Fratelli d’Italia ha presentato due emendamenti al decreto Milleproroghe, in fase di conversione in legge, per far restare in servizio i medici fino a 72 anni d’età, coprendo le carenze in ospedale.
In pensione su base volontaria a 72 anni per coprire le carenze di personale negli ospedali. Lo prevedono, per i medici, due emendamenti al decreto Milleproroghe, in fase di conversione in legge in Parlamento, presentati da Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni vuole rispondere così alla mancanza di sanitari e chirurghi.
Gli emendamenti, presentati al Senato, prevedono che i medici possano restare in servizio fino al 31 dicembre 2026, in deroga ai limiti delle attuali norme per l’uscita dal lavoro. Non è la prima volta che se ne parla: anche in fase di definizione della legge di Bilancio la maggioranza aveva pensato a un provvedimento simile, ma poi l’emendamento era saltato.
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Tuttavia, secondo i sindacati di categoria, la misura rischia di essere inefficace e di “favorire soltanto alcune lobby”. Insomma, potrebbe non coprire del tutto le carenze e risultare poco equa.
In pensione a 72 anni, cosa dicono gli emendamenti al Milleproroghe
Gli emendamenti prevedono quindi che l’età pensionabile massima per medici e chirurghi possa essere di 72 anni. Riguarda: il personale medico del Servizio sanitario nazionale, dipendente o convenzionato e i docenti universitari in medicina e chirurgia.
Accanto a questo c’è la proposta di estendere la proroga dei contratti al personale assunto durante le prime ondate pandemiche per tutto quest’anno, “inclusi gli specializzandi iscritti all’ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, reclutati durante l’emergenza Covid”.
L’obiettivo, come detto, è far fronte alla carenza di personale, consentendo contemporaneamente l’aumento dei laureati in medicina con le varie specializzazioni, per garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e accorciare le liste d’attesa.
La protesta dell’Ordine dei medici
Secondo Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici), “se l’intento di questa norma nel Milleproroghe è quello di colmare la carenza di personale, è una misura inefficace. La soluzione vera è quella di rendere attrattivo il sistema”.
Per Anelli, però, “se l’obiettivo è quello di dare una boccata d’ossigeno al sistema, nell’attesa che, tra tre o quattro anni, arrivino i nuovi specialisti e medici di medicina generale che si sono formati grazie all’aumento delle borse, la misura può avere un senso”.
Secondo il presidente della federazione, quindi, “meglio un medico ultrasettantenne, ma abilitato e con esperienza, di un medico extracomunitario assunto senza certezza dei suoi titoli, della conoscenza della lingua italiana e non iscritto ai nostri ordini, o di un altro professionista messo a fare il lavoro del medico”. Sarebbe quindi una sorta di “male minore”, che però non risolve l’emergenza del Servizio sanitario nazionale.
Carenza di medici, risposta nel Pnrr?
Il provvedimento è invece bocciato si tutta la linea dal segretario nazionale Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, secondo cui favorisce solo “determinate lobby”, mentre “i cittadini a rendersi conto che non possono essere curati da medici che hanno già dato al sistema e che hanno quindi il diritto di poter andare in pensione”.
Secondo Pina Onotri, segretaria generale Smi (Sindacato medici italiani), sarebbe quindi una misura tampone che aiuta solo alcuni medici, che sarebbero favoriti dal restare al lavoro, penalizzandone però la maggior parte, senza affrontare i “veri nodi” del Ssn, che sarebbero “carichi di lavoro insopportabili e le retribuzioni in caduta libera”.
Onotri propone quindi di destinare le risorse per la sanità previste dal Pnrr anche per i contratti in rinnovo della medicina generale e di quella ospedaliera. “Il Piano, in ambito sanitario – spiega – non si deve rivelare una gigantesca operazione di edilizia sanitaria, ma deve puntare sulla qualificazione del lavoro di tutti medici”.
Per applicare questa proposta, però, il Pnrr andrebbe modificato e su questo fronte c’è una difficile trattativa in corso tra il governo Meloni e la commissione europea.
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