Quanto ha speso l’Italia per la Flotilla?

Ilena D’Errico

5 Ottobre 2025 - 18:30

Proviamo a capire quanto ha speso davvero l’Italia a causa della Flotilla, quali sono stati i costi effettivi e perché.

Quanto ha speso l’Italia per la Flotilla?

L’iniziativa della Global Sumud Flotilla divide l’Italia, scatenando il dibattito tra politici, giuristi e cittadini. Mentre proseguono i rimpatri (con 15 italiani ancora in carcere) tra le cause di discussione, inevitabilmente, c’è anche il costo complessivo delle operazioni. Quante persone in queste ore si stanno domandando quanto costa agli italiani tutto ciò? Tralasciando che l’argomento viene usato spesso in modo strumentale e forzato, delle spese ci sono sempre, che siano poche o tante, giuste o ingiuste.

La navigazione e gli aiuti umanitari, la scorta (per quanto limitata) e il rimpatrio non possono certo avvenire gratuitamente. Non è però vero che la rotta degli attivisti verso Gaza abbia avuto un eccessivo impatto economico sull’Italia o, per dirla tutta, su tutti gli altri Paesi coinvolti. Ricordiamo infatti che gli attivisti provengono da 44 nazioni differenti, ma ben pochi governi hanno sostenuto la missione. Proviamo di seguito a capire, in base alle informazioni disponibili, quanto ha speso l’Italia per la Flotilla per davvero, lasciando a ognuno la possibilità di trarre le proprie conclusioni e considerazioni.

Chi finanzia la Flotilla

Prima di parlare dell’effettiva spesa dello Stato italiano è bene ricordare che i costi sostenuti dal Paese sono stati indiretti, collaterali, per utilizzare un aggettivo che in questi giorni dilaga. La spedizione umanitaria non è stata finanziata dall’Italia, ma anzi da nessuno Stato in quanto tale. La Global Sumud Flotilla è una coalizione internazionale indipendente che si sostiene attraverso donazioni libere e volontarie. Non c’è un fondo di finanziamenti, né qualche singolo donatore che abbia sostenuto gran parte delle spese, perlomeno nulla di tutto ciò è emerso al momento. Difatti, prima della partenza era attivo un format online per le donazioni, che gli attivisti hanno largamente pubblicizzato per raggiungere il finanziamento necessario al viaggio.

Come si può leggere dal sito web ufficiale dell’organizzazione, è stata raggiunta la cifra di ben 3.209.212 euro attraverso il contributo di donatori da tutto il mondo. Sempre dal sito è anche possibile leggere qualche nome dei donatari, mentre altri hanno preferito restare anonimi. La quantità di persone che ha aderito è davvero elevata, comprensibile vista l’attenzione sulla causa palestinese, anche perché l’importo era libero.

Qualcuno ha donato 5 euro, per esempio, qualcun altro anche più di 1.000. Tra i personaggi che hanno contribuito a finanziare la spedizione c’è effettivamente un nome controverso, quello di Saif Abukeshek, che Israele accusa far parte di Hamas, pur senza prove rese note. Da qui le accuse di tipo terroristico, che oggi appaiono infondate, ma comunque nessun aiuto statale di qualche genere. La partenza della Flotilla non è costata neanche un euro all’Italia come Paese.

Quanto ha speso l’Italia per la Flotilla

Anche se l’iniziativa è stata finanziata dalle donazioni non è comunque stata una missione a costo zero per l’Italia, per quanto il nostro Paese abbia fatto di tutto pur di risparmiare. Il governo Meloni ha infatti chiarito che non vuole farsi carico dei costi di rimpatrio, lasciando gli attivisti dinanzi a due scelte: il rimpatrio volontario, con costi a proprio carico e assunzione di responsabilità circa la violazione territoriale (presunta), o l’espulsione forzata a carico di Tel Aviv.

Il team legale della Flotilla, comunque, esclude spese a carico degli attivisti. La situazione è piuttosto confusa al momento, comunque il costo per il rientro dei 26 attivisti in volo con Turkish Airlines è stato sostenuto dalla compagnia turca stessa. Anche su questo punto le polemiche non si sprecano, soprattutto se si considerano le spese per i charter che il governo ha voluto sostenere in altre occasioni. Comunque, per il momento anche i rimpatri sono a costo zero per l’Italia, che d’altronde ha preso le distanze dall’iniziativa fin dal primo giorno. Ma allora cos’ha speso l’Italia?

Qualcuno parlerebbe di scorta, ma usare questo termine sarebbe offensivo. Chiariamo qualche punto. La fregata italiana Alpino ha fornito copertura “tutelare” (come sottolineato dal ministro Crosetto) alla Global Sumud Flotilla, ma in maniera limitata. La presenza italiana, infatti, è stata circoscritta non soltanto alle acque internazionali ma anche entro i punti considerati caldi in base al blocco navale israeliano. Ecco perché, per quanto la nave sia un fiore all’occhiello della Marina militare italiana e il personale a bordo altamente competente, non si può davvero parlare di scorta.

Lo Stato maggiore della Difesa ha peraltro ordinato alla fregata di tornare indietro a 150 miglia nautiche da Gaza, non permettendo l’ingresso di un’imbarcazione militare in acque territoriali straniere o comunque di interesse bellico. La fregata Alpino potrà così essere impegnata in altri compiti dell’Operazione Mediterraneo Sicuro. Quantificare precisamente i costi per la copertura della Flotilla è impossibile, ma molti stanno citando una fantomatica spesa di 300.000 euro al giorno, aprendo dubbi di ogni genere. Questa cifra non è inventata, ma nemmeno offre un’idea verosimile.

Semplicemente, si parte dai costi dell’Operazione complessiva (132,2 milioni di euro nel 2024) dividendoli per i giorni dell’anno, ottenendo così una stima indicativa del costo giornaliero per il pattugliamento navale e aereo del Mediterraneo. Questo calcolo è quindi molto approssimativo, anche perché ci informa di un dato che sta passando inosservato: gran parte della rotta della Flotilla rientra già in un’area di competenza dell’Operazione in corso.

Ciò non significa che l’Italia non abbia subito dei costi, anche aggiuntivi per il cambiamento delle rotte e delle navi impegnate, ma l’associazione di responsabilità non deve essere frettolosa. Come chiarito dal ministro Crosetto, infatti:

Siamo lì a tutelare i cittadini italiani come quando ci sono situazioni di pericolo nel mar libico. È lo stesso meccanismo di tutela che parte sempre.

In base ad altre operazioni internazionali, il costo per la copertura navale al giorno potrebbe essere intorno ai 100.000 euro, ma è un’ipotesi vaga.

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