Google rischia sanzioni fino al 10% del suo fatturato totale. Ecco perché

Giorgia Paccione

13 Novembre 2025 - 15:14

La Commissione Ue ha aperto una nuova indagine contro Google per presunte violazioni del Digital Markets Act legate alla gestione dei contenuti editoriali nel motore di ricerca.

Google rischia sanzioni fino al 10% del suo fatturato totale. Ecco perché

La Commissione europea ha avviato una nuova procedura antitrust contro Google, accusando il colosso di Mountain View di penalizzare ingiustamente i contenuti dei media nei risultati di ricerca. L’indagine, condotta nell’ambito del Digital Markets Act (DMA), punta a verificare se la cosiddetta “politica anti-spam” dell’azienda stia in realtà danneggiando gli editori e violando le regole di concorrenza imposte alle grandi piattaforme digitali.

Il nodo della questione riguarda la site reputation abuse policy, introdotta da Google nel 2024 per contrastare pratiche di ottimizzazione considerate scorrette, come il cosiddetto SEO “parassita”, ossia l’uso di siti con buona reputazione per ospitare contenuti di terzi e scalare i ranking di ricerca. Bruxelles sospetta però che, dietro questa misura apparentemente tecnica, si nasconda una forma di penalizzazione sistematica verso gli editori che pubblicano contenuti sponsorizzati o di partner commerciali. In altre parole, chi ospita pubblicità rischierebbe di finire più in basso nei risultati di ricerca, perdendo visibilità e ricavi.

Secondo la commissaria europea alla concorrenza Teresa Ribera, l’obiettivo dell’indagine è “assicurarsi che gli editori non perdano ricavi proprio nel momento più difficile per il settore” e che Google “rispetti il principio di equità, ragionevolezza e non discriminazione previsto dal DMA”. Se venissero accertate violazioni, le sanzioni potrebbero arrivare fino al 10% del fatturato globale di Alphabet, la holding che controlla Google, una cifra potenzialmente pari a diversi miliardi di dollari.

Continua il braccio di ferro tra Bruxelles e le big tech

L’indagine si inserisce in un contesto di crescente tensione tra l’Unione Europea e le grandi piattaforme tecnologiche americane, in particolare Google. Negli ultimi anni Bruxelles ha più volte sanzionato il gruppo per pratiche anticoncorrenziali. Solo a settembre, la Commissione ha inflitto a Google una multa di quasi 3 miliardi di euro per aver favorito i propri servizi di pubblicità digitale a scapito dei concorrenti. In passato, il colosso è già stato condannato a pagare 4,13 miliardi di euro per Android e 2,42 miliardi per l’abuso di posizione dominante nella ricerca di prodotti.

Ora, però, la partita è diversa. Per la prima volta, l’indagine si muove all’interno del nuovo quadro normativo del Digital Markets Act, entrato in vigore nel 2023. Il DMA mira a contenere il potere delle cosiddette gatekeeper platforms, imponendo loro regole più stringenti sulla gestione dei dati, la concorrenza e la trasparenza nei confronti di utenti e aziende. E per Google, che domina il mercato della ricerca online in Europa con oltre il 90% di quota, ogni intervento di Bruxelles rappresenta un potenziale terremoto economico e reputazionale.

La difesa di Google: “Indagine fuorviante e pericolosa”

Da parte sua, Google respinge con forza le accuse. In un post pubblicato sul blog ufficiale, Pandu Nayak, vicepresidente responsabile di Google Search, ha definito l’indagine dell’Ue “rischiosa per milioni di utenti europei”. L’azienda sostiene che la propria politica anti-spam è essenziale per garantire risultati di ricerca di qualità, impedendo che i siti “usino tattiche ingannevoli per superare in classifica chi produce contenuti autentici e di valore”.

Nayak ha ricordato inoltre che un tribunale tedesco avrebbe già respinto accuse simili, riconoscendo la legittimità e la coerenza dell’approccio adottato da Google. La società ribadisce che il suo obiettivo è tutelare l’integrità dei risultati di ricerca e impedire che pratiche scorrette compromettano l’esperienza degli utenti.

Nonostante queste difese, diversi organismi di categoria, tra cui l’European Publishers Council, l’European Newspaper Publishers Association e l’European Magazine Media Association, hanno segnalato un impatto diretto e negativo della politica anti-spam sui ricavi degli editori. A sollevare il primo reclamo formale è stata la società tedesca ActMeraki, che ha denunciato una perdita di visibilità e traffico a causa delle modifiche introdotte da Google.

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