Pensioni più sostenibili, l’annuncio di Meloni sulla riforma che verrà

Simone Micocci

5 Gennaio 2024 - 10:12

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La presidente del Consiglio ha parlato della riforma delle pensioni che verrà, annunciandone la sostenibilità e l’organicità. Due caratteristiche che sembrano riferire a Quota 41 per tutti.

Pensioni più sostenibili, l’annuncio di Meloni sulla riforma che verrà

Sul fronte pensioni il governo Meloni non ha fatto quanto era stato promesso in campagna elettorale: non solo, infatti, la legge Fornero è rimasta dov’è, ma per alcuni versi le regole per il pensionamento nel 2024 sono persino peggiorate rispetto al 2023.

E per quanto le riforme del passato siano state spesso criticate dal centrodestra poiché incapaci di dare al sistema quella flessibilità di cui avrebbe bisogno, c’è un fattore che le accomuna con quanto fatto dall’attuale governo: la mancanza di organicità, in quanto sono state approvate perlopiù misure spot limitate nel tempo che non danno certezza per il futuro.

Basti pensare che sappiamo quali sono le regole per andare in pensione nel 2024 mentre per il 2025, vista la scadenza di Quota 103, Opzione donna e Ape Sociale (rinnovate per un solo anno) e l’incertezza legata a Quota 41 per tutti contributiva che è sempre nei piani dell’Esecutivo, ci sono ancora molti dubbi.

A tal proposito, dei piani futuri sulle pensioni Giorgia Meloni ne ha parlato nel corso della conferenza stampa che si è tenuta lo scorso 4 gennaio, annunciando una nuova riforma su cui starebbe lavorando la ministra del Lavoro Marina Calderone che dovrà assicurare una maggiore sostenibilità ed equilibrio all’attuale sistema.

Riforma pensioni “organica e sostenibile”, cosa significano le parole di Meloni

Per quanto velatamente, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha manifestato il suo malcontento per quanto fatto finora sulle pensioni. E non potrebbe essere altrimenti visto che le aspettative erano ben altre: ricordiamo che si parlava di cancellare la legge Fornero, rimasta al suo posto nel 2024 e persino peggiorata per alcuni aspetti (vedi ad esempio la pensione anticipata contributiva per la quale sale a 3 volte l’assegno sociale la soglia da raggiungere per smettere di lavorare a 64 anni).

Nel 2023 c’era la scusante del poco tempo a disposizione, tant’è che i sindacati vennero lasciati con la promessa di una nuova riforma nel 2024 che tuttavia non c’è stata, o meglio non ha raggiunto quelli che erano gli obiettivi sperati.

Quest’anno, infatti, complici le poche risorse a disposizione per la legge di Bilancio 2024, il governo si è concentrato su altri interventi come la conferma dello sgravio contributivo: il rischio che possa andare così anche nel 2025 c’è, complice il nuovo accordo per il Patto di stabilità che impedirà al governo di effettuare ulteriore deficit per finanziare la manovra.

Tuttavia, nonostante le difficoltà che gli si pongono davanti il governo starebbe già lavorando alla riforma delle pensioni che verrà, un tema che come spiegato da Meloni - che fa mea culpa - “va affrontato in maniera più organica rispetto a quanto fatto finora”.

Nel dettaglio, l’obiettivo è costruire “la sostenibilità del sistema pensionistico con equilibrio”, pensando al “sistema migliore possibile ma uguale per tutti”.

Dichiarazioni che di fatto fissano l’obiettivo da raggiungere: una riforma che metta da parte le misure estemporanee per far spazio a modifiche organiche dell’attuale sistema, il tutto però senza tralasciare quella sostenibilità che ci viene imposta dall’Unione Europea.

Quota 41 contributiva risponde all’identikit della presidente del Consiglio

A tal proposito, c’è una misura che sembra rispondere a entrambe le indicazioni di Giorgia Meloni: Quota 41 per tutti, con la quale sì che ci sarebbe una riforma organica in quanto va a rivedere quanto previsto per l’attuale pensione anticipata, consentendo a ogni lavoratore di andare in pensione indipendentemente dall’età al raggiungimento dei 41 anni di contributi (rispetto ai 42 anni e 10 mesi attuali, uno in meno per le donne).

Tuttavia, Quota 41 per tutti così come la vorrebbero i sindacati, ossia senza penalizzazioni in uscita, non soddisfa il secondo criterio, quello della sostenibilità. Si parla infatti di una misura che da sola costerebbe dai 4 ai 5 miliardi di euro l’anno, una cifra insostenibile specialmente se si considera la tendenza secondo cui nei prossimi anni il rapporto tra lavoratori e pensionati tenderà a 1 ogni 1.

Per questo motivo si fa strada l’ipotesi di Quota 41 per tutti contributiva, da anni nei piani della Lega (che durante il governo Draghi ne depositò anche un disegno di legge), consentendo così a ogni lavoratore - ecco il sistema “uguale per tutti” voluto da Meloni - di andare in pensione in anticipo rispetto a oggi accettando però un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno - ecco la sostenibilità - che ne penalizza l’importo.

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