Inchiesta su origine COVID-19: ci sarà, parola della Cina

Violetta Silvestri

18/05/2020

07/07/2021 - 17:47

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Un’indagine indipendente sull’origine del coronavirus, che faccia chiarezza sulla sua diffusione dalla Cina: questo chiedono a gran voce la maggior parte degli Stati del mondo. Pechino ha dato la disponibilità, ma non adesso

Inchiesta su origine COVID-19: ci sarà, parola della Cina

La Cina, sempre più pressata sulla verità riguardo l’origine della pandemia, potrebbe collaborare per un’inchiesta indipendente. Questo è quanto è emerso dall’Assemblea dell’OMS che si è aperta oggi, lunedì 18 maggio.

Un evento - in teleconferenza ovviamente - che ha subito suscitato interesse considerando le critiche all’organizzazione e al suo presunto ruolo di complicità con l’opacità cinese sulla gestione della COVID-19.

L’apertura di Xi Jinping alla possibilità di avviare un’indagine obiettiva su quanto accaduto con la diffusione del coronavirus è parso un segnale incoraggiante. Tutto è ancora da definire, però, visto che i cinesi hanno posto almeno una condizione.

La questione, dal valore geopolitico sempre più strategico, rischia di essere ancora complessa.

Cina: sì a inchiesta su coronavirus. Ma non adesso

Il presidente cinese, Xi Jinping, ha dichiarato che il suo Paese sosterrà una indagine globale sulla pandemia, ma soltanto dopo che l’epidemia sarà davvero sotto controllo.

Non adesso, quindi, ma in un tempo rimandato a non si sa bene quando. La mossa cinese all’apertura dell’Assemblea dell’OMS sembra strategica: smorzare i toni poco concilianti nei suoi confronti che provengono non solo dal nemico numero uno, gli Stai Uniti.

Molti sono i Paesi del mondo che rimproverano la poca trasparenza cinese nella gestione del primo scoppio epidemico sul suo territorio.

Il presidente cinese, quindi, ha sottolineato che tale indagine dovrà essere assolutamente obiettiva e imparziale, evidenziando che Pechino donerà 2 miliardi di dollari alle Nazioni Unite per aiutare la risposta globale all’emergenza.

Parole collaborative, quindi, quelle della nazione asiatica, che ha comunque voluto ricordare di essersi mossa sempre in trasparenza e solidarietà. Apertura a un’inchiesta, ma non ammissione di eventuali responsabilità.

Questo l’atteggiamento cinese, che risponde così alla risoluzione targata Unione Europea e Australia e appoggiata da oltre 110 Paesi che ha richiesto un’indagine indipendente sull’origine della COVID-19 in sede OMS.

Da sottolineare che tale richiesta non fa esplicito riferimento a Cina o a Wuhan, stabilendo che gli obiettivi sono:

“identificare la fonte zoonotica del virus e l’introduzione nella popolazione umana, incluso il possibile ruolo di ospiti intermedi, anche attraverso sforzi come missioni sul campo scientifiche e collaborative”.

Cina sotto pressione: cosa succederà?

L’atteggiamento collaborativo della Cina su una possibile - e futura - inchiesta indipendente sul coronavirus lascia intatti alcuni nodi. E, soprattutto, un clima teso.

Non bisogna dimenticare, infatti, che Pechino ha criticato tali appelli come un tentativo di spostare la colpa o politicizzare un problema di salute globale.

La Cina ha reagito furiosamente anche alla precedente richiesta australiana di un’indagine indipendente e il passo in avanti di oggi non cancella un atteggiamento di ostilità. Che, nei confronti degli USA, si traduce in una vera e propria guerra pronta a esplodere.

In più, proprio in ambito OMS, è tornata di attualità la questione Taiwan, sulla quale la posizione cinese è intransigente. L’isola non è stata accettata come Stato osservatore all’Assemblea, rimarcando il potere di Pechino.

La Cina, quindi, resta osservata speciale dei Paesi del mondo. Bisognerà capire se davvero questa indagine indipendente ci sarà e che ruolo avrà la nazione asiatica per favorirla.

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