferimento italiano, il Ftse Mib.
Tutti pazzi per le carte da collezione
Dietro questi numeri, che suonano incredibili persino agli occhi di un investitore esperto, si nasconde un fenomeno alimentato da più fattori.
leggi anche
Investire in carte Pokémon conviene?

Anzitutto, c’è la nostalgia. Millennials e i più “anziani” della generazione Z, cresciuti negli anni ’90 con videogiochi, anime e le prime bustine di carte vendute nelle edicole e nei supermercati, oggi hanno potere d’acquisto. Il desiderio di riappropriarsi di un frammento della propria infanzia ha alimentato una domanda costante, che si riflette nei prezzi. Ma non è solo questione di sentimentalismo. A fare la differenza sono anche la scarsità e la selezione. Alcune carte delle prime edizioni o quelle promozionali, stampate in quantità limitate, hanno raggiunto valori stratosferici, soprattutto quando si presentano in condizioni perfette. La certificazione da parte di enti come PSA o Beckett può trasformare un pezzo da poche centinaia di euro in un investimento da decine di migliaia.
Dal boom sui social alle aste milionarie
Un altro elemento che ha contribuito all’esplosione del mercato è stato l’effetto moltiplicatore dei social. Influencer e streamer hanno trasformato gli “unboxing” di bustine in eventi virali, capaci di spingere alle stelle la popolarità e quindi il prezzo di determinate carte. Non a caso, alcune delle vendite più celebri sono state rese pubbliche proprio da personaggi noti: basti pensare al caso della carta “Pikachu Illustrator”, battuta a oltre 5 milioni di dollari (4,6 milioni di euro), entrata nel Guinness dei primati come la più costosa mai venduta.
Ma questo fenomeno non riguarda soltanto le aste accessibili esclusivamente da collezionisti miliardari. Le carte Pokémon restano un oggetto relativamente accessibile. Molti appassionati continuano a trovarle nelle edicole, nei negozi di giocattoli o nelle fumetterie, spesso senza dover sborsare cifre da capogiro. È proprio questa doppia natura a renderle affascinanti: da una parte gioco, dall’altra asset speculativo.
Come investire?
Naturalmente, costruire un investimento su questi cartoncini colorati non è affatto semplice. Bisogna saper distinguere le edizioni che hanno reale potenziale da quelle stampate in massa e destinate a non valere mai più del loro prezzo di copertina.
Le prime serie del 1999 e del 2000, così come alcune edizioni promozionali, dimostrano di essere tra le più redditizie. Ma lo stato di conservazione è decisivo. Una piega, un graffio o un bordo scolorito ne riducono inesorabilmente il valore. Non a caso, i collezionisti seri investono anche nella conservazione: custodie rigide, protezioni anti-UV, stanze a temperatura controllata. Ogni dettaglio può fare la differenza tra un investimento di migliaia di euro e un semplice ricordo d’infanzia.
Il problema principale, però, resta l’autenticità. Il mercato è invaso da contraffazioni e carte modificate. Per questo acquistare tramite venditori affidabili o sottoporre le carte a certificazione è diventato quasi obbligatorio. È un costo aggiuntivo, certo, ma che può trasformarsi in garanzia di rendimento futuro. E i costi non finiscono qui: bisogna considerare anche spedizioni assicurate, commissioni d’asta e persino la tassazione, che in molti Paesi tratta i guadagni da beni da collezione in modo meno favorevole rispetto agli utili finanziari.
In Italia, se una persona vende una o più carte in modo occasionale (cioè non abituale, senza organizzazione d’impresa), l’eventuale guadagno non rientra tra i redditi diversi tassati al 26%, ma può essere considerato reddito diverso di natura non finanziaria. In pratica, spesso non viene tassato, a meno che il fisco non dimostri che l’attività sia stata svolta in maniera sistematica e con finalità speculative.
Opportunità e rischi da conoscere
A fronte di queste complicazioni, c’è chi vede nelle carte Pokémon una forma di diversificazione intelligente. Non sono un investimento liquido né regolamentato, ma offrono un’alternativa agli asset tradizionali, con una dinamica del tutto particolare.
A differenza delle azioni, non risentono dei dati contenuti nelle trimestrali aziendali o delle crisi geopolitiche. E a differenza delle collezioni sportive, non dipendono dalle prestazioni o dagli infortuni di un giocatore. Un Pikachu non si rompe il legamento crociato anteriore, un Charizard non finisce nei guai con la giustizia. Questa stabilità, paradossalmente, rende queste carte ancora più appetibili.
Eppure, dietro l’entusiasmo, molti analisti avvertono del rischio di trovarsi davanti a una bolla. I prezzi, in alcuni casi, sono cresciuti in modo incoerente, guidati più dall’hype che da una reale scarsità. La storia insegna: il mercato delle carte da baseball negli anni ’80 è crollato dopo pochi mesi, dopo un boom alimentato da una produzione eccessiva. Nulla garantisce che le carte Pokémon non possano seguire la stessa sorte.
L’avventura comincia in edicola
I numeri da capogiro, il famoso 3.000% di rendimento di cui sopra, vanno quindi letti con cautela. Non significano che ogni collezionista possa moltiplicare il capitale nello stesso modo. Quel dato si riferisce ai casi più estremi, a carte rarissime e perfette, scambiate in un mercato molto selezionato. La stragrande maggioranza delle carte comuni non vedrà mai un incremento sostanziale di valore. Ma i dati dimostrano anche che, per chi ha saputo scegliere e conservare bene le carte nel tempo, l’investimento è stato sorprendentemente redditizio, addirittura superiore ai benchmark finanziari più famosi al mondo.
leggi anche
Quanto valgono le carte Pokémon?

Il fascino delle carte Pokémon sta forse proprio in questo dualismo: da un lato la componente emotiva, il richiamo a un passato fatto di partite tra amici e cartelle colorate, dall’altro la prospettiva, concreta, di rendimenti fuori scala. Non c’è bisogno di essere collezionisti professionisti per iniziare: basta una bustina comprata in edicola per entrare in un mondo che, con il giusto occhio e un po’ di fortuna, può trasformarsi in un vero tesoro.
Alla fine, più che di un investimento sicuro, si tratta di un’avventura. Un viaggio che mescola emozione, rischio e memoria, e che dimostra come il valore delle cose non dipenda solo da grafici e bilanci, ma anche da ciò che rappresentano per le persone. È questo che rende i Pokémon un fenomeno unico: non solo un gioco, non solo un ricordo, ma un mercato vivo, capace di battere persino Wall Street.
© RIPRODUZIONE RISERVATA