Pensioni di reversibilità, importanti novità per la ex moglie o marito

Simone Micocci

28 Settembre 2025 - 09:30

Ecco come si calcola la pensione di reversibilità che spetta all’ex moglie o all’ex marito secondo la Cassazione.

Pensioni di reversibilità, importanti novità per la ex moglie o marito

La recente pronuncia della Corte di Cassazione sulla pensione di reversibilità è probabilmente una delle più complete in materia, offrendo linee guida interpretative per tutto ciò che riguarda questo trattamento in presenza di un ex coniuge.

Si ricorda infatti che la reversibilità spetta anche dopo il divorzio, a determinate condizioni. Possono così aumentare i beneficiari e rendendo quindi difficile dividere il trattamento in caso di nozze successive.

A tal proposito, l’ordinanza n. 23851/2025 spiega proprio quanto spetta all’ex moglie (nel caso specifico, ma potrebbe ben trattarsi dell’ex marito senza differenze), come deve essere calcolata la quota e da quando. Non solo, gli Ermellini hanno anche chiarito la corretta modalità per pretendere il pagamento della pensione e degli eventuali arretrati da parte dell’ex divorziato.

Vediamo di seguito tutti i punti principali.

Quanto spetta di reversibilità all’ex moglie (o all’ex marito)

Prima di chiarire i criteri di ripartizione della pensione di reversibilità è bene ricordare chi sono i beneficiari di questo trattamento:

  • coniuge, anche se separato e indipendentemente dall’eventuale addebito;
  • ex coniuge divorziato, se percettore di assegno divorzile e non convolato a nuove nozze;
  • unito civilmente;
  • figli minorenni;
  • figli maggiorenni fino a 21 o 26 anni che non lavorano, frequentano regolarmente un corso di studi ed erano a carico del defunto;
  • figli inabili al lavoro che erano a carico del defunto;
  • genitori, nipoti, fratelli e sorelle soltanto in assenza di coniuge e figli.

Ricapitolando, all’ex moglie (o ex marito) la reversibilità spetta soltanto se titolare di assegno di divorzio e non risposato. È inoltre necessario che la data del rapporto assicurativo sia antecedente rispetto allo scioglimento del matrimonio. In pratica, la pensione deve riguardare un rapporto di lavoro in corso prima del divorzio. L’ex coniuge può quindi concorrere per lo stesso beneficio insieme all’eventuale nuova moglie (o marito) del defunto, talvolta anche con più ex divorziati.

La divisione viene effettuata dal giudice basandosi principalmente sulla durata del matrimonio, ma, come chiarito dall’ordinanza n. 23851/2025 della Cassazione, non deve essere l’unico criterio. Il tribunale deve infatti tenere conto:

  • dello stato di bisogno e delle condizioni di reddito delle parti;
  • dell’ammontare dell’assegno divorzile;
  • della durata della convivenza prematrimoniale;
  • la temporalità, in genere avvantaggiando il matrimonio più recente, se indice di un legame affettivo più vivo.

Questi adeguamenti consentono di adattare il criterio della durata matrimoniale alla situazione specifica degli interessati, valorizzando i presupposti di solidarietà alla base della pensione di reversibilità.

All’ex moglie anche gli arretrati

L’ordinanza n. 23851/2025 della Cassazione è fondamentale anche perché ribadisce il diritto dell’ex coniuge a riscuotere gli arretrati. I giudici hanno in particolare rilevato che l’ex moglie in causa aveva diritto al riconoscimento della pensione di reversibilità non a partire dalla sentenza, bensì dalla morte del defunto, proprio come il coniuge superstite.

Di conseguenza, l’ex che ha ottenuto il diritto alla reversibilità con una sentenza può pretendere il pagamento degli arretrati proporzionali alla propria quota per tutto il periodo precedente, che decorre dalla data del decesso. La stessa sentenza chiarisce inoltre come può avvenire questo recupero, spiegando che non ci sono rapporti di alcun genere tra i beneficiari concorrenti, che si interfacciano esclusivamente con l’Inps che paga il trattamento.

Ciò significa che per il pagamento degli arretrati, a seguito della sentenza che riconosce il diritto alla reversibilità, è necessario farne domanda (eventualmente giudiziale) all’Inps stesso, non potendo pretendere nulla dal coniuge superstite.

Quest’ultimo sarà comunque chiamato a restituire le somme in eccedenza percepite indebitamente nel corso del tempo, ma su richiesta dell’Inps stesso. In altre parole, l’istituto previdenziale deve riconoscere gli arretrati all’ex moglie o all’ex marito cui spetta la reversibilità, ma può pretendere il rimborso pro quota dalla nuova moglie o nuovo marito (che prima del riconoscimento ha percepito un trattamento maggiore del dovuto). Il tutto considerando ovviamente i termini di prescrizione.

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