Meta avrebbe usato illegalmente contenuti hard per il suo modello AI. La big tech è ora sotto accusa per questioni legate a violazione del copyright, protezione dei minori e molestie sessuali.
Non c’è tregua per Meta. La società statunitense fondata da Mark Zuckerberg sta affrontando contemporaneamente tre dispute legali. E pensare che, solo poche settimane fa, la casa madre di Facebook, Instagram e Whatsapp era finita nell’occhio del ciclone dopo che Reuters, agenzia di stampa britannica, aveva scoperto che l’AI sviluppato dall’azienda aveva creato chatbot sexy che si spacciavano per celebrità come Taylor Swift e Scarlett Johansson.
Le controversie attualmente in corso sono ben tre e Meta è contemporaneamente sotto accusa per questioni legate alla violazione del copyright, la protezione dei minori e la gestione di molestie sessuali. Ecco cosa sta succedendo.
Meta è accusata di aver distribuito illegalmente video per adulti per addestrare l’AI
Strike 3 Holding, società proprietaria di siti per adulti, ha recentemente accusato la Big Tech di aver scaricato illegalmente 2.396 video hard protetti da copyright per addestrare i modelli di intelligenza artificiale di Meta. La scelta di utilizzare questa tipologia di video per l’addestramento dell’AI non è casuale: i contenuti per adulti contengono un ampio ecosistema di immagini di vita reale che sono molto rari da reperire nei dataset “standard” di intelligenza artificiale.
Secondo l’accusa, Meta avrebbe utilizzato illegalmente BitTorrent, un software per lo scambio di file in rete, approfittando anche del meccanismo tit-for-tat, un protocollo informatico per velocizzare ulteriormente il download di contenuti.
Strike 3 Holdings avrebbe identificato 47 indirizzi IP coinvolti nell’operazione, alcuni risalenti direttamente a Meta, altri invece “camuffati” tramite Virtual Private Cloud, una rete virtuale isolata che consente a un’azienda di creare e controllare la propria rete privata personalizzata utilizzando l’infrastruttura condivisa di un provider cloud pubblico.
La bufera su Threads e la pubblicizzazione delle foto di studentesse minorenni
Ma quella appena citata è solo una delle accuse rivolte alla società di Zuckerberg. Il primo e gravissimo contenzioso ha avuto infatti origine in Gran Bretagna, dove un uomo di 37 anni ha denunciato la comparsa di foto raffiguranti studentesse minorenni sul suo profilo Instagram. Le adolescenti, ritratte in uniforme scolastica, sarebbero apparse sul feed del signore per pubblicizzare Threads, il social di Meta lanciato come alternativa a X - ex Twitter - di Elon Musk.
A rendere pubblico l’accaduto è stato il quotidiano britannico The Guardian. Secondo le dichiarazioni del 37enne, le pubblicità di Threads raffiguranti le giovanissime studentesse sarebbero comparse ripetutamente sul suo feed, scatenando così la rabbia e il disgusto dell’uomo, che ha definito il contenuto delle immagini come “sessualizzante” e ha accusato Meta di promuovere volutamente questi contenuti per attirare adulti sulla piattaforma.
L’articolo ha suscitato l’indignazione di numerosi genitori che, dopo aver scoperto la diffusione online delle foto delle proprie figlie, hanno denunciato di non aver mai dato il consenso alla loro pubblicazione in rete. Meta si è difesa prontamente. Un portavoce dell’azienda ha dichiarato al Guardian che la responsabilità in merito alla diffusione di foto di minorenni online è in mano ai genitori:
Le immagini condivise non violano le nostre policy e sono foto del ritorno a scuola pubblicate dai genitori. Abbiamo implementato sistemi per assicurarci di non consigliare thread condivisi da adolescenti o che violano le nostre linee guida per le raccomandazioni, e gli utenti possono controllare se Meta suggerisce i loro post pubblici su Instagram.
Secondo Meta, quindi, il fatto non sussiste. Le foto sono state pubblicate da persone adulte e, di conseguenza, non violano gli standard della community. Nonostante lo scarico di responsabilità, la diffusione ripetuta e specifica di questi contenuti rimane un fatto controverso e pensato proprio per attirare un certo tipo di pubblico.
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Le accuse di Sarah Wynn-Williams, ex dirigente di Meta
A dare filo da torcere a Meta c’è poi anche l’ex dirigente Sarah Wynn-Williams. Nel 2025, la donna ha pubblicato Careless People: A Cautionary Tale of Power, Greed, and Lost Idealism, una memoria autobiografica in cui descrive Meta come un ambiente tossico, privo di etica e, tra le accuse peggiori, negligente nella gestione dei casi di molestie sessuali sul posto di lavoro.
Anche in questo caso, Meta ha respinto ogni accusa. Ma non solo. Affidandosi a un accordo firmato con l’ex dirigente nel 2017, l’azienda è riuscita a ottenere in tribunale un ordine che vieta a Wynn-Williams di criticare pubblicamente la compagnia.
Attualmente, la donna sarebbe sull’orlo della bancarotta a causa dell’azienda. Ogni violazione del vincolo, infatti, comporta una sanzione di 50.000 dollari per Wynn-Williams che, nonostante il successo del libro - oltre 150.000 copie vendute - si è ritrovata con il conto in banca prosciugato.
La vicenda ha provocato dure reazioni politiche. Louise Haigh, politica laburista britannica, ha accusato Meta di voler “zittire e punire” chi denuncia comportamenti scorretti, avvertendo che simili accordi rischiano di limitare la libertà di espressione. L’azienda, dal canto suo, ha replicato sostenendo che molte affermazioni contenute nel libro siano false o ormai superate, ricordando inoltre che la stessa Wynn-Williams era stata licenziata per comportamenti ritenuti tossici.
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