Le ferie decise dal datore di lavoro non sono sempre legittime: in alcuni casi, infatti, c’è il rischio di doverle restituire al dipendente.
Non sempre il datore di lavoro che obbliga il lavoratore a fruire delle ferie in un determinato periodo si trova nel giusto: in alcune situazioni, limite, infatti, si tratta di un illecito che come tale viene sanzionato, con l’obbligo per l’azienda di restituire le ferie al dipendente.
Su tale situazione si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24977 del 2022, con la quale i giudici hanno ribadito che il potere del datore di lavoro di stabilire il periodo di ferie in base alle proprie esigenze produttive ha dei limiti a cui bisogna obbligatoriamente attenersi.
Ricordiamo, infatti, che se da una parte la legge riconosce un diritto alle ferie per tutti i lavoratori dipendenti - stabilendo che almeno due settimane devono essere fruite nel corso dell’anno di maturazione - ma allo stesso tempo riconosce al datore di lavoro un’ampia discrezionalità riguardo al periodo in cui concederle. L’azienda, infatti, può opporsi alla richiesta di ferie proponendo un’alternativa al dipendente, come pure potrebbe obbligare tutti i lavoratori a godere delle ferie obbligatorie durante il periodo di chiusura aziendale.
Tale discrezionalità, però, non è assoluta: ci sono comunque delle cose che il datore di lavoro non può fare, in quanto altrimenti sarebbe chiamato a restituire le ferie fatte godere obbligatoriamente al dipendente.
Ferie obbligatorie: cosa non può fare il datore di lavoro
Secondo la Corte di Cassazione, ci sono diversi comportamenti non leciti nell’ambito della concessione delle ferie al dipendente. Ad esempio, fa sapere la Suprema Corte, non è possibile inserire le ferie a ridosso della cassa integrazione o all’interno di questa senza che il lavoratore ne sia a conoscenza.
Anche quando il piano ferie viene deciso dall’azienda, infatti, vi è l’obbligo di darne comunicazione al dipendente con largo preavviso, così che questo possa organizzarsi per tempo e pensare a cosa fare per ottenere quei benefici psico-fisici che sono obiettivo primario del periodo di riposo forzato.
E, come sottolineato dalla Corte di Cassazione, è fondamentale che tale decisione venga comunicata direttamente al lavoratore, in quanto non è sufficiente darla alle rappresentanze sindacali.
Ferie obbligatorie: il datore di lavoro deve darne comunicazione al dipendente
Nel dettaglio, con la sentenza n. 24977 del 2022 la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da un’azienda che per smaltire le ferie accumulate da 120 dipendenti ha deciso d’inserirle, in maniera frammentaria, a ridosso della cassa integrazione come pure al suo interno.
L’azienda si è difesa dicendo che la modalità prescelta era stata comunicata per tempo alle Rsu, ed è stata necessaria per smaltire gli arretrati, rientrando così nelle sue prerogative.
I lavoratori interessati la pensano diversamente e per questo hanno promosso una class action che ha avuto buon esito, anche nell’ultimo grado di giudizio. La Cassazione, infatti, ha riconosciuto il loro diritto a godere di ferie tradizionali, e non di “riposi inconsapevoli” visto che, come spiegato dai giudici della Suprema Corte, la comunicazione alle Rsu non equivale all’avviso individuale e di conseguenza non rende legittima la modalità di fruizione prescelta. E ciò vale indipendentemente dal fatto che i lavoratori fossero venuti a conoscenza di ciò dai propri rappresentanti sindacali; è fondamentale, infatti, che il piano ferie venga comunicato direttamente al dipendente, senza alcuna possibilità di deroga.
Cosa succede se il datore di lavoro non assolve a tale obbligo?
La decisione forzata delle ferie, se non comunicata al dipendente, si pone in contrasto con la ratio della normativa sulle ferie, ossia sulla necessità che il dipendente disponga di tale periodo per il ristoro delle energie psico fisiche.
Venendo meno questo principio, le ferie godute non si considerano come tali: di conseguenza, il datore di lavoro è stato obbligato dalla Corte di Cassazione a restituire ai dipendenti interessati.
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