Pensioni, c’è la data per l’addio alla Fornero

Simone Micocci

23 Febbraio 2024 - 09:34

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L’addio alla legge Fornero è possibile, ma solo quando verrà completato il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo.

Pensioni, c’è la data per l’addio alla Fornero

La legge Fornero che disciplina per larga parte le regole per l’accesso alla pensione in Italia, nonché per il calcolo dell’assegno, è da tempo oggetto di proposte di cancellazione.

D’altronde il sistema introdotto nel 2011 è particolarmente penalizzante, almeno se confrontato a quanto succedeva in precedenza quando si andava in pensione molto prima rispetto a oggi e con un assegno generalmente migliore. Anche mediaticamente la riforma è stata trattata in modo che venisse vista come uno dei momenti peggiori della storia della Repubblica, anziché mettere in risalto le ragioni che hanno portato l’allora governo Monti ad approvarla.

Oggi far leva sulla possibile cancellazione della legge Fornero continua ad avere una forte presa tra l’elettorato; ne sa qualcosa la Lega, che deve gran parte del suo successo alle urne proprio alla promessa di rivedere il sistema pensionistico italiano rendendo l’accesso maggiormente flessibile.

Tuttavia, nonostante le proposte fatte in questi anni e le poche misure approvate (come Quota 100, o la più recente Quota 103), la legge Fornero resta al suo posto e lo sarà anche in futuro, come fatto intendere dallo stesso ministro dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, che nei mesi scorsi ha spiegato che alla luce della situazione demografica in Italia (il numero dei nuovi nati è sempre meno mentre quello dei pensionati è destinato ad aumentare) non ci sono riforme delle pensioni sostenibili.

Eppure sembra esserci una data in cui cancellare la legge Fornero, almeno per la parte che regola l’accesso alla pensione. Tuttavia, come vedremo di seguito, bisognerà avere qualche anno di pazienza.

La legge Fornero oggi non si può cancellare

Quando si parla di riforma Fornero bisognerebbe come prima cosa guardare al momento in cui è stata approvata. Perché è vero che l’allora ministra del Lavoro del governo Monti approvò una riforma “di lacrime e sangue” - come fu subito rinominata - ma lo ha fatto per mettere in sicurezza il sistema previdenziale tanto da assicurare un risparmio complessivo di circa 30 miliardi di euro.

Il rischio era che lo Stato non avrebbe avuto più i soldi per pagare le pensioni. Per identificare quel momento basti guardare allo spread, a inizio anno pari a 173 punti salvo poi arrivare a toccare la pericolosa soglia di 528 punti nel dicembre del 2011.

Serviva una scossa e così è stato, ma a farne le spese è stata perlopiù Elsa Fornero che ancora oggi viene attaccata per aver semplicemente fatto quel che era inevitabile.

Oggi le condizioni sono sicuramente migliori, merito della riforma stessa, ma siamo ancora lontani dal poter dire che il sistema previdenziale italiano è sostenibile. Anzi, in futuro si prevede persino un aumento dei costi e, a causa della minore forza lavoro, una riduzione delle entrate.

Per questo motivo togliere oggi la legge Fornero e consentire il pensionamento molto prima rispetto ai 67 anni di età, o comunque prima di aver raggiunto una contribuzione di 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne), non è possibile.

Quando si potrà cancellare la legge Fornero

Per stessa ammissione della professoressa Fornero, si potrà iniziare a ragionare su un sistema previdenziale maggiormente flessibile solamente dopo che verrà completato il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo.

Per chi va in pensione oggi, infatti, c’è ancora una quota significativa dell’assegno che viene calcolata con le regole, ritenute troppo vantaggiose, del sistema retributivo. Consentire l’accesso anticipato avrebbe così una ripercussione negativa per lo Stato che dovrebbe pagare una pensione comunque alta e per un periodo più lungo.

Quando invece ci sarà il totale passaggio al contributivo, ossia quando chi va in pensione ha contributi maturati solo dopo il 1996, sarà possibile prevedere una maggiore flessibilità. Dovendo rinunciare a una parte di pensione per ogni anno di anticipo, visto un coefficiente di trasformazione del montante contributivo più sfavorevole, sarebbe il pensionato a farsi carico del costo previsto.

I pensionamenti anticipati diventeranno così sostenibili e per questo motivo si potrà ragionare con maggiore tranquillità su un abbassamento dell’età pensionabile. Ma a una condizione: nonostante la riduzione, la pensione percepita deve essere sufficiente per sopravvivere. Bisogna evitare che la persona si trovi nella condizione di poter richiedere sostegni al reddito, diventando un peso per lo Stato.

Quindi, pensioni anticipate sì, ma solo a chi in carriera ha percepito uno stipendio adeguato per assicurarsi una rendita adeguata al costo della vita.

Ma quando arriverà il momento in cui il sistema contributivo verrà utilizzato interamente per il calcolo delle pensione? Se pensiamo che non ci dovranno essere contributi nel retributivo, quindi, prima del 1996, è molto probabile che dovremo aspettare almeno il 2045, ossia quando andranno in pensione i nati nel 1978, appena maggiorenni quando c’è stato il passaggio definitivo al sistema contributivo.

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