La società di videogiochi Electronic Arts è stata acquisita da un consorzio privato di investitori per la cifra record di 55 miliardi di dollari.
La società di videogiochi statunitense Electronic Arts - nota anche come EA Games - è stata ceduta a un consorzio di investitori privati per la cifra record di 55 miliardi di dollari (circa 47 miliardi di euro). Se l’accordo andasse a buon fine, si tratterebbe di uno dei più grandi leveraged buy-out (LBO) della storia.
La casa madre di videogame celebri come Battlefield, FIFA, Need for Speed e The Sims è stata acquisita da un pool formato dal Public Investment Fund dell’Arabia Saudita (PIF), Affinity Partners di Jared Kushner (il genero del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump) e la società di private equity Silver Lake in un accordo che prevede la combinazione di un apporto di capitale in contanti pari a 36 miliardi di dollari - le partecipazioni azionarie già detenute dal PIF - e un finanziamento a debito da 20 miliardi di dollari sottoscritto da JPMorgan. Inoltre, il consorzio ha deciso che Electronic Arts uscirà dalla Borsa.
I dettagli dell’accordo
La trattativa, già approvata dal Consiglio di Amministrazione di Electronic Arts, dovrebbe essere finalizzata entro il primo trimestre del 2027. Una volta conclusa, le azioni ordinarie di EA non saranno più quotate.
Gli azionisti di Electronic Arts riceveranno 210 dollari per ciascuna azione, un premio del 25% sul prezzo di chiusura di giovedì - pari a 168,32 dollari - prima che le indiscrezioni sull’operazione diventassero pubbliche. Il premio, offerto dal consorzio per convincere gli azionisti a cedere le azioni e ottenere il controllo della società, non tiene conto del prezzo di venerdì, già aumentato dopo la diffusione della notizia. Alla notizia dell’accordo, il titolo EA è salito del 5% nel corso della giornata di Borsa, arrivando a circa 202,54 dollari per azione.
Tuttavia, gli analisti di Benchmark non si sono mostrati convinti della proposta:
Sebbene il prezzo di offerta di 210 dollari per azione possa sembrare allettante, riteniamo che sia sostanzialmente inferiore al valore intrinseco dell’azienda. Con Battlefield 6 in procinto di essere lanciato e una pipeline che potrebbe aggiungere oltre 2 miliardi di dollari in prenotazioni incrementali entro l’anno fiscale 2028, la vera capacità di guadagno di EA sta appena iniziando a emergere.
Al termine dell’operazione, Electronic Arts manterrà ancora la sua sede centrale a Redwood City, in California, e resterà sotto il comando dell’attuale CEO Andrew Wilson.
Inoltre, EA sarà obbligata a pagare una penale di 1 miliardo di dollari nel caso in cui decidesse di interrompere la fusione a causa di un’inversione di rotta nel consiglio di amministrazione, accettare un’offerta più alta o perseguire un altro accordo entro un anno dal rifiuto degli azionisti. La stessa penale, invece, dovrà essere versata dal consorzio in caso di violazioni dell’accordo o di ritardi normativi prolungati oltre il 28 settembre 2026.
Perché l’Arabia Saudita punta sul settore videoludico
L’acquisizione di Electronic Arts rientra nella strategia del fondo sovrano dell’Arabia Saudita (PIF) di diversificare l’economia del paese, puntando su settori come infrastrutture, turismo, sport e - in questo caso - gaming con l’obiettivo di ridurre la sua dipendenza dal petrolio.
Con un patrimonio di circa 1 trilione di dollari, il PIF vede nell’investimento un’opportunità per diventare un attore globale nel mercato dei videogiochi, scommettendo sul valore dei franchise più popolari mentre il settore cerca di riprendersi da una fase di rallentamento. Inoltre, la presenza di Jared Kushner, marito di Ivanka, la secondogenita di Donald Trump, rafforza ulteriormente la portata internazionale dell’operazione.
Ora non resta che attendere la formalizzazione dell’accordo, con l’incognita di riuscire a evitare il destino - fallimentare - degli LBO precedenti. Prima di EA, il record era detenuto dall’acquisizione da 45 miliardi di TXU Energy nel 2007 da parte di KKR, TPG e Goldman Sachs, un’operazione che sette anni dopo si concluse con il fallimento della società. Ma non solo. Sorti simili sono spettate anche alla catena di negozi di giocattoli Toys “R” Us e alla società di noleggio Hertz. In entrambi i casi, le acquisizioni sono state incapaci di reggere alla prova del tempo.
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