“Sì al lockdown dei non vaccinati, l’epidemia è fuori controllo”: l’intervista al prof. Andreoni

Stefano Rizzuti

27 Dicembre 2021 - 17:33

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Massimo Andreoni, primario di Infettivologia a Tor Vergata, in un’intervista a Money.it si dice favorevole al lockdown per i non vaccinati: “L’epidemia fuori controllo richiede scelte dure”.

“Sì al lockdown dei non vaccinati, l’epidemia è fuori controllo”: l’intervista al prof. Andreoni

L’aumento dei contagi da Covid-19 in Italia, dovuto anche alla diffusione della variante Omicron, potrebbe portare a un cambio delle regole sulla quarantena e a introdurre misure restrittive come un lockdown per i non vaccinati. Di questi temi parla in un’intervista a Money.it Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).

Andreoni ritiene che il lockdown per i non vaccinati potrebbe avere un impatto positivo, soprattutto in un momento come quello attuale in cui “l’epidemia è fuori controllo”. Una situazione che giustificherebbe “scelte particolarmente dure” e che, a giudizio di Andreoni, non dovrebbe portare a una modifica dei criteri di quarantena - ritenuta “pericolosa” - se non per gli operatori sanitari.

Il lockdown per i non vaccinati

Professor Andreoni, a suo giudizio è utile un lockdown per i non vaccinati sulla scorta di quanto fatto in Germania?

“I dati della Germania, che poi dovranno essere interpretati in maniera complessiva, sembrerebbero dare l’indicazione che il lockdown riservato ai non vaccinati - nell’ambito di misure di restrizione che la Germania ha avviato anche per il resto della popolazione - sembra dare risultati promettenti.

Comprensibile, seppur è vero che l’infezione non viene trasmessa solo dai non vaccinati ma anche dai vaccinati, è peraltro vero che l’entità della trasmissione è ridotta nelle persone vaccinate. Il vaccino riduce la possibilità di trasmissione e infezione sia riducendo la carica virale che il tempo per cui il soggetto è infetto. In termini epidemiologici, ridurre la circolazione dei soggetti non vaccinati riduce il rischio.

Se tutto ciò debba o non debba essere applicato in Italia per provare a rispondere in termini epidemiologici la risposta è certamente sì, un lockdown sui non vaccinati avrebbe un impatto favorevole sulla trasmissione del virus. Sotto questo valutazione la risposta è sì. Sotto un aspetto più globale, certamente ha delle implicazioni di tipo sociale e politico per cui non spetta a me dare una risposta. L’altro discorso che si potrebbe fare è se siamo già a una condizione per cui tutto questo si debba fare.

Gli ultimi dati segnalano una positività estremamente elevata e pongono una questione di pericolo nei termini di epidemia abbastanza fuori controllo, quindi questa situazione di criticità può richiedere anche scelte particolarmente dure. Che questo possa bastare la risposta è no, in questa fase oltre al lockdown dei non vaccinati bisognerebbe pensare se avere ulteriori misure nel resto della popolazione, soprattutto in funzione dell’andamento dei ricoveri e dei decessi”.

Pensa a qualche misura nello specifico e da applicare sin da subito?

“Bisogna innanzitutto cercare di estendere al massimo l’attività di vaccinazione, spingere al massimo sulla terza dose e sui soggetti più giovani e poi sperare anche di cercare di convincere i non vaccinati a vaccinarsi, magari accelerando l’introduzione del nuovo vaccino Novavax che potrebbe essere più gradito ai soggetti finora non vaccinati.

Una maggiore stretta su alcune misure di contenimento, oltre quelle già avviate, magari in questa fase no, ma cercando di vigilare attentamente sulle ripercussioni dei periodi di festività che potrebbero aver generato una più larga circolazione del virus. Per il contenimento una valutazione di eventuali misure più severe può essere rimandata ai prossimi giorni”.

Tra le misure più severe potrebbe esserci un’estensione dell’obbligo di indossare solo mascherine Ffp2?

“In realtà io non sono un grande fautore delle Ffp2 rispetto alle chirurgiche, più che altro serve un corretto uso delle mascherine, servirebbe maggiore attenzione. Bisognerebbe richiamare le persone al corretto uso delle mascherine: vedo troppo persone che le portano in maniera non idonea, quindi l’effetto filtrante viene perso.

Certamente in passato è stato commesso l’errore di concedere il fatto che la mascherina non dovesse essere utilizzata all’aperto, un messaggio comprensibile ma un concetto fuorviante, penso che la popolazione si debba abituare all’uso della mascherina in maniera più sistemica. Lasciare all’individuo la valutazione se in quel momento la situazione di rischio richiede la mascherina credo che sia un errore non di giusta definizione, ma di messaggio che passa”.

La revisione delle regole sulla quarantena

Le regole della quarantena devono cambiare? E se sì, da subito o bisogna aspettare che la variante Omicron diventi dominante in Italia?

“Penso che la Omicron sia già in questo momento dominante in Italia. Ma credo che in questa fase modificare i criteri di quarantena sia pericoloso, dobbiamo essere molto guardinghi, perché abbiamo un numero di casi troppo rilevante, l’epidemia è fuori controllo. In questo momento, se non altro per motivi di tranquillità, non conviene rivedere troppo le misure della quarantena. Diverso il discorso sulle misure di quarantena per le persone che operano in servizi fondamentali: in questo momento gli ospedali potrebbero essere messi più in crisi dagli operatori quarantenati che dai ricoveri.

Per assurdo i ricoveri sono in crescita ma ancora ben tollerati, certamente le infezioni sul personale sanitario potrebbero mettere gli ospedali in grave difficoltà. Su queste persone, con grande precauzione perché lavorano in luoghi ad alto rischio, si potrebbe anche rivedere la regola trattandosi di persone esperte. In termini generali sono contrario a rivedere i termini della quarantena”.

La diffusione della variante Omicron

La variante Omicron sembrerebbe causare contagi meno gravi, ma se fosse confermato sarebbe comunque una buona notizia o la maggiore trasmissibilità comporterebbe comunque problemi per la tenuta degli ospedali in merito ai ricoveri?

“Il problema è di denominatore. Può essere che si ricoveri una percentuale più bassa dei soggetti infetti, ma se i soggetti infetti sono di numero nettamente superiore, un numero mai registrato prima in Italia, se andiamo a valutare il numero di ricoveri alla fine abbiamo un numero eccessivo. Questa valutazione sulla ridotta aggressività e sul lasciar circolare il virus con maggiore tranquillità mi sembra un azzardo doppio: 1) perché non abbiamo dati definitivi sulla virulenza della variante e 2) perché comporterebbe un numero di ricoveri che mettono in difficoltà comunque gli ospedali.

Sarebbe un azzardo. Diversa sarebbe la valutazione se effettivamente il virus perdesse virulenza, se fosse un segnale d’adattamento del virus nell’ospite umano. Ma è un discorso prematuro per essere fatto prima di avere gli studi per definire se questo fenomeno stia realmente accadendo”.

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