Mercati finanziari: alcune riflessioni per il 2019

Renato Frolvi

18/12/2018

18/12/2018 - 13:23

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Alcune riflessioni sui mercati finanziari con riferimento al 2019. Quali lezioni possiamo trarre dall’anno che si sta per concludere?

Mercati finanziari: alcune riflessioni per il 2019

Speravamo in un 2018 moderatamente positivo per i mercati finanziari.

Non è andata così. Dopo la chiusura di ieri sera dei listini USA, possiamo dire che non c’è quasi nessuna asset class che si è salvata (azioni, obbligazioni corporate, mercati emergenti, petrolio).

Solo chi aveva investito in Treasury a breve scadenza credo possa dire di aver preservato il capitale. Sento anche che dietro la discesa dei listini di questo 4° trimestre ci sono alcune vendite “forzose”: secondo Bloomberg (notizia del 13 dicembre) nel 3° trimestre 2018 più di 170 Hedge Funds di medie e piccole dimensioni nel mondo anglosassone hanno chiuso i battenti e sono stati costretti a liquidare le loro posizioni a qualsiasi prezzo.

Mi aspetto che altrettanti Hedge Funds stiano procedendo a liquidare le loro posizioni anche in questo ultimo trimestre 2018 perché prossimi alla chiusura della loro attività. Non stanno a guardare i P/E, non valutano la qualità del cash flow dell’emittente. A loro importa solo restituire i soldi ai clienti e quindi vendono oggetti di qualità assieme agli oggetti di scarso valore, e lo devono fare nel più breve tempo possibile.

Altri venditori forzosi sono certamente gli ETF: i gestori degli ETF sono i computer. Queste macchine non guardano in faccia a nessun titolo, se ci sono vendite delle quote di ETF in borsa anche i computer, meccanicamente, procedono a liquidare (ferocemente) il paniere sottostante l’indice azionario che hanno il dovere di replicare.

Una fredda e sterile analisi ci porta a concludere che tra i fattori che hanno originato questo contesto “bearish” si possono individuare :

  1. Una divergenza di crescita tra Stati Uniti e il resto del mondo. Questa asimmetria ha innescato un’accelerazione significativa dei rialzi della Fed e determinato un restringimento della liquidità in dollari.
  2. Un aumento delle tensioni commerciali tra USA e Cina, con effetti a caduta sul volume degli scambi internazionali.
  3. I rischi sistemici legati ai paesi emergenti (vedi i casi di Turchia e Argentina).
  4. Le crescenti incertezze politiche legate alla Brexit: un eventuale “no deal” getterebbe la Gran Bretagna in un caos doganale dagli esiti incerti, con probabili elezioni anticipate nella primavera 2019.
  5. Gli sviluppi politici in Italia e i rapporti tormentati con la UE.

Che lezione possiamo trarre per il 2019?

Non dobbiamo più sottovalutare l’effetto combinato di tutti questi eventi di cui sopra. Eventi che presi singolarmente non sarebbero stati in grado di far scendere i mercati, ma cumulativamente possono produrre per il 2019 altri risultati negativi sia per le azioni che per le obbligazioni.

Rimanete liquidi e cercate di preservare il capitale con la qualità: obbligazioni a brevissimo termine (sia in dollari che in euro) + azioni del settore “value” con trend dei profitti costante nel tempo sono il mix migliore come antidoto per affrontare serenamente il 1° semestre del 2019.

Ma cosa dovrebbe cambiare rispetto al 2018 per far cambiare il trend ribassista di questo ultimo trimestre dell’anno? Ecco alcuni fattori che potrebbero fungere da catalizzatori per una “inversione” del sentiment negativo che aleggia attualmente su tutti i mercati:

a) Una Fed più “ragionevole” che arrestasse la politica dei rialzi sarebbe il miglior freno per la continuazione del trend ribassista. Il rialzo dei tassi comprime il premio al rischio rispetto al dividendo delle azioni e una pausa della Fed in questo senso darebbe nuovo ossigeno all’indice S&P500.

b) Un accordo in extremis fra Trump e Xi-Jin Ping darebbe una svolta possente a tutto il settore azionario industriale nel mondo, in primis il settore auto tedesco (fortemente e ingiustamente depresso) e al settore tecnologico: tariffe doganali più eque e meno oppressive rappresenterebbero un “sollievo” per tutti i titoli delle aziende industriali esportatrici.

c) Una BCE attenta alla carenza di liquidità del mercato obbligazionario corporate (completamente evaporato negli ultimi 3 mesi) che decidesse un nuovo TLTRO (Targeted Long Term Refinancing Operation) a 4 anni a tasso zero potrebbe sicuramente dare nuova linfa ai titoli obbligazionari e anche ai titoli azionari delle banche e delle assicurazioni (in primis quelle italiane).

d) Un voto positivo del parlamento inglese sull’accordo tra Theresa May e la UE potrebbe sicuramente apportare beneficio a tutto il listino azionario inglese, rafforzare la sterlina e alzare i rendimenti dell’obbligazionario governativo in UK.

Ritengo infatti che la paura di una imminente recessione globale sia eccessiva. Siate prudenti ma allo stesso tempo pazienti: non siamo di fronte ad una crisi sistemica simile a quella del 2008: i mercati stanno solamente cercando di ri-prezzare una crescita degli utili inferiore a quella del 2018 e del 2017 e l’incertezza in questo momento la fa da padrone. Ma le azioni rimangono pur sempre, per il lungo termine, una asset class da privilegiare.

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