Bankitalia annuncia le previsioni sul PIL, sull’inflazione e sulla disoccupazione dell’Italia, facendo il punto su alcune componenti. Occhio alle esportazioni.
Bankitalia ha annunciato oggi le proiezioni macroeconomiche relative all’Italia nel triennio 2025-27 che sono state elaborate dai suoi esperti, nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema.
Occhio in particolare alle previsioni della Banca d’Italia relative al PIL, all’inflazione e alla disoccupazione del Paese.
PIL Italia, Bankitalia conferma le previsioni di crescita. Le frasi su consumi e investimenti
Per il PIL, Palazzo Koch ha praticamente confermato le previsioni precedentemente stilate e contenute nel rapporto di aprile.
Le stime sono di un ritmo di espansione pari a +0,6% nel 2025, +0,8% nel 2026 e +0,7% nel 2027, sospinto principalmente dalla ripresa dei consumi, a fronte invece di un trend degli investimenti e delle esportazioni che verrebbe penalizzato dall’aumento dei dazi e dell’incertezza, che sottrarrebbe alla crescita del prodotto interno lordo circa 0,5 punti percentuali complessivamente nel triennio 2025-27.
Per quanto riguarda la dinamica dei prezzi, Bankitalia prevede una inflazione contenuta, in crescita in media dell’1,5% nel 2025 e nel 2026 e del 2% nel 2027.
Al netto dei prezzi dei beni alimentari ed energetici, le previsioni per l’inflazione core sono di un tasso all’1,8 per cento nella media di quest’anno e in flessione all’1,6% nel prossimo biennio.
Motivo di una inflazione sottotono, soprattutto rispetto al target di inflazione fissato dalla BCE, pari al 2%, sarebbero per la Banca d’Italia “principalmente le minori pressioni derivanti dal costo del lavoro ”.
Lo scenario elaborato e presentato oggi dalla Banca d’Italia parte dal presupposto di “un forte aumento del livello medio dei dazi sulle importazioni USA di beni rispetto a quello precedente il mese di aprile che, in un contesto di elevata incertezza, determinerebbe un marcato rallentamento del commercio internazionale ”.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, in particolare la Banca d’Italia stima una disoccupazione in calo marginale, al 6 per cento nel 2027.

Esportazioni italiane alle prese con i dazi di Trump. Ma c’è l’assist degli stimoli fiscali
In merito alle esportazioni italiane, alle prese con i dazi di Trump, le stime sono di una diminuzione nel corso del 2025 e di un ritorno a una espansione solo a partire dall’anno prossimo, ma in misura minore rispetto alla “ domanda estera ponderata per i mercati di destinazione a causa della perdita di competitività indotta dall’apprezzamento del tasso di cambio ”.
Bankitalia ha spiegato l’elevato grado di incertezza con l’incognita rappresentata dall’esito delle trattative tra gli Stati Uniti di Donald Trump e l’Unione europera e dunque dagli sviluppi futuri delle politiche commerciali: “Un loro ulteriore inasprimento potrebbe penalizzare in misura marcata l’attività economica e in particolare le vendite all’estero e gli investimenti, specie se si accompagnasse al permanere di condizioni di elevata incertezza”.
In particolare, “qualora il livello dei dazi aumentasse ai valori annunciati il 2 aprile e l’incertezza si mantenesse elevata, la crescita del prodotto potrebbe ridursi rispetto a quella dello scenario di base di circa due decimi di punto percentuale nell’anno in corso e fino a circa mezzo punto percentuale all’anno nel prossimo biennio ”.
Allo stesso tempo, così come ha reso noto anche la BCE nell’annunciare il suo ottavo taglio dei tassi dell’area euro, l’effetto zavorra dei dazi di Trump potrebbe essere compensato da alcune misure di politica fiscale espansiva.
Di fatto, “una crescita maggiore potrebbe derivare da effetti più pronunciati dell’aumento delle spese per la difesa e le infrastrutture a livello europeo o da un esito delle trattative sulle politiche commerciali più favorevole di quello implicito nello scenario di base”.
Inoltre, “per quanto concerne l’inflazione, eventuali aumenti ritorsivi dei dazi da parte dell’Unione europea potrebbero esercitare temporanee spinte al rialzo, i cui effetti sarebbero più che compensati nel medio termine da quelli di segno opposto dovuti a un marcato e persistente deterioramento della domanda aggregata ”, ha fatto notare ancora Via Nazionale.
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