Migranti, Meloni vuole che la Tunisia accetti una “Troika”: soldi in cambio di riforme lacrime e sangue

Alessandro Cipolla

24 Marzo 2023 - 09:28

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Meloni teme una ondata record di migranti e vuole che la Tunisia accetti il prestito del Fmi: in cambio di 1,9 miliardi Tunisi però dovrebbe sottostare a condizioni durissime.

Migranti, Meloni vuole che la Tunisia accetti una “Troika”: soldi in cambio di riforme lacrime e sangue

Giorgia Meloni, i migranti e la Tunisia, il paradosso è servito. Pur di scongiurare una possibile ondata record di sbarchi, la presidente del Consiglio starebbe spingendo affinché il Paese africano accetti le condizioni “lacrime e sangue” imposte dal Fmi per elargire a Tunisi un prestito da 1,9 miliardi di dollari fondamentale per cercare di venire fuori da una crisi economica gravissima.

Una sorta di Troika che il presidente tunisino Kaïs Saïed finora ha rifiutato, nonostante il suo Paese sia da tempo nel caos a causa del forte aumento dell’inflazione che sta rendendo inaccessibili e introvabili molti prodotti di prima necessità, delle proteste dei cittadini contro la deriva autoritaria impressa dal capo dello Stato e dell’ondata di razzismo nei confronti dei migranti subsahariani i quali starebbero tentando ora in massa di abbandonare la Tunisia.

Meloni però vuole evitare di dover affrontare nei prossimi mesi una autentica emergenza immigrazione: “Se crolla la Tunisia c’è il rischio che arrivino 900.000 rifugiati, in estate la situazione potrebbe essere fuori controllo”.

Una stima probabilmente eccessiva ma se oltre alla crisi in Tunisia ci aggiungiamo la cronica instabilità della Libia - dove da anni c’è una guerra civile - e la continua fuga dall’Afghanistan, dalla Siria e dal Kurdistan, appare evidente come questa estate il Mediterraneo corra il rischio di diventare il crocevia di centinaia di viaggi della speranza. Giusto per fare un esempio, ogni giorno le autorità di Tunisi bloccano una ventina di partenze, senza contare le imbarcazioni che sfuggono ai controlli e riescono a salpare.

Uno scenario da incubo questo per Giorgia Meloni, che ha costruito gran parte della sua fortuna politica puntando il dito contro la Troika e l’immigrazione fuori controllo, tanto che la presidente del Consiglio a breve dovrebbe volare in Tunisia per convincere Kaïs Saïed ad accettare le condizioni durissime del Fondo monetario internazionale.

Meloni e il pressing sulla Tunisia

Stando a quanto riportato dall’Adnkronos che ha citato fonti Ue, durante il suo intervento al Consiglio europeo Giorgia Meloni sarebbe “apparsa molto preoccupata e ha spinto perché venga approvato il prestito del Fondo Monetario Internazionale per Tunisi, ben consapevole dei rischi che si corrono se la situazione dovesse precipitare anche in Tunisia, oltre alla Libia che dal 2011 è diventata un vero problema per l’Italia”.

Ma perché la Tunisia finora ha rifiutato le condizioni del Fmi per avere in cambio un prestito da 1,9 miliardi di dollari? Per prima cosa è bene fare il punto su quella che è la situazione politica, sociale ed economica nel Paese nordafricano.

Nel 2011 a seguito di quella che è stata ribattezzata come la Primavera araba, i cittadini tunisini pensavano di aver voltato pagina dopo i venticinque anni di “regno” del presidente Ben Ali, che è fuggito poi in Arabia Saudita a causa delle proteste.

La situazione in Tunisia però non è migliorata negli anni successivi, con il giurista e docente universitario Kaïs Saïed che nel 2019 ha stravinto le elezioni presentandosi come un candidato di rottura rispetto a una classe politica percepita come incapace e corrotta.

Nel luglio 2022 a seguito di un referendum boicottato dalle opposizioni e dove ha votato solo il 30% degli aventi diritto - non è previsto un quorum e l’affluenza potrebbe essere stata ancora più bassa - Saïed è riuscito ad approvare una riforma costituzionale che in pratica è stata bollata come una autentica svolta autoritaria, con un potere enorme che ora è accentrato nelle mani del presidente.

In sostanza grazie alla sua riforma adesso Kaïs Saïed ha il controllo sul primo ministro (da lui nominato) e sul governo, può esercitare poteri eccezionali in caso di emergenza, sciogliere il Parlamento senza che sia prevista per lui la possibilità di finire sotto impeachment.

Alle proteste da parte della popolazione sono seguiti massicci arresti tra cittadini comuni, oppositori politici, giornalisti, giudici e sindacalisti, tutti bollati come “terroristi” e accusati di cospirare contro lo Stato: alcuni di loro potrebbero rischiare anche la condanna a morte.

Il prestito del Fmi e i rischi di una Troika

Come se non bastasse la delicata situazione politica, la Tunisia è alle prese con una durissima crisi economica; l’inflazione in particolare arrivata in doppia cifra e la disoccupazione giovanile altissima stanno mettendo in ginocchio il Paese.

Beni di prima necessità come grano e latte scarseggiano e sono venduti a prezzi molto alti, ma anche fare un pieno di benzina sta diventando proibitivo per buona parte della popolazione; in più c’è il rischio che Tunisi non riesca più a pagare nei prossimi mesi gli stipendi pubblici visto che le casse sarebbero quasi vuote.

In grande difficoltà, Kaïs Saïed si è scagliato così con i migranti subsahariani dando il via a una campagna di odio e di razzismo nei loro confronti: chi ha potuto è tornato nei vari Paesi di origine, altri invece hanno tentato di raggiungere l’Europa affidandosi alle organizzazioni criminali.

Da qui i timori di Giorgia Meloni che vorrebbe che Kaïs Saïed accettasse il prestito del Fmi, anche se 1,9 miliardi di dollari potrebbero risolvere solo momentaneamente la grave crisi economica della Tunisia, che sarebbe a rischio default visto il debito pubblico arrivato a 34 miliardi di euro.

In più le condizioni richieste dal Fmi sono durissime: tagli alla spesa pubblica, licenziamenti, stop ai sussidi per cibo e carburante e privatizzazione di alcune aziende pubbliche tunisine. Insomma misure “lacrime e sangue” che ricordano quelle che sono state imposte dalla Troika alla Grecia.

Nonostante queste condizioni che se fossero state rivolte all’Italia la avrebbero fatta a dir poco infuriare, Giorgia Meloni starebbe spingendo per un accordo per cercare di evitare una forte ondata migratoria: con Bruxelles che ci ha chiuso la porta in faccia sui migranti, alla presidente del Consiglio adesso non resterebbe che sperare nella Tunisia per non rischiare di dovere fare i conti proprio lei - la leader del “blocco navale subito” - con un record di sbarchi nel nostro Paese.

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