Pensioni, ecco nuovi importi di bonus e aiuti per i redditi bassi

Simone Micocci

15 Settembre 2025 - 10:28

Pensioni, con la rivalutazione si aggiornano, e aumentano, anche i valori dei bonus. Ecco i nuovi importi.

Pensioni, ecco nuovi importi di bonus e aiuti per i redditi bassi

La rivalutazione delle pensioni che, come previsto dalla legge, interverrà a inizio gennaio per adeguare gli importi dei trattamenti previdenziali al costo della vita, comporterà un effetto positivo anche per le misure assistenziali.

Anche bonus e aiuti per i redditi bassi beneficiano infatti della misura con cui si contrasta la svalutazione delle prestazioni con il passare degli anni, un meccanismo che secondo le recenti stime del governo dovrebbe portare a un aumento dell’1,7% per gran parte delle prestazioni, con le sole pensioni il cui importo supera di 4 volte il trattamento minimo che rischiano un incremento “parziale”.

Ma quali sono questi bonus che beneficiano della rivalutazione? Le misure che lo Stato eroga nei confronti di coloro che hanno un reddito basso sono diverse ma non tutte hanno un importo che oscilla in base all’andamento dell’inflazione. In alcuni casi, infatti, queste misure hanno un valore fisso, come ad esempio per la quattordicesima delle pensioni: l’importo non cambia, ma crescono le soglie minime entro cui stare per beneficiarne.

Lo stesso vale per le maggiorazioni sociali che hanno anch’esse un importo fisso, mentre ci sono buone notizie per coloro che beneficiano dell’integrazione al trattamento minimo come pure per i percettori dell’Assegno sociale o delle pensioni di invalidità civile.

Ma attenzione perché paradossalmente c’è un bonus che nel 2026 sarà più basso - perlomeno nei parametri di calcolo - rispetto a quello percepito quest’anno: si tratta della rivalutazione straordinaria, misura che il governo ha introdotto negli scorsi anni per tutelare le pensioni con importo inferiore al minimo per la quale è previsto un taglio laddove non dovesse esserci un intervento ad hoc in legge di Bilancio.

Facciamo chiarezza, quindi, su come la rivalutazione - laddove dovesse essere confermato il tasso dell’1,7% - inciderà su queste prestazioni.

La pensione minima

In Italia non è prevista una pensione minima uguale per tutti, ma esiste un trattamento minimo, cioè una soglia al di sotto della quale l’assegno viene integrato.

Se dall’importo maturato con i contributi risulta una cifra più bassa, l’Inps riconosce quindi un aumento fino al raggiungimento di questo livello. Per ottenerlo servono però due condizioni: il rispetto dei limiti di reddito fissati dalla legge e almeno un contributo versato entro il 31 dicembre 1995, data che segna il confine tra sistema retributivo e contributivo. I cosiddetti “contributivi puri”, cioè chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, non hanno pertanto diritto all’integrazione.

Nel 2025 il trattamento minimo è pari a 603,40 euro al mese, che corrispondono a 7.844,20 euro annui. Chi percepisce una pensione più bassa ma soddisfa i requisiti previsti riceve quindi un’integrazione fino a questa cifra. Ad esempio, un assegno di 400 euro viene aumentato di 203,40 euro così da raggiungere i 603,40 euro mensili.

Per il 2026 si stima una rivalutazione ordinaria dell’1,7%, legata all’andamento dell’inflazione. In questo modo il trattamento minimo dovrebbe salire a circa 613,65 euro al mese, pari a quasi 7.976 euro annui. L’incremento sarebbe quindi di poco più di 10 euro mensili rispetto al 2025.

L’Assegno sociale

Non si può andare in pensione senza aver maturato un certo numero di contributi.

Tuttavia, chi al compimento dell’età minima per la pensione di vecchiaia - oggi 67 anni - si trova in condizioni economiche difficili può accedere all’Assegno sociale, una prestazione assistenziale rivolta a chi non ha redditi sufficienti.

Spesso viene chiamata impropriamente “pensione sociale”, ma a differenza della pensione non si basa sui contributi versati: l’importo è determinato dalla legge e aggiornato ogni anno con la rivalutazione. Nel 2025 l’Assegno sociale è pari a 538,68 euro al mese per 13 mensilità, corrispondenti a 7.002,84 euro annui. Per ottenere l’importo pieno occorre avere un reddito pari a zero, mentre chi possiede altri redditi entro i limiti previsti riceve una cifra ridotta.

Se sarà confermata la rivalutazione dell’1,7% per il 2026, l’Assegno sociale dovrebbe salire a circa 547,83 euro mensili, pari a 7.131,79 euro annui. Cresceranno quindi sia l’importo della prestazione sia i limiti di reddito per averne diritto, allargando leggermente la platea dei beneficiari.

Le pensioni di invalidità civile

Anche le pensioni di invalidità civile sono soggette a rivalutazione: a tal proposito, ecco una prima panoramica dei nuovi importi per il 2026 in caso di aumento dell’1,7%.

Con l’adeguamento, l’importo mensile per invalidi totali e parziali, così come per l’indennità di frequenza, dovrebbe salire da 336 a circa 341,70 euro. Per i ciechi assoluti non ricoverati l’importo salirebbe da 363,37 a circa 369,55 euro, mentre per ciechi parziali con sola indennità speciale da 229,30 a circa 233,19 euro. Aumenterebbero leggermente anche le prestazioni per ipovedenti, sordi e per l’indennità di comunicazione, tutte destinate a crescere di pochi euro.

Si tratterebbe quindi di incrementi contenuti, ma comunque utili a salvaguardare il potere d’acquisto degli assegni e a rendere accessibili le prestazioni a una platea leggermente più ampia di beneficiari.

Incremento al milione

Nel 2001 il governo Berlusconi riuscì nell’arduo compito di portare le pensioni minime a raggiungere la soglia del milione delle vecchie lire. Questa misura è riconosciuta ancora oggi a chi ha compiuto 70 anni di età (con possibilità di anticipo fino a 65 anni in presenza di adeguata contribuzione) e soddisfa determinati requisiti reddituali.

Per gli invalidi civili totali, invece, il requisito anagrafico è molto più basso, fissato a 18 anni in virtù di una sentenza della Corte Costituzionale.

L’importo per i titolari di trattamento previdenziale è fisso: la legge prevede infatti che la pensione venga integrata fino a raggiungere la somma del trattamento minimo maggiorato di 136,44 euro. Poiché nel 2025 il minimo è pari a 603,40 euro, la soglia di riferimento è di 739,83 euro al mese. Di conseguenza, per chi rientra nei requisiti l’incremento mensile è sempre di 136,44 euro.

Diverso il calcolo per i titolari di Assegno sociale e per chi percepisce una pensione di invalidità civile: in questi casi l’integrazione non è fissa, ma viene determinata in modo da far raggiungere all’assegno lo stesso valore di riferimento garantito alle pensioni previdenziali. Nel 2025, dunque, l’Assegno sociale di 538,68 euro beneficia di una maggiorazione di circa 201,15 euro, mentre le pensioni di invalidità civile, ferme a 336 euro, possono contare su un incremento che arriva a circa 403 euro.

Dal 2026, con una rivalutazione stimata all’1,7%, l’importo soglia dell’incremento al milione dovrebbe portare le prestazioni a circa 750,09 euro mensili. Ciò significa che l’Assegno sociale, rivalutato a 547,83 euro, beneficerà di un’integrazione pari a 202,26 euro, mentre le pensioni di invalidità civile, che saliranno a 341,71 euro, avranno diritto a un aumento di 408,38 euro.

La rivalutazione straordinaria

Come anticipato, però, c’è un “bonus” che invece di aumentare si riduce nel 2026, almeno in quello che è il valore percentuale (mentre il valore nominale dovrebbe comunque crescere).

Si tratta della rivalutazione straordinaria, incremento che oggi è pari al 2,2% per le pensioni con importo inferiore al trattamento minimo. Dal prossimo anno, però, la misura scenderà all’1,5%: sarà quindi più bassa in termini percentuali, anche se in termini assoluti l’aumento resterà leggermente superiore.

Ad esempio, su una pensione di 500 euro nel 2025 la rivalutazione straordinaria corrisponde a circa 11 euro (2,2%), portando l’assegno a 511 euro. Nel 2026 quello stesso importo di partenza sarà innanzitutto rivalutato dell’1,7%, salendo così a 508,50 euro. Su questa base si applicherà poi la nuova rivalutazione straordinaria dell’1,5%, pari a circa 7,60 euro, per un assegno complessivo di 516,10 euro.

La differenza reale è minima: il bonus nel 2026 sarà più basso in percentuale, ma porterà comunque a un incremento leggermente superiore in valore assoluto, pari a circa 2 euro in più rispetto al 2025.

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