Azioni Unipol e UniCredit osservate speciali dopo gli ultimi rumor. E non finisce qui, in quanto negli ultimi giorni si è parlato di un altro grande possibile dossier.
Azioni Unipol e UniCredit sotto osservazione dopo i rumor riportati da un articolo de Il Sole 24 Ore pubblicato oggi, che parla di “ un interesse del gruppo di Orcel per un’alleanza con Unipol ”.
L’articolo “UniCredit, Unipol e Generali: la seconda ondata dell’M&A”, menziona anche il colosso assicurativo italiano Generali, in relazione a quelle che potrebbero essere le possibili future mosse di UniCredit, reduce dalla delusione dell’OPS su Banco BPM, saltata in aria a causa delle prescrizioni severe che il governo Meloni ha imposto a Orcel, nell’ambito dell’esercizio del golden power che ha deciso di applicare a quella partita di risiko bancario.
Partita che si è chiusa male, con UniCredit costretta ad arrendersi, rinunciando alla preda Banco BPM.
Orcel tuttavia, impegnato anche in Germania con l’operazione Commerzbank, non avrebbe certo smesso di andare a caccia di occasioni ghiotte nel panorama bancario ed evidentemente anche assicurativo dell’Italia.
E così, scrive Il Sole, “se Intesa SanPaolo sembra muoversi con prudenza e senza un dichiarato interesse per le operazioni di M&A, UniCredit sta indubbiamente vagliando tutte le strade possibili, sia in Italia che all’estero ”.
Per quanto riguarda Generali, in realtà l’ultima mossa di UniCredit, che ha ridotto la partecipazione precedentemente accumulata nel capitale del Leone, non avalla in questo momento l’ipotesi di un interesse concreto da parte di Piazza Gae Aulenti. Ma è vero, secondo il quotidiano, che non possono essere esclusi “ potenziali ambiti di collaborazione ”, soprattutto se si considera la “futura scadenza dell’asse con Allianz che termina nel 2027”.
Allo stesso tempo, in Generali ora è presente MPS, “forte di quel pacchetto del 13% custodito da Mediobanca”, quest’ultima banca che il Monte dei Paschi di Siena ha appena conquistato, grazie al successo della sua OPAS.
E così Il Sole 24 Ore parla della possibilità che UniCredit avvii un “ dialogo con Unipol ”, la compagnia assicurativa guidata da Carlo Cimbri.
Si parla di un possibile accordo di bancassurance, che potrebbe essere considerato da Orcel ancora più opportuno, se si considera che “ Unipol potrebbe portare in dote la futura BPER-Sondrio , banca che opera in un’area di estremo interesse” per UniCredit.
Di fatto, quelle due banche, che vedono Unipol vestire i panni dell’azionista di maggioranza, e che sono convolate a nozze grazie al successo dell’OPAS promossa da BPER sulla Popolare di Sondrio, rappresentano insieme un vero e proprio tesoretto per Unipol, al punto da avere già inciso positivamente sui risultati di bilancio della compagnia assicurativa.
Unipol ha infatti beneficiato del contributo delle partecipate BPER e Popolare di Sondrio, entrambe banche che hanno annunciato conti record.
Il risultato è che Unipol ha reso noto che sulla base delle informazioni finanziarie aggiornate al 30 giugno 2025 il contributo di BPER e Popolare di Sondrio al risultato del Gruppo è stato pari a 244 milioni di euro.
Il trend delle azioni Unipol e UniCredit negli ultimi mesi, YTD e su base annua
Le azioni Unipol, che scattano oggi sul Ftse Mib di Piazza Affari sulla scia delle indiscrezioni stampa appena diffuse, hanno guadagnato nell’ultimo mese di contrattazioni a Piazza Affari quasi il 7,5%, avanzando negli ultimi tre mesi di trading di quasi +14%.
YTD, ovvero dall’inizio dell’anno 2025, la performance è di uno scatto superiore a +55%, mentre su base annua il rally è pari a +72,6%.
Le azioni UniCredit, oggi negative, hanno perso nell’ultimo mese di contrattazioni più del 5%.
Solido il guadagno degli ultimi tre mesi (+7,5%), mentre YTD e su base annua il trend è di rialzi di +63% e +60% circa.
Di fatto, nell’ultimo periodo di contrattazioni, la performance delle azioni UniCredit è stata tutto fuorché brillante.
Intesa SanPaolo e Generali, insieme per un polo da oltre 1.500 MLD di masse amministrate e gestite?
Attenzione però anche all’altro dossier di cui si è parlato a partire dalla fine di settembre a Piazza Affari e non solo: quello di una possibile alleanza tra Intesa SanPaolo, la banca italiana guidata dal CEO Carlo Messina, e Generali, il campione assicurativo che finora non ha ancora tradotto nei fatti l’accordo non vincolante che ha siglato con la francese Natixis, e che è stato accolto dal governo Meloni ma anche dalla politica italiana come fumo negli occhi.
Negli ultimi giorni si è parlato della possibilità che Intesa SanPaolo e Generali dessero vita a “un polo da oltre 1.500 miliardi di euro di masse amministrate e gestite”.
Ipotesi che è stata commentata da Unimpresa, che ha indicato la cifra, come la possibile “dimensione di una eventuale joint venture tra Intesa Sanpaolo e Generali nel wealth management, un’ipotesi che circola da giorni nei mercati e che, se concretizzata, cambierebbe radicalmente gli equilibri della finanza italiana ed europea”.
Il Centro studi di Unimpresa ha infatti ricordato che Intesa SanPaolo “dispone oggi di circa 909 miliardi di risparmio amministrato (cui si aggiungono i 397 miliardi di risparmio gestito da Eurizon)” e che Generali, “dal canto suo, gestisce e amministra circa 645 miliardi di masse, frutto della sua doppia anima assicurativa e finanziaria”.
“La somma porterebbe il nuovo polo ai vertici continentali, in linea con i grandi operatori globali come Amundi e Allianz Global Investors ”, ha calcolato il Centro studi di Unimpresa, spiegando che “la logica industriale di un’alleanza risiederebbe in una forte complementarità dei modelli di business: la distribuzione bancaria di Intesa, capillare e radicata sul territorio, incontrerebbe l’expertise assicurativo-finanziaria di Generali, leader nell’asset management multibrand”.
Per quanto riguarda le sinergie, queste potrebbero andare “dalla creazione di prodotti comuni fino a una maggiore penetrazione internazionale, passando per la diversificazione dei ricavi e la digitalizzazione dei servizi”.
Così il Centro Studi:
“Sul piano economico-finanziario, la nascita di un polo da 1.554 miliardi di euro (909 miliardi di risparmio amministrato da Intesa Sanpaolo e 645 miliardi di masse di Generali) rappresenterebbe un salto dimensionale che colloca l’Italia al vertice del risparmio europeo. Per dare un termine di paragone, Amundi – primo asset manager europeo, controllato da Crédit Agricole – gestisce circa 2.100 miliardi di euro di masse, mentre Allianz Global Investors si attesta a quota 1.700 miliardi. Una joint venture Intesa-Generali ridurrebbe quindi il divario con i big continentali, superando nettamente competitor come Deutsche Bank Asset Management o UBS AM (attorno a 1.000-1.200 miliardi)”.
Ancora, hanno fatto notare gli esperti, “dal lato della redditività, il wealth management offre ritorni più stabili rispetto al margine di interesse: le commissioni da risparmio gestito per Intesa hanno generato nel 2024 oltre 2,3 miliardi di euro di ricavi, pari a circa il 25% delle commissioni totali del gruppo. Generali, a sua volta, ha realizzato nel 2024 un risultato operativo dall’asset management di circa 600 milioni di euro, con margini in crescita grazie all’aumento delle masse e alla diversificazione dei fondi ESG”.
Praticamente, quella enorme “ massa critica di 1.500 miliardi consentirebbe di incrementare i ricavi ricorrenti, abbassare i costi unitari di gestione e destinare risorse aggiuntive a innovazione tecnologica e sostenibilità, settori che richiedono investimenti pluriennali di almeno 200-300 milioni l’anno”.
Non sono stati tuttavia ignorati i rischi, considerati “non trascurabili”, in quanto “la sovrapposizione tra Eurizon (397 miliardi di masse gestite) e Generali Investments (oltre 630 miliardi netti) imporrebbe un ridisegno industriale complesso, per evitare duplicazioni e dispersioni di valore ”.
Il commento di Longobardi (Unimpresa): con Intesa-Generali sovranità finanziaria Italia più forte
Così il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, ha commentato la possibile prospettiva di un sodalizio tra Generali e Intesa SanPaolo:
“L’ipotesi di una joint venture tra Intesa Sanpaolo e Generali nel wealth management non riguarda solo l’incontro tra due grandi campioni nazionali, ma tocca un tema cruciale per il nostro Paese: la gestione e la tutela del risparmio degli italiani, che resta uno dei pilastri fondamentali della nostra economia. Un polo da oltre 1.500 miliardi di euro avrebbe la forza di competere alla pari con i colossi internazionali, rafforzando la sovranità finanziaria dell’Italia in un settore strategico come quello del risparmio gestito e amministrato. Tuttavia, è indispensabile che un progetto di questa portata sia valutato con la massima trasparenza, tenendo conto non solo dei ritorni industriali e finanziari, ma anche degli equilibri di mercato e delle garanzie per famiglie e imprese. Concentrare in poche mani masse di questa entità significa assumersi una responsabilità pubblica, che deve essere accompagnata da regole chiare, controlli stringenti e un’attenzione costante all’interesse generale. La crescita dimensionale è una condizione necessaria per affrontare la competizione globale, ma non può trasformarsi in un rischio per la concorrenza e per la libertà di scelta dei risparmiatori. È questa la sfida che la politica e le istituzioni dovranno presidiare con serietà, perché un colosso finanziario italiano, per essere un’opportunità, deve restare sempre al servizio del Paese”.
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