Pensioni, nuova Ape Sociale 2024: età, contributi e categorie interessate

Simone Micocci

22 Ottobre 2023 - 07:31

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Pensione, anche le donne possono accedere all’Ape Sociale. Come cambiano i requisiti nel 2024 dopo la riforma apportata dall’ultima legge di Bilancio.

Pensioni, nuova Ape Sociale 2024: età, contributi e categorie interessate

Nel 2024 cambiano le regole di accesso all’Ape Sociale, l’anticipo pensionistico che oggi consente ad alcune categorie di persone di uscire dal mercato del lavoro all’età di 63 anni e con 30 anni di contributi (che solo per i cosiddetti lavoratori gravosi sale a 36 anni).

Con l’Ape Sociale in realtà non si va direttamente in pensione: negli anni che separano dal raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia (67 anni) si va infatti a percepire un’indennità sostitutiva della pensione sulla quale ad esempio non spetta la tredicesima.

Nel 2023 all’Ape Sociale si affiancano altre misure di flessibilità, come ad esempio Opzione Donna con la quale le lavoratrici invalide, caregiver e disoccupate (o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa) possono andare in pensione al compimento dei 60 anni di età (requisito che si riduce di 12 mesi per ogni figlio fino a un massimo di 2 anni) e al raggiungimento dei 35 anni di contributi.

La novità della legge di Bilancio è che Opzione Donna non viene confermata: le risorse confluiscono così nel fondo dell’Ape Sociale che per le donne prevederà dei requisiti agevolati.

Quali categorie possono accedere all’Ape Sociale nel 2024

Secondo le prime indiscrezioni, nel 2024 l’Ape Sociale verrà riservata a:

  • disoccupati che nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto possono vantare almeno 18 mesi di lavoro dipendente, oltre ad aver concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione;
  • caregiver che assistono da almeno 6 mesi il coniuge, un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  • invalidi con riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74%;
  • lavoratori dipendenti che hanno svolto per almeno 7 anni negli ultimi 10, o almeno 6 anni negli ultimi 7, una o più delle professioni gravose come indicate nell’allegato 3 della legge n. 234 del 2021.

E fin qui nessuna novità visto che le stesse categorie possono accedere all’Ape Sociale anche nel 2023. La manovra però estende il diritto all’anticipo pensionistico anche alle donne, indipendentemente che facciano parte di una delle categorie sopra indicate.

Requisito anagrafico

Nessun cambiamento per il requisito anagrafico: chi fa parte di una delle suddette categorie può accedere all’Ape Sociale a 63 anni, a patto di aver maturato un certo numero di contributi che varia a seconda della categoria di cui si fa parte.

Requisito contributivo

Come anticipato, oggi per accedere all’Ape Sociale bisogna aver maturato tra i 30 (disoccupati, invalidi e caregiver) e i 36 anni di contributi (gravosi).

Nel 2024 i contributi richiesti dovrebbero essere i seguenti:

  • 36 anni di contributi per uomini disoccupati, invalidi, caregiver oppure occupati in lavori gravosi;
  • 35 anni di contributi per le donne;
  • 30 anni di contributi per le donne disoccupate, invalide, caregiver oppure occupate in lavori gravosi.

Solamente gli uomini, quindi, pagheranno per il peggioramento dei requisiti dell’Ape Sociale, mentre per le donne resta valido il requisito contributivo di 30 anni che sale a 35 anni nel caso di coloro che non rientrano nelle categorie delle più fragili.

Così di fatto il governo conta di compensare l’addio a Opzione Donna, per quanto vi sia un notevole incremento dell’età pensionabile che rispetto al 2022 aumenta di 5 anni passando da 58 a 63 anni. Rispetto a Opzione Donna, però, vi è il vantaggio di non dover subire un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno, con le lavoratrici che perlomeno non dovranno temere alcuna penalizzazione.

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