Pensione di reversibilità, spetta all’ex moglie (o all’ex marito)?

Ilena D’Errico

01/07/2023

01/07/2023 - 19:52

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La pensione di reversibilità spetta anche all’ex moglie o all’ex marito. Ecco secondo quali requisiti e come viene ripartita con il coniuge superstite.

Pensione di reversibilità, spetta all’ex moglie (o all’ex marito)?

La pensione di reversibilità è una prestazione previdenziale che spetta ai cosiddetti familiari superstiti del pensionato deceduto. Tra i familiari superstiti, oltre ai figli in determinate circostanze, è sempre compreso anche il coniuge. Ci si chiede quindi quali conseguenze hanno la separazione o il divorzio sul diritto alla reversibilità. Da un lato vi è lo scioglimento del vincolo coniugale, ma dall’altro ci sono dei contributi maturati proprio durante il matrimonio. Vediamo quindi cosa succede e se la pensione di reversibilità spetta all’ex moglie o all’ex marito.

La pensione di reversibilità spetta all’ex moglie o ex marito?

La pensione di reversibilità è riconosciuta ai coniugi e alle parti delle unioni civili, indipendentemente dalla durata del vincolo ma purché il trattamento pensionistico del defunto fosse già iniziato. Altrimenti, si dovrebbe considerare la pensione indiretta, con i suoi relativi requisiti.

In ogni caso, anche se lo scioglimento del vincolo coniugale che avviene con il divorzio interrompe la maggior parte dei doveri e diritti reciproci sui coniugi, non esclude automaticamente il diritto alla reversibilità dell’ex. In particolare, l’ex moglie o ex marito (così come ex unito civilmente) ha diritto alla pensione di reversibilità se:

  • Era titolare dell’assegno di divorzio;
  • non ha contratto nuove nozze;
  • l’inizio del rapporto di lavoro relativo al trattamento pensionistico percepito dal defunto è anteriore alla data del divorzio.

Questo significa che l’ex coniuge divorziato ha comunque diritto alla pensione di reversibilità, pur non avendo diritti ereditari, e peraltro con le medesime prerogative del coniuge ancora sposato. Così come il diritto alla reversibilità è riconosciuto all’ex coniuge, tanto più anche il coniuge separato conserva questo diritto.

Nel dettaglio, il diritto alla pensione di reversibilità è del tutto immutato in seguito alla separazione, non essendo nemmeno sottoposto a determinate condizioni, come invece accade per i divorziati. Di fatto il coniuge separato percepisce la pensione di reversibilità anche quando gli è stata addebitata la separazione.

Rimane, tuttavia, opportuno fare delle specificazioni per quanto riguarda il divorzio. Il primo requisito, ossia la titolarità di un assegno divorzile, non è rispettato dall’ex coniuge che ha percepito l’assegno divorzile una tantum. Come da consolidata giurisprudenza, infatti, la concessione della reversibilità al percettore di assegno divorzile è rivolta a soddisfare l’obbligo di solidarietà. Soltanto l’ex coniuge che percepiva l’assegno periodico può quindi ricevere la reversibilità, perché in caso contrario si presuppone che tutti gli obblighi del defunto siano stati soddisfatti.

Riguardo alle nuove nozze, invece, si ricorda che questo paletto è posto soltanto per quanto riguarda il beneficiario. Quest’ultimo, infatti, perde il diritto alla reversibilità se si sposa. Quando, invece, è il pensionato divorziato a contrarre nuove nozze non c’è un’esclusione del coniuge precedente dal diritto alla reversibilità, quanto piuttosto un’inclusione del neosposo.

Come si divide la pensione di reversibilità se il defunto si era risposato

Ciò che rileva riguardo alla pensione di reversibilità quando il defunto aveva contratto un nuovo matrimonio è la ripartizione della prestazione fra la vedova e l’ex moglie (o vedovo ed ex marito che sia). È comunque innegabile il diritto di entrambi i soggetti a percepire la pensione, purché l’ex coniuge soddisfi i requisiti.

Non è però automatica la ripartizione della pensione fra i due, in quanto non necessariamente entrambi hanno in diritto la stessa percentuale. La divisione della pensione di reversibilità fra il coniuge e l’ex è stabilita, sempre per quote, tenendo conto dei seguenti criteri:

  • La durata del matrimonio, che altrimenti non sarebbe rilevante;
  • la durata delle convivenze prematrimoniali, con evidenza sulla funzione di sostegno economico fornita dal defunto;
  • le condizioni economiche dei beneficiari;
  • l’entità dell’assegno divorzile.

Con l’analisi di questi elementi il giudice può suddividere l’entità del trattamento, ovviamente tenendo conto delle particolari circostanze del caso. Si ricorda, infine, che l’ex coniuge ha diritto all’intera quota di reversibilità (spettante ai coniugi) quando il vedovo si risposa.

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