Quanti soldi è legale tenere in casa?

Ilena D’Errico

10 Maggio 2025 - 23:25

A casa puoi tenere quanti soldi vuoi, ma le regole sul contante, la normativa fiscale e il Codice penale impongono una certa dose di prudenza. Ecco a cosa fare attenzione.

Quanti soldi è legale tenere in casa?

Nonostante l’evoluzione dei sistemi di pagamento e di deposito del denaro, ancora oggi moltissimi italiani si sentono più sicuri a tenere i soldi in casa. Nella maggior parte dei casi non è consigliabile avere il contante tra le mura di casa, ma ciò non significa che sia vietato. Di fatto, non esiste un importo massimo di denaro che i cittadini possono conservare alla vecchia maniera. Eppure, anche se tenere i soldi in casa non è di per sé illegale, è facile che questa condotta si leghi a illeciti fiscali o penali. I soldi potrebbero essere proventi di reati o rappresentare l’evasione fiscale, per esempio. Per questo motivo anche i cittadini ligi alle regole farebbero bene ad adottare qualche precauzione ed evitare disagi inutili.

Quanti soldi è legale tenere in casa?

Come anticipato, i limiti sui pagamenti in contanti non hanno nulla a che fare con il denaro tenuto in casa. Di fatto, non c’è alcun limite di soldi che si possono tenere in casa, perché nessuna legge impone regole in tal merito. Da qualche centinaio di euro fino a cifre da capogiro, non ci sono differenze, perché legalmente non esiste una quantità massima di denaro contante da poter mettere da parte.

Ci sono svariati motivi per cui non esistono limiti riguardo al contante tenuto in casa, ma principalmente rileva il fatto che sarebbe quasi impossibile verificarne il rispetto e anche inutile, dal momento che il controllo viene invece effettuato su pagamenti e transazioni.

Insomma, in casa è possibile nascondere anche una vera e propria fortuna, magari avendo cura di predisporre delle misure di sicurezza per evitare situazioni spiacevoli, furti e aggressioni.

Dal punto di vista fiscale, infatti, non ci sono particolari obblighi rispetto al denaro contante tenuto in casa. Diversamente da quanto accade per i soldi depositati sul conto corrente, sui quali si applica il Testo unico sulle imposte dei redditi, i contribuenti non sono tenuti a dimostrare la provenienza del denaro.

Cosa rischia chi tiene i soldi in casa

Dal punto di vista prettamente legale, tenere soldi in casa può comunque avere dei risvolti negativi, anche in assenza di un limite previsto dalla legge. Come premesso, i cittadini non hanno l’obbligo di dimostrare la provenienza del denaro e nemmeno la sua tassazione, ma la sua scoperta potrebbe comunque aprire delle incognite.

Si tratta di casi in cui l’importo del contante tenuto in casa, presumibilmente in posti sicuri tanto da esser considerato nascosto, è decisamente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati dal cittadino e in genere al suo patrimonio ufficiale. Una quantità di contante superiore all’ordinario può infatti far sospettare alcuni illeciti e perfino dei reati.

Si parte innanzitutto dall’evasione fiscale, senza tuttavia trascurare i possibili reati correlati. Si pensi al riciclaggio di denaro, ma anche agli innumerevoli esempi di provenienza illecita che i soldi potrebbero avere (tra cui furti e traffico di stupefacenti, per esempio). A tal proposito, si ricorda che il reato di evasione fiscale si configura soltanto al superamento dei limiti fissati dalla legge:

  • oltre 50.000 euro di proventi nascosti in caso di mancata dichiarazione dei redditi;
  • almeno 150.000 euro di proventi non dichiarati e redditi non dichiarati per almeno il 10% del totale (o comunque 2 milioni di euro) in caso di mancata denuncia dei redditi percepiti.

In buona sostanza, è necessario poter giustificare la provenienza del denaro, anche perché i limiti al contante durante i pagamenti impongono un uso tracciabile dei soldi.

Chi controlla quanti soldi ho in casa

Tendenzialmente, nessuno controlla quanti soldi ha in casa un semplice cittadino. Le forze dell’ordine possono eseguire una perquisizione soltanto in presenza di significativi indizi di reato, con autorizzazione preventiva del pubblico ministero o convalida successiva in ipotesi di comprovata urgenza.

Bisogna però ricordare che tra i possibili indizi di reato ci sono anche quelli riguardanti la grave evasione fiscale e soprattutto che la perquisizione può avvenire anche per reati non riguardanti quel denaro, il quale verrebbe comunque ritrovato.

Chi non ha problemi con la giustizia non ha niente da temere, a patto che anche il denaro abbia una provenienza lecita. Poterne documentare la provenienza può comunque risultare una precauzione utile per evitare fastidi, che potrebbero sorgere anche in modo del tutto inaspettato. Si pensi, per esempio, alla denuncia di un furto subito, alla necessità di effettuare un ingente pagamento o semplicemente versare i soldi su un conto corrente.

Non è invece necessario motivare la scelta di aver tenuto i soldi in casa.
Alla luce di quanto detto, è comunque fondamentale rispettare i limiti sui pagamenti in contanti. Per i trasferimenti tra privati la soglia per il 2025 è pari a 5.000 euro.

Limite ai contanti: versare e prelevare

Dal momento in cui la legge non fissa una soglia massima per il denaro tenuto in casa e nemmeno per le operazioni di versamento o prelievo sul proprio conto corrente, è facile pensare che non ci siano rischi connessi a queste operazioni. Non è esattamente così, in quanto l’istituto di credito è autorizzato a fare delle segnalazioni.

Questo fattore incide direttamente sulla possibilità di conservare il denaro in casa, perché potrebbe sorgere la necessità di versarlo sul conto, oppure al contrario potrebbe provenire proprio dai prelievi effettuati nel tempo.

I versamenti, così come i bonifici in entrata peraltro, sono di competenze dell’Agenzia delle Entrate, allo scopo di contrastare l’evasione fiscale. Per non incorrere in problematiche è possibile utilizzare due differenti metodi, ossia:

  • Inserire il denaro ricevuto e/o versato nella dichiarazione dei redditi, mostrando quindi che si tratta di un compenso ricevuto e accedendo alla tassazione dovuta.
  • Dimostrare, all’evenienza, che si tratta di somme non soggette a tassazione come donazioni o ricavi da vendite di oggetti usati.

I prelievi, invece, per quanto riguarda i privati non sono controllati dal fisco bensì dallo stesso istituto di credito che è legalmente obbligato a segnalare all’Unità di informazione finanziaria prelievi oltre i 10.000 euro avvenuti nell’arco di un mese.

L’Uif provvederà poi ad accertare la regolarità della situazione, e soltanto nel caso in cui le ragioni del soggetto non risultassero convincenti riporterà la segnalazione alla Procura della Repubblica, che inizierà le indagini per individuare reati di riciclaggio.

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