Fuga dalla Banca centrale di Spagna. Il caso del governatore Escrivá pro Sanchez, c’entrano le pensioni

Laura Naka Antonelli

11 Agosto 2025 - 17:00

Boom di dimissioni dal Banco de Espana, cosa sta succedendo nell’era del governatore ex ministro del governo Sanchez. “Toni che possono essere aggressivi”. Non solo.

Fuga dalla Banca centrale di Spagna. Il caso del governatore Escrivá pro Sanchez, c’entrano le pensioni

Esplode il caso della Banca centrale di Spagna, finita già da un po’ nel mirino delle opposizioni al governo guidato da Pedro Sánchez, leader del Partido Socialista Obrero Español (PSOE). Governo già alle prese, tra l’altro nelle ultime settimane con diversi terremoti di natura politica, giudizia e geopolitica.

Un articolo di Bloomberg parla di un vero e proprio “terremoto politico” che sta scuotendo le fondamenta della banca centrale e, per l’appunto, da diverso tempo: esattamente da quando, lo scorso settembre, a prendere il timone della istituzione è stato José Luis Escrivá.

Banca centrale di Spagna, raffica di dimissioni dall’inizio dell’era di Escrivá

Da allora, si è scatenata una vera e propria raffica di dimissioni, che ha visto uscire dalla Bank of Spain diversi esponenti di alto profilo.

Motivo: i metodi adottati dal banchiere Escrivà, figura con cui, secondo quanto hanno riportato diverse fonti, non sarebbe affatto facile avere a che fare.

Una deriva autoritaria in seno alla Banca centrale iberica? L’alta tensione sarebbe scoppiata con la decisione del numero uno della istituzione di trasformare il Banco de España praticamente in una semplice costola del governo di Pedro Sanchez.

Significativi in particolare sono stati gli affondi degli economisti Miquel Puig e José García Domínguez che, scrivendo rispettivamente sul quotidiano La Vanguardia e sul sito spagnolo The Objective, hanno accusato la Banca di Spagna di essere diventata un semplice sponsor dell’esecutivo, che tesse continuamente le lodi di Sanchez & Co, arrivando in alcuni casi perfino a mentire.

Come è accaduto, così è stato denunciato quando, in un report annuale diffuso la scorsa primavera, il governatore ha fatto notare che “ la produttività ha riportato in Spagna i guadagni più sostenuti che in tutta l’area euro nell’intero periodo compreso tra il 2019 e il 2024, specialmente a paragone con la Francia e la Germania”.

Una narrativa che, secondo Miquel Puig, è stata una vera e propria fake news visto che, secondo gli ultimi dati - ha fatto notare l’economista - non solo la produttività iberica non è cresciuta negli ultimi cinque anni, ma è addirittura scesa (almeno se si considera la produttività per lavoratore).

Banca di Spagna, “fabbrica di menzogne”?

Ancora più al vetriolo è stata la dichiarazione, riportata dall’articolo ‘New’ Bank of Spain, factory of falsehoods: tradotto: la “Nuova” Banca di Spagna, fabbrica di menzogne), dell’economista José García Domínguez che ha affermato che “siamo testimoni dell’emergere di quella che potrebbe essere già battezzata la dottrina di Escrivá, l’ansia della nuova Banca di Spagna di cercare di dare una patina di legittimità teorica alla politica economica del governo, basata sul principio molto grezzo e miope di espandere il PIL attraverso massicce importazioni di immigrati non qualificati provenienti dal Terzo Mondo…”.

In Spagna, ha continuato l’esperto, come in altri paesi europei, la paura di essere associati a posizioni di estrema destra e di dover affrontare il conseguente stigma, ha finito per agire alla stregua di uno strumento di censura più potente ed efficace, che non è altro che auto-censura ”.

L’economista ha continuato, parlando di una grande manipolazione che la Bank of Spain avrebbe lanciato, promuovendo in modo indefesso qualsiasi decisione di politica economica venga assunta dal governo. Un lavoro che “Escrivá non avrebbe potuto fare meglio”.

La questione dell’indipendenza delle banche centrali ai tempi di Trump VS Powell (Fed)

L’argomento è tornato sotto i riflettori con la pubblicazione dell’articolo dell’agenzia di stampa Bloomberg, che ha ricordato tra l’altro come il furore che sta esplodendo in Spagna, a causa del ruolo sempre più pro Sanchez assunto dalla banca centrale del Paese, si innesti in un contesto in cui il dibattito sull’indipendenza delle banche centrali, in generale, è già montato a causa dei continui affondi, minacce e insulti che l’amministrazione americana di Donald Trump sta lanciando ripetutamente contro la Fed di Jerome Powell, ’colpevole’ di non avere tagliato i tassi neanche una volta dall’inizio del 2025.

Bloomberg ha ricordato che il banchiere centrale Escrivá, 64 anni, aveva già lavorato presso la Bank of Spain negli anni ’80, per diventare successivamente funzionario senior presso la Banca centrale europea, dove si è concentrato proprio sulle questioni di politica monetaria.

L’economista è poi entrato a far parte della squadra del governo di Pedro Sanchez.

Questo curriculum è stato più che sufficiente, secondo Sanchez, ad avallare la nomina a numero uno della Banca centrale spagnola, mandato non rinnovabile che dura sei anni.

Immediata l’ira dei partiti di opposizione al governo Sanchez, in modo particolare del principale partito di centro-destra Partito Popolare (PP), che ha anche deciso di abdicare al diritto di proporre un proprio candidato per la carica di vice governatore del Banco de Espana, nell’intento di negare la legittimazione a Escrivá.

La situazione è peggiorata con la scelta di quattro direttori generali della Banca di Spagna di rassegnare le loro dimissioni, citando motivi personali.

Tra di loro l’ex capo economista Angel Gavilan, responsabile della divisione di ricerca del Banco de Espana, solito accompagnare il governatore alle riunioni del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, a Francoforte.

Un quinto direttore generale messo a capo di un nuovo dipartimento ha lasciato poi la banca centrale dopo appena tre mesi, preferendo ricoprire l’incarico di numero due della Commissione di vigilanza dei mercati CNMV.

Molti altri esponenti della banca centrale con incarichi di minore rilevanza hanno nel frattempo gettato la spugna.

La “collera” del banchiere centrale responsabile di una riforma pensioni che preoccupa

C’è stato, ha riportato Bloomberg, perfino chi ha parlato di un atteggiamento di Escrivà nelle riunioni dell’istituzione caratterizzato da “ toni che possono essere aggressivi ”, al punto che alcuni funzionari senior hanno preferito a volte evitare di affrontare alcune questioni delicate per sventare la sua “collera” o essere sottoposti a una “ supervisione eccessiva ”.

A scatenare le dimissioni in particolare di Gavilan sarebbe stata la decisione apparente di Escrivá di evitare di affrontare una delle questioni più spinose dell’economia iberica, quella del sistema pensionistico, la cui ultima riforma - che si è tradotta in un aumento dei costi pensionistici - è stata tra l’altro promossa dallo stesso banchiere, nel 2023, ai tempi in cui ha ricoperto la carica di ministro spagnolo per l’inclusione, la sicurezza sociale e le politiche di immigrazione.

Quella riforma, secondo le accuse, si è tradotta in una iniezione di fondi statali tale che le pensioni oggi costano alle casse di Madrid 60 miliardi di euro l’anno, somma equivalente all’interno deficit pubblico spagnolo.

Le critiche contro la decisione del premier spagnolo Sanchez di nominare un ministro del suo governo alla carica di numero uno del Banco de Espana sono montate subito lo scorso settembre.

In evidenza le dichiarazioni del leader del partito di opposizione PP Alberto Nunez Feijoo, che aveva subito messo sotto accusa la nomina, affermando che Sanchez aveva lanciato un meccanismo volto a “controllare e a invadere” la banca centrale del Paese: “ Non si può essere ministro di mattina e governatore la sera ”, aveva avvertito Feijoo.

Alla fine di maggio il quotidiano El Mundo ha ricordato inoltre come, dopo l’“allarme lanciato l’anno scorso da De Cos (governatore precedente della Banca centrale) su come la riforma di Escrivà fosse insufficiente e producesse effetti controproducenti sull’occupazione”, il problema della sostenibilità (del sistema pensionistico) apparisse praticamente risolto, e come non si percepisse di colpo alcuna incertezza, a causa della tranquillità palesata dal nuovo governatore. Qualcosa che aveva fatto apparire le critiche di De Cos quasi come “catastrofiste” nonostante fossero, a detta di diversi esperti, decisamente fondate.

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