È stata presentata la prima class action in Italia contro Meta e TikTok. Secondo i promotori, questi social network sarebbero dannosi per la salute fisica e mentale dei minori.
I genitori italiani dichiarano guerra ai social network. A Torino, il Movimento Italiano Genitori (Moige), l’Associazione Italiana Genitori, l’Associazione Nazionale Famiglie Numerose e il Forum delle Associazioni Familiari del Piemonte hanno presentato la prima class action inibitoria in Italia contro Meta (casa madre di Facebook e Instagram) e TikTok. La prima udienza è fissata per il 12 febbraio 2026.
Affiancate dallo studio legale torinese Ambrosio & Commodo, le famiglie coinvolte nell’azione legale si sono scagliate duramente contro i social media, accusandoli di essere pericolosi per la salute dei loro figli. Ecco quali sono le motivazioni principali.
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Le richieste della class action contro Facebook, Instagram e Meta
La class action è stata depositata presso il tribunale di Milano, città che ospita le sedi italiane di Meta e TikTok. Le famiglie hanno richiesto l’imposizione di tre vincoli principali per le piattaforme social nel mirino: vietare l’accesso ai social network per i minori di 14 anni, eliminare i sistemi di dipendenza algoritmica (ad esempio, lo “scroll infinito”) e fare sensibilizzazione - all’interno delle stesse piattaforme - sui pericoli che derivano dall’abuso dei social.
Secondo i promotori, le piattaforme social violerebbero sistematicamente il limite di età previsto dalla legge italiana, che vieta l’iscrizione ai minori di 14 anni. Per questo motivo, è stato richiesto di introdurre un sistema di verifica dell’età realmente efficace e non facilmente aggirabile, così da impedire l’accesso ai più piccoli.
L’azione legale, basata sull’articolo 840-sexiesdecies del Codice di procedura civile che consente le class action a tutela di diritti diffusi, mira anche a ottenere una maggiore trasparenza informativa. Le piattaforme, sostengono i legali, dovrebbero essere obbligate a rendere note in modo chiaro e accessibile le conseguenze potenzialmente dannose dell’uso prolungato dei social, come già avviene in altri settori, ad esempio quello del tabacco o del gioco d’azzardo.
L’intento non è demonizzare la tecnologia, ma chiedere che le aziende assumano una responsabilità concreta nei confronti di un pubblico particolarmente vulnerabile come quello dei minori.
I danni per i più piccoli
I danni provocati dall’uso incontrollato dei social non riguarderebbero soltanto la sfera psicologica, ma anche quella biologica. Come spiega la psicoterapeuta Marta Caciotti, docente all’Università “Guglielmo Marconi” di Roma, la dipendenza da social può generare un danno cerebrale permanente, poiché la corteccia prefrontale - la parte del cervello deputata al controllo degli impulsi e al processo decisionale - completa il suo sviluppo solo intorno ai 25 anni.
Inoltre, le continue sollecitazioni dovute all’eccessiva esposizione digitale possono alterare il sistema dopaminergico, creando squilibri sia per l’eccesso che per il difetto di dopamina e compromettendo così la capacità dei giovani di autoregolarsi.
Per questo, accanto alla richiesta di misure immediate a tutela dei minori, lo studio legale ha già annunciato una seconda fase dell’iniziativa: un’azione risarcitoria collettiva, aperta ai genitori i cui figli abbiano subito danni legati all’uso dei social network.
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