Se Draghi ha ragione, i BTP lunghi sono una trappola

Tommaso Scarpellini

25 Settembre 2025 - 07:52

Draghi parla di futuro, Fitch ci dimostra fiducia e i BTP sembrano più sicuri che mai. O forse no: dietro l’ottimismo si nasconde la trappola più pericolosa.

Se Draghi ha ragione, i BTP lunghi sono una trappola

Fitch avrà anche promosso l’Italia, ma il rischio introdotto da Draghi, quello di un’Europa sempre più irrilevante nello scenario globale, dovrebbe far riflettere. Dove andranno nel lungo termine i BTP, se ciò che si finanzia acquistandoli produrrà sempre meno valore?

L’agenzia Fitch ha recentemente rivisto al rialzo il merito di credito dell’Italia. Una decisione accolta con favore dal governo, ma che sui mercati non ha provocato reazioni eclatanti. Il motivo è semplice: gli investitori avevano già anticipato questa mossa. Lo spread BTP-Bund decennale è infatti sceso fino a circa 82 punti base, il livello più basso dal 2015. Un segnale inequivocabile che la promozione di Fitch era ormai già “prezzata”. In altre parole, chi compra oggi titoli lunghi non lo fa perché l’Italia è stata premiata dalle agenzie, ma perché scommette sul contesto macro-finanziario europeo. E qui si apre il vero problema.

Un BTP a 30 o 50 anni ha una duration superiore a 20. In finanza questo significa che basta una variazione di 50 punti base sui rendimenti per produrre una perdita superiore al 10% sul prezzo di mercato del titolo. Gli investitori istituzionali lo sanno bene: i bond ultra-lunghi offrono rendimento, ma al prezzo di una volatilità da azionario. Chi li compra senza questa consapevolezza rischia di trovarsi incastrato in una “trappola”, con minusvalenze difficili da recuperare.

ETF Amundi Italy BTP Government Bond 10Y – UCITS ETF Acc ETF Amundi Italy BTP Government Bond 10Y – UCITS ETF Acc Grafico a candele dell’ETF Amundi Italy BTP Government Bond 10Y – UCITS ETF Acc. Fonte: baha.com

Le parole di Draghi

Nel suo recente intervento, Mario Draghi ha lanciato un monito che va ben oltre i BTP. L’Europa, ha detto, avrà bisogno di circa 1.200 miliardi di euro l’anno per finanziare la transizione verde, quella digitale e la difesa comune. Una cifra enorme, che non implica meno debito, ma più emissioni. In questo scenario, le aste dei titoli pubblici dovranno assorbire volumi sempre maggiori, con effetti inevitabili sulla curva dei rendimenti.

Ma non è solo questione di numeri. Draghi ha sottolineato come il continente soffra di un grave gap tecnologico: mentre gli Stati Uniti hanno già sviluppato oltre 40 grandi modelli di intelligenza artificiale e la Cina circa 15, l’Europa si ferma a 3. A questo si aggiunge il nodo energetico: l’industria europea paga l’energia fino a 4 volte di più rispetto agli USA.
Questi squilibri sollevano dubbi sulla sostenibilità della crescita e, di conseguenza, sulla stabilità dei rating futuri. Non basta quindi guardare all’upgrade odierno: bisogna chiedersi quali saranno le condizioni per mantenerlo nel tempo.

Tra mercati e realtà

I mercati finanziari hanno memoria corta, ma sono spietati nel proiettare il futuro. Oggi il sentiment sull’Italia è positivo, i rendimenti si sono compressi e lo spread si è ridotto. Ma se l’Europa non colmerà il divario competitivo con Stati Uniti e Cina, la fiducia potrebbe svanire rapidamente.

Un aumento del fabbisogno di debito, unito a una crescita anemica, rischia di trasformare i titoli lunghi in un peso insostenibile per chi li detiene. E non basterà la promozione di un’agenzia di rating a invertire la rotta.

La domanda allora non è solo se convenga comprare BTP trentennali oggi, ma quale Europa stiamo finanziando con i nostri risparmi. Se i leader europei troveranno il coraggio di agire, riducendo il gap tecnologico ed energetico, i BTP lunghi potrebbero premiare chi ha avuto fiducia.
Se invece prevarrà l’inazione denunciata da Draghi, rischiamo di scoprire troppo tardi che quei titoli erano soltanto una trappola.

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