Licenziata per un insulto razzista. Ma viene premiata con €110.000

Simone Micocci

11 Dicembre 2025 - 18:04

Insulta due clienti e viene licenziata per razzismo. Ma il popolo del web è dalla sua parte e raccoglie migliaia di dollari in poche ore.

Licenziata per un insulto razzista. Ma viene premiata con €110.000

Nel periodo dei social non ci sono fatti che passano inosservati: lo sa bene una lavoratrice di un negozio Cinnabon - una catena statunitense di forni - del Wisconsis che in poche ore è diventata virale sul web per un video che di fatto le è costato il lavoro.

Crystal Wilsey, infatti, è stata ripresa mentre discuteva con due uomini di origine somala fino a rivolgere loro degli insulti razzisti e professarsi tale. Un video che ovviamente ha portato l’azienda a prendere delle decisioni drastiche, provvedendo al licenziamento per giusta causa.

Ma attenzione, perché non tutti hanno condannato il gesto, anzi c’è stato chi lo ha “premiato” facendo una donazione alla donna. E se da una parte c’è chi ha giustificato questo gesto dicendo di voler supportare la donna perché licenziata ingiustamente, dall’altra non mancano gli appelli alla supremazia bianca, a dimostrazione che questo tema negli Stati Uniti è talmente forte da motivare le persone a prendere parte persino a una campagna di crowdfunding come questa.

Cosa è successo?

Non è chiaro cosa ha portato la donna a sbottare, fatto sta che nei pochi secondi di video si vede la lavoratrice inveire contro due uomini di origine africana, utilizzando anche la N-word.

Non mi mancate di rispetto”, ha detto la donna, lasciando intendere che quanto mostrato nel video fosse solamente l’ultima parte della vicenda. Ma non si è fermata lì: a un certo punto, infatti, ha confermato di “essere razzista” e di non avere timore a dirlo “al mondo intero”. Il tutto con tanto di dito medio.

Il video ovviamente è diventato immediatamente virale, tanto da obbligare quasi l’azienda a licenziarla. A confermarlo è stata Cinnabon stessa, dichiarando che il proprietario del franchising non ha potuto far altro che interrompere il rapporto di lavoro dopo un video che non hanno mancato di definire come “inquietante”. Tali comportamenti, infatti, non sono tollerati, visto che non riflettonoi nostri valori né l’accoglienza che ogni cliente merita”.

Non è bastata la difesa della donna, che nelle ore successive ha provato a giustificarsi sui social sostenendo prima di non essere razzista perché “mamma di un figlio di colore”, salvo poi correggere il tiro spiegando che la carnagione più scura del ragazzo era dovuta al morbo di Addison, una malattia rara che provoca iperpigmentazione della pelle. Una motivazione che ha attirato ulteriori critiche e ha reso la sua autodifesa ancora più controversa.

Wilsey ha poi pubblicato altri video su TikTok in cui ribadiva di essersi semplicemente difesa, accusando i due clienti somali di averla provocata e sostenendo che il filmato virale mostrasse soltanto la parte finale della discussione. “Mettermi sulla difensiva non mi rende razzista”, ha risposto a un utente, spiegando di aver reagito a un presunto insulto e insistendo sul fatto che il pubblico non conoscesse il contesto precedente alla registrazione.

Il suo passato, del resto, non ha contribuito a darle credibilità. Documenti giudiziari mostrano che Wilsey ha alle spalle oltre vent’anni di problemi con la giustizia, con più di una dozzina di accuse che includono condotta disordinata, violenza domestica, possesso di droga, guida in stato di ebbrezza e resistenza all’arresto. Una lunga scia di procedimenti, distribuiti tra Wisconsin, Ohio e altre contee del Midwest, che racconta una storia personale segnata da instabilità e ricadute. L’impiego da Cinnabon rappresentava quindi una nuova occasione dopo anni complessi, ma il video virale ha vanificato anche questo tentativo di ripartenza.

E dopo il licenziamento arriva il “premio”

Il licenziamento avrebbe potuto segnare la fine della vicenda, almeno dal punto di vista pubblico. Invece è diventato l’inizio di un altro capitolo, ancora più sorprendente.

Nel giro di pochi giorni, infatti, mentre il video continuava a macinare visualizzazioni e commenti indignati, sulla piattaforma di crowdfunding GiveSendGo è comparsa una raccolta fondi dedicata proprio a Crystal Wilsey.

L’iniziativa, lanciata da un utente che la descrive come una “madre che lavora sodo ingiustamente cacciata da due clienti somali”, ha raccolto cifre impressionanti. In poche ore sono arrivate molte donazioni, e il totale ha rapidamente superato i 130.000 dollari, circa 110.000 euro al cambio attuale, trasformando il suo licenziamento in una specie di premio simbolico.

A colpire non è solo la somma, ma il tono dei messaggi lasciati dai donatori. Accanto a chi sostiene di voler semplicemente aiutare una lavoratrice “vittima di un’ingiustizia”, compaiono commenti che richiamano la supremazia bianca e attacchi contro gli immigrati. Una miscela che mostra quanto la vicenda sia stata immediatamente risucchiata nel vortice culturale e identitario che attraversa gli Stati Uniti, dove ogni episodio diventa occasione per riaffermare appartenenze e ostilità.

Dall’altra parte, nel tentativo di riequilibrare la narrazione, è nata anche una raccolta fondi alternativa su GoFundMe, promossa da una parente dei due clienti coinvolti. L’obiettivo dichiarato è sostenere eventuali azioni legali e contrastare quella che viene percepita come una celebrazione ingiustificata di un comportamento razzista. L’importo raccolto, però, si ferma per ora a qualche migliaio di dollari, una cifra irrisoria rispetto alla spinta economica ottenuta da Wilsey.

Il risultato è un quadro in cui la condanna pubblica convive con una sorprendente ondata di solidarietà economica. Una contraddizione che racconta molto dello stato del dibattito razziale negli Stati Uniti, dove persino un insulto razzista filmato e ammesso può trasformarsi, per alcuni, in un’occasione per schierarsi e premiare chi lo ha pronunciato.

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