Putin cambia idea, ecco l’ultima minaccia che spaventa tutti

Luna Luciano

7 Agosto 2025 - 21:40

Mosca revoca la moratoria sui missili a medio raggio: si alza la tensione con l’Occidente. Una mossa strategica o il preludio a una nuova escalation militare? Ecco cosa c’è da sapere.

Putin cambia idea, ecco l’ultima minaccia che spaventa tutti

Putin ci ripensa e cambia idea: la Russia non si considera più vincolata all’autolimitazione sul dispiegamento di missili terrestri a corto e medio raggio. Dopo lo studio della Kyiv School of Economics, secondo cui la Russia si starebbe preparando alla Terza guerra mondiale, quest’ultima decisione ha sollevato dubbi e suscitato preoccupazione nell’intera comunità internazionale.

Secondo quanto comunicato dal ministero degli Esteri russo e riportato dall’agenzia TASS, la scelta è una risposta alla crescente presenza di missili statunitensi in Europa e nell’Asia-Pacifico, e verrà attuata sulla base delle valutazioni del comando politico-militare russo.

La svolta arriva in un contesto geopolitico già segnato da frizioni, in particolare tra Washington e Mosca, e riaccende i timori di una nuova corsa agli armamenti. Non è solo una decisione tattica, ma anche simbolica: la Russia mette in discussione uno dei capisaldi del contenimento nucleare post-Guerra Fredda.

Con questa mossa, Putin rompe un equilibrio instabile ma finora rispettato, ponendo nuove incognite sulla stabilità strategica nella regione euroasiatica. Mentre l’Occidente cerca di mantenere il fronte unito, Mosca rilancia la propria dottrina militare, alimentando il timore che il ritorno al linguaggio e alle posture della Guerra Fredda non sia più solo una retorica, ma una concreta traiettoria geopolitica. Di fronte a un contesto simile, è naturale domandarsi cosa stia realmente accadendo e quali siano i rischi: ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.

Putin cambia idea sui missili a corto e medio raggio: le conseguenze del crollo del trattato INF

Il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces), firmato nel 1987 dai leader Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov, rappresentava una pietra miliare nella riduzione delle tensioni tra Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica. L’accordo vietava a entrambe le potenze lo sviluppo, il possesso e il dispiegamento di missili balistici e da crociera lanciati da terra con una gittata compresa tra 500 e 5.500 chilometri. Questo tipo di armamenti era considerato particolarmente destabilizzante perché poteva colpire obiettivi strategici in tempi estremamente ridotti, riducendo drasticamente i margini per una risposta difensiva.

Il trattato portò all’eliminazione di oltre 2.600 missili e fu uno dei simboli più concreti della fine della Guerra Fredda. Tuttavia, nel corso degli anni 2010, le accuse reciproche di violazioni iniziarono a minarne la credibilità. Tra il 2014 e il 2018, gli Stati Uniti denunciarono lo sviluppo da parte russa del missile 9M729, chiamato SSC-8 in Occidente, ritenuto una chiara violazione dell’INF.

Nel 2019, l’amministrazione Trump decise il ritiro unilaterale dal trattato, sostenendo che la Russia lo aveva sistematicamente violato. In risposta, il Cremlino dichiarò che non avrebbe schierato missili a medio raggio a meno che gli Stati Uniti non lo facessero per primi.

Quasi sei anni dopo, quel fragile equilibrio si spezza definitivamente. La Russia annuncia ora la fine della sua “autolimitazione volontaria”. In un mondo in cui l’INF non è più in vigore e le garanzie multilaterali si sono indebolite, questa decisione potrebbe simboleggiare la volontà di Mosca intende tornare a sviluppare e installare sistemi missilistici terrestri in aree strategiche.

Le implicazioni sono molteplici: sul piano tecnico, si aprono scenari per il riarmo e la ricollocazione di basi e infrastrutture militari; sul piano politico, la Russia intende mandare un messaggio chiaro all’Occidente, segnalando che non resterà passiva di fronte al dispiegamento di forze NATO in Europa dell’Est e nel Pacifico.

Putin cambia idea sui missili a corto e medio raggio: il rischio di una nuova corsa agli armamenti

La revoca della moratoria russa rischia di riaprire il capitolo, mai del tutto chiuso, della corsa agli armamenti. La possibilità che Mosca torni a schierare missili terrestri a medio raggio vicino ai confini europei o asiatici può innescare una reazione a catena da parte della NATO e degli Stati Uniti, accelerando lo sviluppo e il dispiegamento di nuovi sistemi d’arma su scala globale.

Tuttavia, è bene non cedere troppo facilmente ad allarmismi. Il contesto internazionale resta delicato, ma non necessariamente destinato a sfociare in un conflitto diretto. La decisione russa potrebbe essere letta anche come una mossa di deterrenza: Mosca potrebbe voler rafforzare la propria posizione militare non per attaccare, ma per trattare da una posizione di forza, in un momento in cui l’isolamento diplomatico e le sanzioni economiche occidentali iniziano a pesare sul sistema russo.

Il linguaggio della Guerra Fredda, missili, deterrenza, minacce reciproche, è tornato al centro del dibattito, ma non deve per forza tradursi in uno scontro imminente. È fondamentale mantenere un’analisi lucida: il riarmo russo può rappresentare una strategia difensiva volta a ristabilire un equilibrio percepito come perduto.

La decisione del Cremlino, quindi, potrebbe servire anche per testare le reazioni dell’Occidente, alzare la posta nei negoziati internazionali e consolidare il consenso interno, soprattutto in un momento in cui la guerra in Ucraina e la pressione internazionale stanno logorando il fronte interno russo.

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