Pensioni, beffa Quota 100: perché salverà la legge Fornero invece di cancellarla

Simone Micocci

24 Aprile 2023 - 10:39

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Quota 100 avrebbe dovuto cancellare la legge Fornero: alla fine avrà l’effetto opposto, “salvandola” anche per i prossimi anni.

Pensioni, beffa Quota 100: perché salverà la legge Fornero invece di cancellarla

Quota 100, introdotta nel 2019 dal governo Conte su spinta della Lega, rischia di aver compromesso qualsiasi intenzione futura di riforma delle pensioni. L’intenzione era di utilizzare Quota 100 per superare la Fornero; il rischio è che invece sarà proprio questa a impedire la nuova riforma.

Basti leggere quanto scritto nel Documento di economia e finanza per rendersi conto del peso che Quota 100, a oltre un anno dalla scadenza, ha sui conti pubblici. Un peso che aggrava ancor di più la spesa pensionistica, lasciando al governo Meloni - e probabilmente anche ai successori - poco margine per rivedere le regole per il pensionamento.

Quota 100 che tra l’altro ha deluso le aspettative, consentendo il pensionamento anticipato a un numero limitato di lavoratori, perlopiù uomini e provenienti dalla pubblica amministrazione: adesso, quando la speranza era di arrivare a una Quota 41 per tutti (che tuttavia rischia di interessare la stessa platea), ecco che il fallimento di Quota 100 si ripropone tra le righe del Def, dove a chiare lettere viene messo in risalto il risparmio generato dalla riforma Fornero mentre vengono indicati i costi di cui, ancora, lo Stato deve farsi carico per aver consentito al pensionamento di coloro che tra il 2019 e il 2021 raggiunsero i 38 anni di contributi e i 62 anni di età.

Quanto sta costando ancora Quota 100

Secondo il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, non si può perdere tempo nel superare la legge Fornero attraverso l’estensione di Quota 41. Tuttavia, probabilmente dovrà rivedere le sue promesse, visto che - come tra l’altro confermato dal ministro al Lavoro Marina Calderone - le risorse per la riforma delle pensioni sono meno di quanto si sperava.

E la colpa è anche di Quota 100. Nel Documento di economia e finanzia, infatti, viene evidenziato che tra il 2019 e il 2021 il numero di coloro che sono andati in pensione ha superato persino i livelli registrati pre riforma Fornero. E le conseguenze di quel periodo si registrano ancora oggi: basti pensare che nel 2023 la spesa pensionistica ha registrato un’ulteriore crescita del 7,1%, a fronte di una crescita di 20,9 miliardi, mentre per il triennio 2024-2026 la crescita media sarà del 4,4%. Il tutto per un totale di quasi 65 miliardi di euro.

Non che la colpa sia tutta di Quota 100: anche l’inflazione, con conseguente indicizzazione degli assegni, ha comportato un innalzamento dei costi, impedendo al governo di mantenere - almeno per il momento - le promesse elettorali.

Ma la “zavorra” di Quota 100 non si può negare, anche perché ha fallito su uno dei punti su cui Matteo Salvini puntava alla vigilia della sua introduzione: il ricambio generazionale favorito dall’uscita anticipata dei lavoratori. Come anticipato, però, Quota 100 ha interessato perlopiù i lavoratori del pubblico impiego e ciò, considerando i ritardi registrati nelle assunzioni pubbliche, ha limitato il raggiungimento di tale obiettivo. Tant’è che, si legge nel Def, “favorendo una più rapida uscita dal mercato del lavoro, Quota 100 ha comportato un aumento del numero di pensioni in rapporto al numero di occupati”.

Cosa può succedere adesso?

Lo abbiamo sottolineato a più riprese: la legge Fornero non può essere superata, come tra l’altro confermato anche dal presidente Inps Pasquale Tridico. Qualsiasi riforma futura non potrà prescindere dal calcolo contributivo dell’assegno e alla luce dell’attuale situazione appare persino difficile pensare a forme di flessibilità generalizzate, come appunto sarebbe la nuova Quota 41, piuttosto che a misure riservate a quei lavoratori che meritano una maggior tutela (si pensi a donne o gravose).

Per quanto riguarda l’immediato futuro, l’ipotesi più probabile è quella che risponde al nome di Quota 103, misura introdotta per il solo 2023 che permette il pensionamento con 62 anni di età e 41 anni di contributi. A tal proposito, nel Def si parla di Quota 103 e Quota 102 (in vigore nel solo 2022) riconoscendo che tali forme di flessibilità “hanno avuto una ricaduta molto più contenuta sulla crescita della spesa pensionistica”. Quota 103, d’altronde, interesserà una platea di appena 40 mila lavoratori, a fronte di un costo di 572 milioni di euro. Ecco perché, vista la difficoltà di un superamento immediato (e futuro?) della Fornero, sono in ascesa le quotazioni per una proroga di Quota 103 anche nel prossimo anno.

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