La settimana che verrà in 5 punti. Cosa sta per accadere nei mercati?

Violetta Silvestri

16/12/2023

16/12/2023 - 13:14

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Perché la prossima settimana è osservata speciale dai mercati? La risposta in 5 punti, con altrettanti fattori in primo piano che possono suscitare nuove incertezza sul finire del 2023.

La settimana che verrà in 5 punti. Cosa sta per accadere nei mercati?

I mercati si preparano a un’altra settimana ricca di spunti, dopo le riunioni delle banche centrali che hanno monopolizzato l’attenzione e offerto nuove indicazioni per il 2024 ormai alle porte.

Gli investitori sono già concentrati su almeno 5 temi cruciali, che possono scuotere Borse, obbligazioni e mercati valutari nei prossimi giorni.

L’euforia di Wall Street per l’annuncio dei tagli dei tassi Fed a partire dal 2024 - senza indizi precisi sulle date - si bilancia con la prudenza della Bce, la quale non ha affatto discusso la questione della diminuzione del costo del denaro nella riunione di dicembre.

Qualsiasi nuovo dato macroeconomico sugli Stati Uniti e sull’Eurozona e sui suoi singoli Paesi membri sarà passato al setaccio da analisti, politici e trader. Lo spettro della recessione e il rischio di prezzi al consumo di nuovo in rialzo rendono l’ottimismo per il 2024 ancora fragile. Inoltre, la politica monetaria del Giappone, finora in controtendenza, potrebbe presto cambiare, lasciando strascichi sul mercato finanziario globale.

Il focus della prossima settimana dei mercati è su 5 temi chiave.

1. Giappone, fine dei tassi negativi?

Le speculazioni secondo cui la Banca del Giappone (BOJ) potrebbe presto uscire dai tassi di interesse negativi sono sempre più diffuse. La potenziale svolta di politica monetaria sarebbe ancora una volta un’anomalia globale, visto che ora l’attenzione dei mercati è tutta rivolta a quando la Fed inizierà a tagliare i suoi tassi.

Un cambiamento di approccio probabilmente non arriverà con la decisione politica di martedì 19 dicembre, ma la BOJ si riunirà di nuovo a gennaio e la prossima settimana potrebbe essere cruciale per preparare la strada verso uno storico inasprimento del costo del denaro.

Questa svolta prevista, unita all’orientamento accomodante della Fed, ha spinto lo yen nuovamente verso il livello più forte di 141 per dollaro per la prima volta da luglio.

2. Dati Usa in focus

Uno dei dati più attesi della prossima settimana è l’indice dei prezzi della spesa per consumi personali (PCE) Usa, che la Fed monitora con molta attenzione.

Gli investitori sperano che questo indicatore mostri un allentamento della pressione sui prezzi al consumo, dopo che la Fed ha segnalato la fine della sua campagna di aumenti dei tassi di interesse e probabili tagli al costo del denaro in arrivo nel 2024. Un dato più forte del previsto potrebbe infatti rovinare il sentiment di ottimismo di Wall Street e gettare nuove ombre sulla concreta possibilità di una politica monetaria accomodante.

Attenzione massima che per i dati sulla fiducia dei consumatori, con gli investitori che cercano di valutare quanto i tassi di interesse più elevati pesano sulla spesa. Se la Fed sia stata in grado di organizzare un atterraggio morbido per l’economia statunitense è un tema chiave del mercato mentre il calendario passa al 2024.

3. Dove va l’Europa?

La prudenza espressa dalla Bce sull’inflazione, la crescita economica e il futuro dei tassi di interesse in Eurozona è diventata un segnale di forte incertezza sul futuro della regione.

Gli ultimi dati preliminari sui Pmi di venerdì 15 dicembre hanno riportato in primo piano il tema della recessione, che ora è sempre più uno scenario probabile per la fine del 2023. Con la Germania a guidare la fragilità di tutta l’Europa e a indebolire le prospettive di un rilancio a breve termine dell’industria europea, il 2024 non sembra iniziare con i migliori auspici. Anche la Bce ha peggiorato le stime sul Pil nelle proiezioni aggiornate a dicembre.

In questo contesto, i dati definitivi sull’inflazione in Eurozona e gli indicatori di fiducia e del sentiment tedeschi della prossima settimana sono attesi dagli investitori.

4. Quanto può brillare l’oro?

L’oro si sta dirigendo verso il suo primo aumento annuale dal 2020, alimentato da un dollaro più debole e dalla convinzione che i tassi di interesse e l’inflazione diminuiranno velocemente nel 2024.

Il metallo prezioso, che non produce interessi, tende a ottenere risultati migliori in un contesto di tassi reali in calo, quelli adeguati all’inflazione.

I rendimenti reali dei decennali statunitensi sono in costante aumento dall’inizio del 2022, ma sono diventati positivi solo a giugno, facendo crollare l’oro da un livello quasi record.

Adesso sono al livello più alto degli ultimi otto anni, ma questo non ha rappresentato un ostacolo al superamento dei 2.000 dollari l’oncia da parte dell’oro. Eppure il prezzo è ancora circa il 20% al di sotto del suo massimo storico corretto per l’inflazione, superiore a 2.500 dollari nel 1980.

Gli investitori scommettono su una serie massiccia di tagli dei tassi il prossimo anno, ma l’incertezza politica ed economica in aumento potrebbe essere il vero punto debole per gli investitori in oro (in contesti di insicurezza il dollaro come asset rifugio attira comparatori, a discapito del metallo).

5. Attenzione all’Egitto

In un contesto storico particolarmente vulnerabile per questioni geopolitiche, gli investitori osservano anche le vicende dell’Egitto.

La terza vittoria elettorale consecutiva del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi dovrebbe essere ufficialmente confermata lunedì 18 dicembre. Le sfide del nuovo mandato sono molto insidiose e riguardano un’area del mondo quanto mai in crisi oggi.

La guerra a Gaza è ogni giorno più drammatica, proprio alle porte egiziane e potrebbe coinvolgere Il Cairo con l’arrivo di profughi palestinesi. La nazione si trova inoltre impantanata in una crisi economica alimentata da un’inflazione quasi record e da ondate di prestiti da onorare, con i soli pagamenti degli interessi sul debito che assorbono quasi la metà delle entrate del governo.

Gli economisti dicono che il debito è insostenibile. Nel 2024 l’Egitto deve pagare almeno 42,26 miliardi di dollari di interesse, di cui 4,89 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale.

La prima mossa dopo le elezioni sembra destinata a essere un’altra grande svalutazione della valuta. La sterlina egiziana si è già dimezzata rispetto al dollaro da marzo 2022. Un dollaro vale ora circa 49 sterline egiziane sul mercato nero contro un tasso ufficiale di 31 sterline. La frustrazione per una situazione di insicurezza economica potrebbe sfociare in disordini sociali.

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