Pensioni, a poche ore dall’approvazione della legge di Bilancio c’è curiosità sul testo. Una cosa è certa: addio alla pensione a 67 anni dal 2027, salvo che per pochi lavoratori.
Nel documento programmatico di Bilancio, che precede il testo della manovra 2026 sul quale dovrebbe arrivare il via libera del Consiglio dei ministri già questo venerdì, non si parla di pensioni.
E questa non è una buona notizia. Nonostante l’aumento da 15 a 18 miliardi del tesoretto a disposizione per la legge di Bilancio, infatti, il governo non ha intenzione di fare sforzi importanti sul fronte previdenziale tanto che rischiamo di ritrovarci di fronte al pacchetto più povero degli ultimi anni.
Sul fronte pensioni, infatti, il governo sta andando in difesa anziché in attacco, preoccupandosi perlopiù di scongiurare l’addio alla pensione di vecchiaia a 67 anni, scenario che si concretizzerà dall’1 gennaio 2027 se il governo non farà qualcosa per evitarlo. Ricordiamo, infatti, che la legge Fornero prevede che ogni due anni i requisiti per andare in pensione devono essere adeguati al costo della vita: un meccanismo che dopo la pausa dettata dagli anni della pandemia porterà a un nuovo aumento dell’età pensionabile, di 3 mesi per l’esattezza.
Gran parte delle risorse a disposizione per le pensioni verranno quindi utilizzate per bloccare l’aumento, mentre per la restante parte si lavorerà sul materiale che c’è già: tutte le misure di flessibilità che oggi consentono di anticipare l’accesso alla pensione, infatti, saranno confermate.
Addio pensione a 67 anni in legge di Bilancio
La volontà di bloccare tout court l’aumento di 3 mesi dell’età pensionabile si scontra con i vincoli di bilancio, nonché con la volontà del governo di concentrarsi perlopiù sul sostegno ai redditi attraverso una riforma fiscale che dia maggiore respiro alla classe media.
Per questo motivo, per molti il 2027 potrebbe certificare l’addio alla pensione a 67 anni.
Difficilmente, infatti, il governo riuscirà a bloccare per tutti l’incremento di 3 mesi, con la pensione di vecchiaia che potrebbe quindi richiedere 67 anni e 3 mesi di età appunto, mentre per la pensione anticipata si passerebbe a Quota 43, con 43 anni e 1 mese di contributi (un anno in meno per le donne) necessari per smettere di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica.
L’incremento varrebbe anche per le rispettive opzioni contributive: per quella di vecchiaia il requisito anagrafico salirebbe a 71 anni e 3 mesi, mentre per l’anticipata a 64 anni e 3 mesi.
Secondo le ultime indiscrezioni sulla manovra, quindi, gli unici a non dover tener conto dell’aumento saranno i lavoratori più fragili, ossia quelli impiegati in mansioni particolarmente gravose e usuranti.
Quota 97,6, come pure Quota 41, ma anche per tutte le altre opzioni di pensionamento. Possibilità anche che le stesse regole vengano mantenute nei confronti dei disoccupati di lungo periodo, come pure per invalidi e caregiver.
La proroga delle misure di flessibilità
Le uniche alternative alla legge Fornero restano invece quelle attuali, per quanto va detto che con le regole attualmente previste queste misure non rappresentano un canale di accesso al collocamento in quiescenza particolarmente attenzionato dai lavoratori.
Ci riferiamo all’Ape Sociale, a Quota 103 e ad Opzione Donna, tutte misure che dovrebbero trovare conferma nella prossima manovra. Ma nessuno stravolgimento: Quota 103, alla quale nel 2025 hanno avuto accesso pochi lavoratori, paga il ricalcolo interamente contributivo dell’assegno che comporta una penalizzazione della pensione. Un aspetto che resterà anche nel 2026, al pari del bonus per chi invece al raggiungimento dei requisiti per andarci decide di prolungare la sua uscita dal mercato del lavoro.
Lo stesso dicasi di Opzione Donna che da vera alternativa alla legge Fornero è diventata - a causa delle modifiche apportate negli anni dal governo Meloni - una misura per poche. Basti ricordare che oggi non è sufficiente aver compiuto 61 anni di età e aver maturato 35 anni di contributi, in quanto l’accesso a Opzione Donna è riservato a caregiver, lavoratrici con invalidità almeno al 74% e lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il tavolo di confronto deve essere attivo alla data del 1° gennaio 2024 ovvero deve essere stato attivato in data successiva.
Aspetti che se confermati rischiano di tramutare Opzione Donna in una misura di facciata, non capace di essere davvero una valida alternativa alla Fornero come invece è stata per anni.
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