Per tasse e bonus conviene più il matrimonio o la convivenza a livello fiscale

Chiara De Angelis

18 Aprile 2023 - 13:07

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Sposarsi o continuare a vivere sotto lo stesso tetto senza convolare a nozze? Ecco cosa conviene tra matrimonio e convivenza a livello fiscale.

Per tasse e bonus conviene più il matrimonio o la convivenza a livello fiscale

Per le coppie scegliere di unirsi in matrimonio o proseguire una convivenza è un’ardua impresa. Ciascuna scelta ha dei vantaggi e degli svantaggi, non solo afferenti alla vita di coppia. I coniugi hanno sicuramente più diritti, ma allo stesso tempo meno vantaggi fiscali di chi opta per la convivenza.

È pur vero, però, che numero di coppie che decide di sposarsi va via via diminuendo, per molteplici ragioni. Molti preferiscono vivere sotto lo stesso tetto senza convolare a nozze anche nel caso di figli già messi al mondo. Questo perché ai figli nati da una coppia non sposata vengono riconosciuti gli stessi diritti di quelli nati da un matrimonio tradizionale.

Allo stato attuale, dunque, la convenienza del matrimonio o della convivenza va valutata prendendo in considerazione il legame tra i due partner, mentre non ci sono differenze per i figli. Su questo punto la normativa ha fatto diversi passi in avanti equiparando totalmente i figli delle coppie di fatto ai figli di coppie nate in matrimonio.

Da valutare è invece la convenienza tra matrimonio e convivenza a livello fiscale. Tra Bonus, tasse, agevolazioni e detrazioni quale scelta risulta più vantaggiosa? Al riguardo forniamo una piccola anticipazione: anche se risulta difficile da pensare, il Fisco non sorride affatto alle coppie sposate.

Per tasse e bonus conviene più il matrimonio o la convivenza a livello fiscale

Sono le coppie unitesi in matrimonio ad avere la peggio a livello fiscale. Per tasse, bonus e altre agevolazioni, infatti, il Fisco porge una mano a chi decide di intraprendere una convivenza.

Partiamo ad esempio dalle agevolazioni fiscali e dai bonus indirizzati alle famiglie con un ISEE basso, qualora la coppia non sia sposata, ma abbia comunque optato per la convivenza, i redditi dei due partner si cumulano comunque ai fini del calcolo dell’ISEE e di conseguenza lo stesso Indicatore della Situazione Economica Equivalente sarà lo stesso. In questo caso, quindi, nulla cambia per le coppie sposate o conviventi.

La convivenza guadagna un punto in più sul matrimonio anche nell’assegnazione dell’alloggio popolare. Per chi non lo sapesse, in cima alle graduatorie comunali si trovano sempre persone sole con figli a carico. Stesso discorso vale per le scuole dell’infanzia, dove i massimi punteggi vengono attribuiti ai figli di genitori non uniti in matrimonio.

Il matrimonio potrebbe, ancora, non essere conveniente per l’assegno sociale. Quest’ultimo viene riconosciuto a chi ha meno di 67 anni se il reddito personale è inferiore a 6.542,51 euro annui e il reddito della coppia non supera i 13.085,02 euro (valori aggiornati al 2023). Può dunque accadere che l’interessato, con reddito pari a zero, perda il diritto all’assegno sociale in quanto il coniuge ha un reddito superiore a 13.085,02 euro annui.

Quando conviene il matrimonio a livello fiscale

Quanto appena detto non esclude che il matrimonio potrebbe convenire su altri fronti fiscali. Dalla comunione dei beni fra marito e moglie derivano una serie di agevolazioni, così come un vantaggio sulle tasse da pagare per gli immobili di proprietà.

Inoltre, un sostegno economico spetta da parte dell’INPS al coniuge occupato, in caso di coniuge senza lavoro, se rispettate specifiche condizioni, il cui importo va calcolato prendendo in considerazione la tipologia del nucleo familiare, il reddito complessivo familiare e la composizione numerica dello stesso.

Altro vantaggio legato al matrimonio riguarda le spese mediche. Queste possono essere portate in detrazione entro una determinata soglia, anche dall’altro coniuge che non ha sostenuto personalmente le spese, ma solo se ha una capienza fiscale adeguata per farlo.

Il matrimonio vince sulla convivenza a livello fiscale anche per le detrazioni sul mutuo in quanto gli interessi passivi originati dall’acquisto di un immobile cointestato possono essere agevolati dal coniuge che ha la maggiore capienza fiscale, ma non solo.

Sempre rimanendo in ambito detrazioni, il matrimonio è da preferire se o il marito o la moglie risulta titolare di un reddito molto basso, inferiore a 2.840,51 euro. In questa circostanza, difatti, viene riconosciuta una detrazione fiscale per il coniuge a carico, sottratta direttamente dalle imposte e il cui importo può arrivare a toccare gli 800 euro all’anno, tenuto conto del reddito.

La pensione di reversibilità spetta in caso di convivenza?

Spesso e volentieri si fa molta confusione sul quesito. Sono molti a pensare che matrimonio e convivenza siano assimilabili nel trattamento per quel che concerne la pensione di reversibilità.

Ma quest’ultima spetta o non spetta in caso di morte di uno dei due conviventi? La normativa nazionale è abbastanza chiara al riguardo: i conviventi che hanno intenzione di usufruire del trattamento previdenziale in questione potranno farlo solo in caso di unione civile formalizzata.

In ambito successorio, invece, alla morte di uno dei due partner non viene riconosciuto alcun diritto al coniuge superstite in mancanza di testamento.

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