Nella Legge di Bilancio 2026 c’è una norma che permette alle aziende di trasformare i contratti full-time in part-time, in particolare per le mamme lavoratrici.
Si compone di 154 articoli e 8 allegati la versione finale del testo della Legge di Bilancio 2026 bollinato dalla Ragioneria di Stato: all’interno c’è una norma che fa discutere l’opinione pubblica e che sembra sfavorire le donne. L’articolo 49, infatti, prevede una serie di incentivi per le imprese che trasformeranno i contratti full-time in part-time per alcune categorie di lavoratori.
Questa misura è dedicata ai genitori con almeno 3 figli di età inferiore a 10 anni, oppure con figli disabili senza alcun limite d’età, e consente alle aziende di ottenere uno sgravio contributivo fino al 100% per due anni su questa trasformazione contrattuale.
Introdotta come incentivo per favorire la genitorialità e la conciliazione tra vita personale e professionale, potrebbe però ottenere l’effetto opposto: spingere i genitori, e soprattutto le madri lavoratrici, a lavorare (e guadagnare) meno. Ed è proprio da qui che è nata la polemica.
Da full-time a part-time per i genitori: la novità nella Manovra 2026
Nella Legge di Bilancio 2026 sono state inserite numerose norme in favore della genitorialità: in particolare, sono stati potenziati i bonus per le mamme, sono stati introdotti nuovi incentivi per chi assumere mamme con almeno tre figli, ma è stata inserita anche una norma che sembra sfavorire i genitori. O almeno, in prima battuta, sembra esserci uno squilibrio verso il lavoro femminile.
Secondo quanto previsto dall’articolo 49 della Manovra, alle aziende viene concesso un incentivo contributivo per la “ trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale , orizzontale o verticale, o di rimodulazione della percentuale di lavoro in caso di contratto a tempo parziale”.
In altre parole, le imprese possono decidere di trasformare un contratto full-time in part-time rispettando alcune condizioni, oppure possono rimodulare le percentuali lavorative nei casi di contratti a tempo parziale.
La misura, inserita nella Manvora come sostegno alla genitorialità, si pone come obiettivo quello di armonizzare la vita personale e professionale dei genitori, concedendo più occasioni e possibilità per stare in famiglia. La trasformazione dei contratti riguarda infatti due categorie di lavoratori e lavoratrici:
- i genitori con almeno tre figli a carico fino al compimento del decimo anno di età del più piccolo;
- i genitori di bambini o ragazzi disabili senza limiti di età.
Bonus contributivo per le aziende che trasformano i contratti in part-time
I datori di lavoro che trasformeranno i contratti a tempo pieno in contratti a tempo parziale, secondo questa norma, potranno godere di un esonero fino al 100% dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL). L’esonero è concesso per un periodo massimo di 2 anni dalla data di trasformazione del contratto e nel limite di 3.000 euro all’anno da suddividere nei diversi mesi.
Purtroppo la norma ha sollevato numerose questioni e polemiche, soprattutto per il fatto d essere declinata prima al femminile e poi al maschile, come se volesse spingere le donne a trascorrere più tempo con i figli piuttosto che a lavorare.
Il divario di genere nei contratti e nelle retribuzioni
Secondo alcuni dati INPS, le lavoratrici che ad oggi sono assunte con contratto part-time rappresentano il 64,4% del totale. Inoltre, il 37,3% delle donne con figli lavora part-time, contro appena il 4,8% degli uomini. E nella maggior parte dei casi non è una scelta, ma l’unico modo per tenere insieme il lavoro e la famiglia.
Se tutto ciò non bastasse, esiste anche un pesante divario di retribuzione tra uomini e donne, che porta le lavoratrici a guadagnare stipendi inferiori di oltre 20 punti percentuali rispetto ai colleghi maschi, oltre ad avere carriere più lente e discontinue.
Sebbene la norma inserita nella Manovra si rivolga a una platea ristretta di beneficiari e abbia un fine utilitario per i genitori, la relazione tecnica allegata alla finanziaria stima almeno 2.800 beneficiarie della misura, prevedendo una spesa (da qui al 2034) pari a 147 milioni di euro.
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