Vuoi smettere di lavorare in anticipo? Questi trucchi ti consentono di andare in pensione qualche anno prima.
Andare in pensione prima non è solo il sogno di chi è stanco di lavorare, ma spesso una necessità per chi svolge mestieri faticosi o vuole godersi più tempo libero. Eppure, capire come anticipare l’uscita dal lavoro non è semplice: le norme italiane sono intricate e cambiano spesso, rendendo difficile orientarsi.
Le regole di base restano quelle fissate dalla legge Fornero: servono 67 anni di età e 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia, oppure 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne) per la pensione anticipata. Nel 2025, la legge di Bilancio non ha stravolto il sistema, ma ha introdotto piccole novità, come lo sconto fino a 16 mesi per le lavoratrici madri con almeno quattro figli.
In realtà, esistono diversi “trucchi” e percorsi alternativi per lasciare il lavoro prima, spesso poco conosciuti. Non si tratta solo di riscattare la laurea o il servizio militare, ma anche di combinare strumenti come la Naspi e l’Ape Sociale per smettere di lavorare già a 61 anni, o di sfruttare i contributi figurativi per colmare vuoti contributivi.
Ci sono anche la riunione dei contributi nella Gestione Separata, le deroghe Amato per andare in pensione con 15 anni di contributi, l’isopensione per favorire il ricambio generazionale, la Rita per chi ha un fondo pensione, la Quota 97,6 per lavori usuranti e perfino il Fondo Casalinghe Inps per chi non ha mai lavorato fuori casa.
Insomma, chi vuole andare in pensione prima ha più opzioni di quanto sembri. A tal proposito, nei paragrafi che seguono scoprirai nel dettaglio i principali strumenti, con requisiti, vantaggi e limiti da conoscere per pianificare al meglio il tuo futuro.
Riunione dei contributi in Gestione separata
Questo è un trucco che pochi conoscono, ma che può essere utile per due ragioni:
- consente di andare in pensione con 15 anni di contributi anziché 20, ma solo a 71 anni di età;
- consente di andare in pensione a 64 anni, con 20 anni di contributi e un assegno di pensione pari o superiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale.
La riunione dei contributi nella Gestione separata, infatti, comporta un ricalcolo contributivo della pensione in base al quale si può accedere alle opzioni riservate ai contributivi puri.
Nel dettaglio, tale possibilità è riservata a coloro che soddisfano i seguenti requisiti:
- avere meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
- avere almeno 5 anni di contributi accreditati dopo il 1° gennaio 1996;
- avere almeno 15 anni di contributi complessivi;
- avere almeno 1 mese di contributi accreditato presso la Gestione Separata.
Se si rientra in queste categorie, quindi, si possono riunire gratuitamente tutti i contributi versati nelle gestioni Inps nella sola Gestione separata, con l’assegno di pensione che però verrà calcolato utilizzando il sistema contributivo.
Ciò permette all’interessato di poter accedere all’opzione contributiva della pensione di vecchiaia, utile per coloro che non sono riusciti a maturare i 20 anni di contributi richiesti dalla normativa. Anziché rinunciare alla possibilità di andare in pensione, infatti, questi potrebbero aspettare i 71 anni e andarci comunque, visto che per tale opzione sono sufficienti 5 anni di contributi (ma ricordiamo che per la ricongiunzione nella Gestione Separata ne servono almeno 15).
E ancora, vi è l’opzione contributiva della pensione anticipata che a parità di contributi - 20 anni - consente di smettere di lavorare con 3 anni di anticipo rispetto a quanto previsto dalla pensione di vecchiaia. A patto, però, di avere un assegno d’importo pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale.
Le tre deroghe Amato
La legge Amato consente tre deroghe grazie alle quali si può andare in pensione a 67 anni con 15 anni di contributi anziché 20.
Nel dettaglio, questo “trucco” è possibile laddove i 15 anni di contributi siano stati tutti versati entro il 31 dicembre 1992, ipotesi che a oggi è altamente improbabile.
Diverso il caso di chi entro la suddetta data ha richiesto e ottenuto il diritto al versamento volontario dei contributi. Indipendentemente dal fatto che tali contributi siano stati concretamente versati, infatti, anche questi possono andare in pensione con soli 15 anni di contributi.
E ancora, possono andare in pensione con 15 anni di contributi coloro che hanno almeno un contributo settimanale versato entro il 31 dicembre 1995 e almeno 10 anni devono essere lavorati per periodi inferiori alle 52 settimane.
Richiedere il versamento dei contributi figurativi
A chi invece manca qualche anno di contributi per poter andare in pensione, pensiamo ad esempio a chi ne ha solo 40 anni e per questo è ancora distante dal soddisfare il requisito richiesto dalla pensione anticipata, suggeriamo di guardare alla possibilità offerta dai contributi figurativi.
Nel dettaglio, si tratta di quei contributi che vengono accreditati gratuitamente dall’Inps per alcuni periodi di sospensione, riduzione o interruzione dell’attività lavorativa e che sono validi ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione.
Tuttavia, solamente in alcuni casi i contributi figurativi vengono accreditati in automatico dall’Inps, mentre nella maggior parte è l’interessato a doverne fare esplicita richiesta.
Ad esempio, come spiegato dall’Inps, nelle Gestioni pensionistiche dei lavoratori privati si possono accreditare a domanda i seguenti periodi:
- servizio militare obbligatorio;
- servizio militare volontario;
- servizio civile;
- riposi giornalieri;
- maternità al di fuori di un rapporto di lavoro;
- congedo parentale durante il rapporto di lavoro;
- malattia del bambino;
- malattia e infortunio;
- aspettativa per cariche sindacali;
- aspettativa per cariche elettive;
- assenza dal lavoro per donazione sangue.
Quindi, potrebbe essere sufficiente farsi riconoscere i contributi figurativi per i suddetti periodi, laddove presenti nel corso della propria carriera, per raggiungere il requisito contributivo minimo per accedere alla pensione anticipata.
Iscrizione a un fondo di pensione complementare e la RITA
Per gli iscritti a un fondo di pensione complementare, purché da almeno 5 anni, vi è la possibilità di anticipare di diversi anni l’uscita dal mercato del lavoro, percependo nel contempo la RITA, ossia la rendita integrativa temporanea anticipata che altro non è che l’erogazione frazionata, di tutto o una parte, del montante accumulato nel suddetto fondo.
Con la RITA si può anticipare l’uscita dal lavoro di:
- 5 anni, a patto di aver maturato almeno 20 anni di contributi;
- 10 anni, nel caso dei disoccupati di lunga durata (24 mesi), purché con 20 anni di contributi.
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Isopensione: uscita fino a 7 anni prima
Un’altra strada interessante è rappresentata dall’isopensione (o “accordo di esodo”), una misura che consente a dipendenti di aziende con almeno 15 lavoratori di andare in pensione fino a 7 anni prima rispetto ai requisiti standard, purché l’accordo con i sindacati e con l’Inps sia perfezionato entro il 31 dicembre 2026.
Con l’isopensione, il datore di lavoro versa all’Inps un assegno sostitutivo pari al trattamento pensionistico spettante e continua a coprire i contributi figurativi del lavoratore fino al raggiungimento della pensione. Questo crea una sorte di “ponte economico” che garantisce un’uscita anticipata senza perdere contributi o potere d’acquisto.
È importante sottolineare che dopo il 2026 il margine massimo tornerà a 4 anni, quindi aderire entro il termine stabilito può fare una grande differenza per chi sta valutando l’uscita anticipata.
Pensione per le casalinghe con il Fondo Inps
Anche le casalinghe possono costruirsi una strada verso la pensione, sfruttando l’apposito Fondo di previdenza istituito dall’Inps dal 1° gennaio 1997 e destinato a chi svolge lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari. Pur non avendo un lavoro retribuito, infatti, è possibile versare contributi volontari per proprio conto, così da garantirsi, con il tempo, il diritto a una pensione.
Grazie a questo strumento, una casalinga può andare in pensione già a 57 anni, a condizione di avere almeno 5 anni di contributi e che l’assegno maturato superi l’importo dell’assegno sociale maggiorato del 20%. In alternativa, anche senza rispettare questo limite di importo, si può accedere comunque alla pensione al compimento dei 65 anni. Tuttavia, va detto che gli importi erogati attraverso il Fondo Casalinghe sono spesso molto bassi, soprattutto per chi versa contributi minimi, poiché il calcolo avviene interamente con il sistema contributivo e senza diritto al trattamento minimo.
Quota 97,6 per lavori usuranti
Un’altra possibilità per lasciare il lavoro in anticipo è rappresentata dalla cosiddetta Quota 97,6, una misura che consente a determinati lavoratori di andare in pensione già a 61 anni e 7 mesi, purché siano rispettati requisiti particolari. Si tratta di un’opzione riservata a chi ha svolto per gran parte della carriera lavori usuranti, come quelli in galleria, cava o miniera, ad alte temperature, in spazi ristretti o legati alla lavorazione del vetro cavo, ma anche a chi ha effettuato lavoro notturno in modo continuativo o agli addetti alla linea di catena e ai conducenti di mezzi adibiti al trasporto pubblico con almeno nove posti.
Per accedere a questa forma di pensionamento anticipato, è necessario che la somma tra età anagrafica e anni di contributi raggiunga almeno 97,6, fermo restando un requisito minimo di 35 anni di contributi. Inoltre, è previsto che i lavoratori subordinati possano lasciare il lavoro a 61 anni e 7 mesi, mentre per gli autonomi occorre attendere un anno in più.
È importante sapere che l’accesso a Quota 97,6 non è automatico: bisogna presentare all’Inps una domanda di riconoscimento dei requisiti, preferibilmente entro il 1° maggio dell’anno precedente a quello in cui si intende andare in pensione. Se si oltrepassa questa scadenza, si subisce un ritardo nel pagamento dell’assegno, che può variare da 1 a 3 mesi a seconda di quanto si è in ritardo nella presentazione della domanda.
Combinazione Naspi e Ape Sociale per uscire già a 61 anni
Un trucco poco conosciuto, ma potenzialmente molto efficace per anticipare l’uscita dal mondo del lavoro, è quello di combinare la Naspi con l’Ape Sociale, riuscendo così a smettere di lavorare già a 61 anni. Si tratta di una strategia che richiede il consenso dell’azienda, poiché il primo passo fondamentale è il licenziamento: non basta dimettersi, perché l’accesso all’indennità di disoccupazione è vincolato alla perdita involontaria del lavoro.
Una volta ottenuto il licenziamento, il lavoratore può percepire la Naspi, la quale può durare fino a 2 anni. L’importo dell’indennità parte dal 75% della retribuzione media, fino a un massimo di circa 1.550 euro lordi, ma si riduce progressivamente dopo i primi sette mesi, arrivando anche sotto i mille euro verso la fine del periodo.
Terminata la Naspi, bisogna attendere tre mesi prima di poter fare domanda per l’Ape Sociale, che garantisce un’indennità fino a 1.500 euro mensili per dodici mensilità, accompagnando il lavoratore fino al compimento dei 67 anni, quando scatterà la pensione di vecchiaia.
Combinazione Naspi e Quota 41 per anticipare la pensione
Un’altra strategia interessante per anticipare l’uscita dal lavoro si basa sulla combinazione tra la Naspi e Quota 41, una misura che permette di andare in pensione con soli 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica, e che consente quindi di “scavalcare” i più rigidi requisiti previsti dalla legge Fornero.
Quota 41 è però riservata a determinate categorie protette, le stesse previste per l’Ape Sociale, come disoccupati, caregiver, invalidi o addetti a lavori gravosi, motivo per cui anche in questo caso il licenziamento rappresenta il primo passo necessario per poter accedere all’indennità di disoccupazione. Durante il periodo coperto dalla Naspi, continua a essere riconosciuta la contribuzione figurativa, un vantaggio determinante per chi intende raggiungere in breve tempo la soglia dei 41 anni di contributi.
Per chi ha già maturato 39 anni di versamenti, avviare la procedura di licenziamento può essere la mossa giusta, poiché nei due anni successivi, coperti dalla Naspi, si possono accumulare i contributi mancanti e perfezionare il diritto a Quota 41. Attenzione, però, perché per accedere a questa opzione è indispensabile che almeno un contributo settimanale risulti versato entro il 31 dicembre 1995, requisito senza il quale non è possibile sfruttare questa corsia preferenziale verso la pensione anticipata.
Sconto per le donne con 4 o più figli
Una novità interessante introdotta dalla legge di Bilancio 2025 riguarda le lavoratrici madri con almeno 4 figli.
Grazie alla modifica normativa, lo sconto di 4 mesi per figlio sul requisito anagrafico, già previsto dall’articolo 1, comma 40, della legge Dini, viene infatti innalzato da un massimo di 12 mesi a un massimo di 16 mesi.
Ciò significa che una donna con 4 figli potrà accedere alla pensione di vecchiaia, ad esempio, già a 65 anni e 8 mesi invece che a 67.
Lo stesso sconto si applica alle altre opzioni pensionistiche legate all’età, come la pensione di vecchiaia contributiva (71 anni) o la pensione anticipata contributiva (64 anni), rendendo possibile per le lavoratrici madri un anticipo ancora più consistente. Resta invariata l’alternativa per chi sceglie invece il ricalcolo contributivo con l’applicazione di coefficienti di trasformazione più favorevoli.
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