Pil e buste paga dell’Eurozona sono osservati attentamente dalla Bce: cosa hanno svelato i 2 dati e perché sono così importanti per la decisione di un altro taglio ai tassi?
A dare supporto a un probabile nuovo taglio dei tassi Bce la prossima settimana sono arrivati 2 dati macro importanti.
Il Pil dell’Eurozona ha rallentato nel secondo trimestre, confermando la debole crescita della regione e la necessità di proseguire con una politica monetaria accomodante che rilanci consumi e investimenti.
Inoltre, un indicatore chiave della crescita salariale nella zona euro ha subito un rallentamento, fornendo ulteriori garanzie ai funzionari della Banca centrale europea che intendono abbassare i tassi di interesse il 12 settembre.
I 2 aggiornamenti macro sono tra gli ultimi ad arrivare prima di una prevista riduzione del costo del denaro di 25 punti base da parte della Bce giovedì prossimo. Se l’inflazione dovesse continuare a diminuire, i costi di prestito saranno abbassati ogni trimestre fino a raggiungere il 2,5%, secondo un sondaggio di Bloomberg.
La questione su quanti tagli al costo di finanziamento eseguire ancora fino alla fine dell’anno rimane aperta. Tra i funzionari c’è chi spinge per una politica accomodante senza tentennamenti, poiché l’Eurozona rischia di crescere troppo lentamente.
Taglio ai tassi Bce in arrivo? Il dato sul Pil offre un segnale
Il Pil è aumentato dello 0,2% nel secondo trimestre 2024 a quello precedente, meno dello 0,3% inizialmente riportato dall’agenzia di statistica. Mentre il commercio e la spesa pubblica hanno sostenuto la crescita, gli investimenti hanno continuato a essere un freno, ha affermato Eurostat.
I consumi privati, considerati un pilastro fondamentale della ripresa della zona euro, non sono riusciti a decollare nel periodo, nonostante le famiglie abbiano beneficiato di un’inflazione più lenta, di redditi in aumento e di un mercato del lavoro resiliente.
I dati arrivano a meno di una settimana dalla previsione che la Bce abbasserà di nuovo i tassi di interesse dopo una riduzione iniziale a giugno. La lenta crescita economica è emersa come una preoccupazione. Alcuni funzionari hanno avvertito che la politica monetaria a questo punto non dovrebbe frenare la regione per troppo tempo.
Una delle principali fonti di debolezza è la Germania, la più grande economia del blocco, dove la produzione si è ridotta nel secondo trimestre a causa di una prolungata debolezza dell’importante settore manifatturiero.
Anche l’industria ha iniziato il terzo trimestre con un certo slancio, stando ai dati diffusi venerdì, che hanno mostrato come la produzione sia scesa più del previsto a luglio, una tendenza riscontrata anche in Francia.
Bce confortata dai salari
Un dato osservato attentamente da Lagarde e gli altri funzionari è quello sulla crescita salariale, fortemente legato all’inflazione dei servizi.
La retribuzione per dipendente è aumentata del 4,3% nel secondo trimestre, in calo rispetto al 4,8% nei primi tre mesi dell’anno, secondo i calcoli di Bloomberg Economics basati sui dati Eurostat pubblicati venerdì. A giugno, la Bce aveva previsto una crescita delle retribuzioni del 5,1% per il periodo.
Gli stipendi dei lavoratori sono aumentati rapidamente per compensare i costi della vita più alti. Ciò si è rivelato un problema per la Bce, sul timore che il recupero nelle buste paga manterrà elevati i prezzi al consumo.
Mentre l’inflazione ha rallentato negli ultimi mesi, le pressioni nel settore dei servizi, dove i salari svolgono un ruolo più importante, sono rimaste ostinate. I dati recenti, tuttavia, sono stati più promettenti, rivelando un netto rallentamento negli stipendi negoziati nell’ultimo trimestre.
La volatilità è in parte dovuta alla Germania, dove alcuni lavoratori hanno ricevuto ingenti pagamenti una tantum per compensare l’inflazione all’inizio dell’anno. Alcuni, tra cui il membro del comitato esecutivo Isabel Schnabel, hanno avvertito che la crescita salariale potrebbe riprendere nel terzo trimestre.
Tuttavia, c’è anche la speranza di un’ulteriore moderazione in futuro. L’economista capo della Bce Philip Lane ha affermato la scorsa settimana che gli aumenti salariali sono destinati a rallentare bruscamente nel 2025 e nel 2026, aumentando la fiducia che l’inflazione possa essere riportata all’obiettivo del 2% l’anno prossimo.
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