La Francia sta imparando la lezione dell’Italia: scassare un assetto politico consolidato è molto più semplice che costruirne uno nuovo altrettanto stabile.
C’è stata una rivoluzione politica, in Francia, silenziosa ma non per questo meno violenta di quella che l’Italia ha attraversato a partire dai primi anni Novanta, con una intera classe politica fatta fuori per via giudiziaria a causa degli scandali di Tangentopoli.
Non è colpa di un destino cinico e baro, se c’è instabilità politica ed il debito è fuori controllo: la cosiddetta “italianizzazione” della situazione francese è stata determinata da riforme volute per smantellare l’assetto di potere basato su una classe politica estremamente potente e consolidata nel tempo, dotata di un fortissimo consenso popolare da una parte ed in grado di gestire consistenti risorse finanziarie dall’altra.
Usando un linguaggio colorito: i politici francesi, in prevalenza i Gaullisti e Socialisti che erano allo stesso tempo deputati all’Assemblea nazionale e Sindaci delle Grandi Città, erano stati considerati come i Boiardi delle Partecipazioni statali italiane. Andavano dunque estromessi dalla vita politica e soprattutto andava abbattuto il loro sistema di potere basato sul maneggio di grandi risorse economiche, che garantiva il consenso delle clientele.
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