Chi eleggerà il presidente della Repubblica? Quale maggioranza si formerà per votare il successore di Sergio Mattarella? Vediamo tutti i numeri tra parlamentari e delegati regionali.
Chi eleggerà il presidente della Repubblica? Quali sono gli equilibri e i numeri in gioco e quali maggioranze riusciranno a scegliere il nuovo capo dello Stato? La partita è aperta: dalle ore 15 di lunedì 24 gennaio si vota. Deputati, senatori e delegati regionali iniziano a esprimere le preferenze per il successore di Sergio Mattarella al Quirinale.
In sospeso non c’è solo il nome del prossimo capo dello Stato, ma ancora poco è chiaro su quale sarà la maggioranza che ha i numeri per eleggerlo. Di che cifre parliamo? Su quanti voti può contare ogni singolo partito/gruppo parlamentare contando anche i delegati regionali?
E quali sono le maggioranze che si potrebbero formare per trovare un’intesa e scegliere il successore di Sergio Mattarella al Colle? Vediamo tutte le combinazioni possibili partendo dai numeri delle forze politiche e dai voti necessari per eleggere l’inquilino del Quirinale.
Quanti voti servono per eleggere il presidente della Repubblica
Alla votazione partecipano 1009 elettori tra parlamentari e delegati regionali. Nello specifico parliamo di 629 deputati e 320 senatori a cui si aggiungono 58 delegati regionali (più i due presidenti d’Aula). Ogni Regione conta su due esponenti di maggioranza e uno di opposizione, tranne la Valle d’Aosta che ha un solo delegato.
Ricordiamo che non votano i presidenti di Camera e Senato. Ai primi tre scrutini è necessario raggiungere la maggioranza dei due terzi, quindi 673 voti. Dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta, fissata a quota 505.
Quanti elettori ha ogni forza politica
In Parlamento il partito più rappresentato resta il Movimento 5 Stelle, pur avendo solo 233 rappresentanti rispetto ai 338 eletti a inizio legislatura. Ma quali sono i numeri di tutte le forze in campo? Vediamoli.
Il centrodestra può contare su 450 elettori: 196 della Lega, 127 di Forza Italia, 58 di Fratelli d’Italia, 31 di Coraggio Italia-Cambiamo-Idea e 5 di Noi con l’Italia. Più i 33 delegati regionali per un totale, come detto, di 450 elettori.
Il centrosinistra può contare su un totale di 420 voti escludendo Italia Viva. Se si aggiungessero i renziani - che hanno 43 elettori - raggiungerebbe quota 463. Il gruppo più numeroso in questa coalizione resta quello del Movimento 5 Stelle (233 voti), seguito da Pd (133), Leu (18), Centro Democratico (6) e Azione-+Europa (5). I delegati regionali sono 25 e inoltre c’è anche un iscritto al gruppo delle Autonomie che è stato eletto con il Pd.
Le Autonomie contano 4 deputati e 5 senatori, tra cui Pier Ferdinando Casini, ma anche i senatori a vita Elena Cattaneo e Giorgio Napolitano. Gli altri senatori a vita sono Mario Monti, Liliana Segre, Renzo Piano e Carlo Rubbia.
L’ultimo gruppo è quello in realtà più complesso ed eterogeneo, il Misto. Difficile pensare che questo gruppo nel suo insieme possa essere decisivo, non avendo un’appartenenza univoca. Ma le varie anime del Misto potrebbero giocare un ruolo importante.
Nel gruppo Misto si contano 19 elettori di Alternativa c’è (ex M5s), 6 del Maie, 3 FacciamoEco, altri ex M5s non iscritti ad alcun gruppo (24 alla Camera e 15 al Senato), 3 di Italexit e 1 voto per Potere al popolo.
Le maggioranze possibili ai primi tre scrutini
Nei primi tre scrutini le combinazioni possibili per arrivare all’elezione del nuovo capo dello Stato sono limitate. Servono 673 voti che si possono ottenere solo in pochi casi. Uno è quello di centrodestra e centrosinistra compatti, con un accordo molto largo.
Possibilità anche per un nome del centrodestra sostenuto dai 5 Stelle, magari anche con il sostegno di Italia Viva per evitare il rischio di franchi tiratori. Possibili anche altre combinazioni, per quanto più improbabili, come un accordo tra centrosinistra, Lega e Forza Italia, ovvero l’attuale maggioranza di governo escludendo Fdi. Ipotesi percorribile soprattutto se il nome fosse quello di Mario Draghi.
Le maggioranze possibili dalla quarta votazione
Alla quarta votazione il quorum scende a quota 505. Cifra a cui si avvicina maggiormente il centrodestra: sommando i voti della coalizione di Salvini e Meloni con Italia Viva, per esempio, si arriverebbe a circa 493 voti: ne mancherebbero ancora più di 10 da prendere nel Misto (impresa tutt’altro che difficile), ma bisognerebbe comunque considerare le possibili assenze e i franchi tiratori.
Diverso sarebbe il discorso in caso di accordo tra il centrodestra e uno tra Movimento 5 Stelle e Pd: in questo caso l’elezione sarebbe quasi spianata, salvo che non venga impallinato qualche candidato su cui si trova l’accordo.
Per quanto riguarda il centrosinistra, ovvero la coalizione composta da Pd e M5s, la strada da percorrere ha più ostacoli. Insieme, escludendo Iv e Azione, avrebbero solo 415 voti. Anche se un po’ di voti si possono prendere tra gruppo Misto e senatori a vita. Si sarebbe comunque molto lontani dalla maggioranza.
Il centrosinistra potrebbe anche puntare su un nome condiviso anche da una parte della maggioranza attuale di governo. Per esempio un accordo tra Pd, M5s, Iv e Forza Italia potrebbe portare all’elezione di un nuovo presidente con la cosiddetta maggioranza Ursula, quella che ha eletto von der Leyen alla guida della Commissione europea.
Ipotesi peraltro da non scartare del tutto considerando che Berlusconi, in caso di mancato sostegno della Lega alla sua candidatura, potrebbe abbandonare la coalizione di centrodestra e votare con Pd e M5s: in questo caso ci sarebbe un buon margine, con più di 540 voti a disposizione. Lo stesso discorso varrebbe se il centrosinistra trovasse un accordo con la Lega, escludendo Fi e Fdi, ma sembra un’ipotesi più irrealistica al momento. La partita, comunque, è aperta.
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