Sessione negativa a Piazza Affari per le azioni delle banche italiane, alle prese con diversi fattori, incluso il recente annuncio della BCE.
L’ottava appena iniziata a Piazza Affari è cruciale per le banche italiane, se si considera la data clou della trimestrale che vedrà protagonista UniCredit, che annuncerà i propri conti dopodomani mercoledì 23 luglio, giorno in cui tra l’altro scade anche l’OPS promossa su Banco BPM.
I conti di Piazza Gae Aulenti, che daranno ufficialmente il via alla stagione delle trimestrali delle banche italiane, faranno indubbiamente da market mover tra i più importanti, questa settimana, della borsa di Milano.
Ma perché oggi le azioni delle banche italiane sono tutte sotto pressione?
Oltre ai titoli UCG (UniCredit) e di BAMI (Banco BPM), vanno giù infatti anche altri pesi massimi del settore bancario italiano quotati sul indice Ftse Mib di Piazza Affari.
Non solo ansia trimestrale UniCredit e verdetto OPS BPM, c’è anche fattore tassi BCE
Il motivo? Oltre all’ansia non solo per il bilancio ma anche per cosa deciderà di fare Andrea Orcel, amministratore delegato di UniCredit, riguardo al dossier dell’OPS promossa su Banco BPM, ci sono diversi fattori che portano oggi gli investitori a prendere le distanze dalle azioni del comparto.
Tra questi, l’arrivo di un altro market mover che influenzerà il trend di tutto l’azionario dell’area euro: il BCE Day.
Stavolta la riunione del Consiglio direttivo della Banca centrale europea durerà due giorni, prendendo il via mercoledì 23 luglio per concludersi il giorno dopo, giovedì 24 luglio quando, come di consueto, il verdetto sui tassi sarà annunciato alle 14.15 ora italiana, prima che la presidente dell’istituzione Christine Lagarde prenda la parola rispondendo in conferenza stampa, a partire dalle 14.45, alle domande dei giornalisti.
Sebbene le attese siano per un nulla di fatto, a seguito dell’ultimo ottavo taglio dei tassi di inizi giugno, gli investitori scommettono su altre sforbiciate entro la fine del 2025 (anche se nulla viene dato per scontato) che, così come quelle già annunciate da Lagarde, inevitabilmente confermerebbero per l’ennesima volta come il grande regalo che la BCE ha fatto alle banche, alzando ripetutamente i tassi negli anni 2022 e 2023 per sconfiggere l’incubo dell’inflazione, sia ormai un ricordo del passato.
Per le banche italiane anche la sfida dazi Trump e del rischio di più NPL
Ma non è solo questa la sfida che le banche di tutta l’area euro sono costrette ad affrontare.
Un altro scoglio da superare porta il nome, infatti, di Donald Trump, esattamente delle conseguenze che i dazi che la sua America ha deciso di imporre all’Europa.
Nelle ultime ore, dopo lo shock dell’annuncio di dazi al 30% contro l’Europa arrivato una settimana fa circa, il segretario al commercio americano Howard Lutnick, stando a quanto riportato da Bloomberg, ha ribadito che il 1° agosto rappresenta una “ scadenza vincolante per i dazi ”.
Nella giornata di ieri sono arrivate indiscrezioni dal Financial Times, secondo cui anche in caso di un accordo con la Commissione europea, l’obiettivo di Trump sarebbe quello di imporre tariffe minime pari al 15-20% sui beni che gli Stati Uniti importano dall’Unione europea: un salasso, che rischia di strozzare la crescita dell’economia dell’UE e dell’area euro, costringendo la BCE a rifare qualche conto e magari ad accogliere le richieste delle colombe, che non vogliono assolutamente che il ciclo dei tagli dei tassi si fermi, neanche nell’ultimo meeting del Consiglio direttivo prima della pausa di agosto.
Sempre l’FT ha indicato come Maros Sefcovic, Commissario europeo per il commercio, si sia mostrato pessimista sulla possibilità che le trattative tra Bruxelles e gli USA arrivino a buon fine, a seguito dei suoi recenti contatti con Washington, avviati per affrontare il dossier dazi.
Una sfiducia che non solo aumenta i timori per il futuro dei fondamentali economici europei ma, per ovvie ragioni, anche se non esportano prodotti, anche per quello delle banche.
Un peggioramento dell’economia dell’Eurozona più significativo di quello calcolato avrebbe infatti conseguenze inevitabilmente negative anche per le banche, che rischierebbero di assistere a un aumento dei crediti deteriorati, ovvero degli NPL (Non Performing Loans).
Quell’avvertimento della BCE per le banche con annuncio nuovi stress test
L’incertezza è tale che è stata la stessa BCE, la scorsa settimana, a lanciare un avvertimento, annunciando per bocca della presidente della Vigilanza bancaria Claudia Buch che “le banche dovrebbero rafforzare la loro capacità di resistere alle minacce macro-finanziarie immediate e ai gravi shock geopolitici ”.
La preoccupazione non si è fermata alle parole, visto che Buch ha reso noto che, a partire dal 2026, l’autorità effettuerà stress test sulle banche dell’Eurozona anche per testare la loro resilienza di fronte a eventi di natura geopolitica.
Così Buch nella sua audizione la scorsa settimana al Parlamento europeo: “Nell’esercizio degli stress test tematici del 2026 daremo seguito agli stress test di quest’anno chiedendo alle banche di valutare quali scenari di rischi geopolitici specifici potrebbero avere un impatto serio sulla loro solvibilità ”.
La numero uno della Vigilanza sulle banche della BCE ha sottolineato la necessità che le banche rafforzino “la loro capacità di far fronte a minacce macro-finanziarie immediate e a shock geopolitici gravi”, ricordando che “i rischi geopolitici non sono nuovi”, ma che si tratta comunque di qualcosa che “condizona tutte le aree tradizionali di rischio e che richiede l’attenzione dei vertici e dei board delle banche”.
Già ora, ha aggiunto, “diverse iniziative di supervisione in atto stanno affrontando la gestione dei rischi geopolitici da parte delle banche” .
Buch ha citato anche l’aumento dei dazi contro i beni europei imposto dagli Stati Uniti con la politica commerciale firmata da Donald Trump.
Motivo per cui, ha ribadito, “stiamo lavorando a stretto contatto con le banche per accertarci che dispongano di sistemi di gestione del rischio interno che diano informazioni sufficienti per riuscire a comprendere le conseguenze dei cambiamenti che avvengono all’interno dei settori e perfino dei cambiamenti che interessano le aziende ”.
Il motivo è semplice, visto che le aziende attive “in un determinato settore potrebbero essere colpite in modo molto diverso dai dazi” e potrebbero, dunque, presentare difficoltà diverse nel restituire i prestiti ricevuti dalle banche.
Ansia con incognita partite risiko e trimestrali
Insomma, le sfide per le banche dell’area euro, e nel caso specifico anche per le banche italiane non mancano.
Riguardo a queste ultime bisogna anche considerare il rischio che non tutte le partite di risiko finiscano per avere successo e che dunque alcune azioni potrebbero finire con lo sgonfiarsi, come sta succedendo d’altronde, nella giornata di oggi, alla preda numero uno di UniCredit, ovvero a Banco BPM, tra le peggiori del Ftse Mib.
Le azioni delle banche sono vendute in Borsa anche in vista della pubblicazione delle trimestrali e del timore che i margini netti di interesse abbiano puntato verso il basso in modo più significativo di quanto stimato, a causa degli otto tagli dei tassi varati dalla BCE a partire dal giugno del 2024.
Detto questo, nel suo outlook di metà anno dedicato alle banche europee, e in particolare nella sezione dedicata alle banche italiane, S&P Global ha manifestato tutta la propria fiducia nel settore. Vero anche che gli allarmi non mancano mai.
S&P Global conferma fiducia nelle banche italiane
Nel caso dell’Italia, l’analista Mirko Sanna ha messo in evidenza quelli che saranno a suo avviso i tre fattori che forgeranno il settore bancario.
- Il consolidamento in atto ridefinirà il settore bancario.
- Le banche si preparano ad affrontare una fase complessa partendo da una posizione di forza.
- Si accentueranno sempre di più le differenze tra i diversi istituti di credito.
Sanna ha sottolineato che, in un contesto in cui S&P Global prevede un ritmo di crescita del PIL dell’Italia pari a +0,8% nel 2026 e dello 0,9% nel 2027, a fronte della persistenza, tuttavia, di “rischi economici globali”, le attese sono, a causa dell’incertezza, di “ un aumento dei crediti problematici nei prossimi due anni, dopo i minimi storici testati nel periodo compreso tra il 2022 e il 2024”.
Si tratterà comunque di un incremento che è stato definito “gestibile”:
“Stimiamo un aumento delle perdite sui crediti a 55-60 punti base rispetto ai 40 punti base del 2023 e del 2024, ancora al di sotto della media di lungo termine”, ha precisato l’esperto.
Insomma, niente di allarmante, a fronte tra l’altro di una capacità di generazione degli utili da parte delle banche italiane che “ dovrebbe rimanere solida ”.
In questo contesto, si può dire che il trend delle azioni delle banche italiane della sessione di oggi si spiega più con la presenza di varie incognite, che con motivi inerenti ai fondamentali del settore, essendo le incognite decisamente tante:
- L’esito delle trattative sui dazi tra l’America di Trump e l’UE di Ursula von der Leyen.
- Le indicazioni che arriveranno dalle trimestrali, con UniCredit che sarà la prima a fare il grande annuncio.
- La fine che faranno le varie OPS lanciate a Piazza Affari, soprattutto nel breve quella di UniCredit su Banco BPM.
Il trend in 5 giorni di UCG, BPM, MPS, Mediobanca, BPER
Detto questo, l’avvertimento della BCE è stato tale da aver azzoppato l’entusiasmo degli operatori di mercato nei confronti delle azioni delle banche in generale e delle banche italiane, negli ultimi cinque giorni di contrattazioni a Piazza Affari.
BPER ha perso infatti in questo arco temporale più del 5%, UniCredit ha limitato i danni a -1,80%, Intesa SanPaolo ha ceduto ancora meno (-0,85%), MPS-Monte dei Paschi di Siena è arretrata dell’1,44% circa, mentre la preda Mediobanca ha resistito con un guadagno pari a +0,55%.
Particolarmente male è andata e sta andando tuttora a Banco BPM, che forse la borsa di Milano già inizia a vedere libera dalle grinfie di UniCredit.
Le azioni di Piazza Meda hanno ceduto infatti nell’arco delle ultime sedute del Ftse Mib una flessione superiore al 4% e oggi sono le peggiori dell’indice benchmark della borsa di Milano.
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