La riforma delle pensioni torna sul tavolo del Governo e il primo punto a finire nel mirino sono le uscite anticipate dal lavoro.
Dopo l’incontro con le parti sociali lo scorso 30 giugno, il Governo si appresta a prendere in mano il fascicolo della riforma previdenziale. "Si lavorerà sul rafforzamento del sistema previdenziale, con particolare riguardo alle pensioni future" - ha ribadito la premier Giorgia Meloni. Quindi particolare attenzione soprattutto alle generazioni future che rischiano di vedere la pensione ad un’età sempre più lontana. Il problema che dovrà affrontare il Governo è la spesa previdenziale che nonostante il freno messo con quota 102 e poi 103, cresce ancora ad un ritmo del 7% l’anno.
Le prime a finire nel mirino di una riforma sono le pensioni anticipate avviate con il sistema Quota 100 che ha permesso l’uscita dal lavoro di tantissimi lavoratori ma ha anche contribuito ad accrescere la spesa previdenziale. Grazie ad essa e a Quota 102 e 103 poi la soglia di pensionamento anticipato si è abbassata arrivando a fine 2022 a 61,2 anni quando l’anno precedente era a 61,4.
A fotografare questa situazione è stata la Corte dei conti nel rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, in cui si fa notare che per i soli lavoratori dipendenti privati l’età media alla decorrenza dei trattamenti di anzianità o comunque anticipati nel 2022 era di 61,2 anni contro i 61,4 anni del 2021. La tenuta del sistema va garantita e questo è il punto principale su cui si sofferma l’esecutivo. Ecco cosa potrebbe cambiare con la nuova riforma.
Nel mirino del Governo Quota 103
A giugno i tavoli tecnici tra Governo e sindacati ripartiranno per cercare di arrivare ad una soluzione sulla riforma delle pensioni. L’esecutivo si avvarrà anche delle indicazioni dell’Osservatorio sull’andamento della spesa previdenziale che è stato istituito dal ministero del Lavoro.
Il primo tavolo di discussione interesserà proprio gli anticipi pensionistici, in particolare Quota 103 che prevede l’uscita dal lavoro con 62 anni d’età e 41 di contributi. La misura scadrà il prossimo 31 dicembre e sul tavolo ci sono due soluzioni: il rinnovo per altri 12 mesi magari in una versione leggermente rivista o ricorrere ad una nuova misura ponte magari da studiare proprio nel corso di queste riunioni tecniche con tutte le parti. La riforma pensionistica difficilmente può vedere la luce già nel 2024, per questo c’è bisogno di una misura tampone.
Le altre due forme di flessibilità in uscita dal lavoro sono Opzione Donna e l’Ape sociale. Nel primo caso la manovra di quest’anno ha messo una stretta sui requisiti ma l’intenzione del Governo sarebbe quella di togliere questi paletti per tornare solo su età anagrafica e anni di contributi versati.
L’Ape sociale invece viene rinnovata così com’è da qualche anno e permette di andare in pensione a 63 anni e 30 o 36 anni di contributi ai lavoratori appartenenti a una delle quattro categorie ammesse: caregiver, riduzione capacità lavorativa pari almeno al 74%, disoccupati involontari che abbiano terminato di percepire il sussidio, addetti a mansioni gravose.
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