Quando si decide di comprare una seconda casa le spese e le tasse da mettere in conto sono molto diverse da quelle sostenute per l’acquisto di quella in cui si vive.
Stangata seconda casa, ecco su cosa il Fisco viene a battere cassa. Quando si decide di comprare una seconda casa, sia per investimento che per necessità, bisogna considerare diversi aspetti fiscali. Anche se voler investire i propri soldi nel «mattone» per farli fruttare potrebbe essere una buona idea, bisogna considerare che in alcuni casi sulla seconda casa potrebbe gravare una doppia tassazione con l’Irpef e l’Imu.
Per la seconda casa è bene considerare subito che le tasse che si è chiamati a pagare non sono le stesse previste per la prima. L’acquisto avrà un costo più alto sul piano fiscale e le tasse da pagare dal momento in cui si diventa proprietari potrebbero essere anche molto salate. Vediamo come cambia l’imposizione fiscale tra prima e seconda casa e perché quest’ultima costa molto di più.
Acquisto seconda casa, quali sono le tasse da pagare?
Quando si compra una casa diversa dall’abitazione principale si deve mettere in conto che non si potrà beneficiare delle stesse agevolazioni previste per la casa di abitazione.
L’imposta catastale e l’imposta ipotecaria graveranno per 50 euro ciascuna su chi acquista, ma a essere più pesante è l’imposta di registro: mentre per la prima casa è pari al 2% del valore catastale, dalla seconda casa in poi sale al 9%.
Facciamo un esempio pratico: su un immobile dal valore catastale di 200.000 euro per la prima casa l’imposta di registro, che si paga al momento dell’acquisto, sarà pari a 4.000 euro, per la seconda casa arriva a 18.000 euro.
Queste sono solo le prime spese di cui tenere conto, perché ci sono quelle che si dovranno sostenere tutti gli anni, ovvero: Imu, Tari e, in alcuni casi, Irpef.
L’Imu è l’imposta municipale unica (o propria) che devono versare tutti i proprietari degli immobili. L’abitazione principale ne è esentata nel caso non ricada in una categoria di lusso. Per la seconda casa l’Imu si paga sempre, anche se l’immobile non è di pregio o di lusso.
L’importo dell’Imu è variabile e non si può stimare quando potrebbe pesare sulle spalle del proprietario, visto che l’aliquota è determinata dal Comune in cui l’immobile è situato e può variare dall’8,6 al 10,6 per mille della rendita catastale.
Nel caso in cui l’immobile acquistato come seconda casa sia concesso a un parente di primo grado in comodato d’uso gratuito, la base imponibile dell’Imu è ridotta al 50%.
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Che tasse si pagano sulla seconda casa?
La seconda tassa che grava sulla seconda casa (ma questa grava anche sull’abitazione principale) è la Tari che serve a sostenere il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. La tariffa è applicata dai Comuni e, proprio per questo motivo, varia da una zona di residenza all’altra. A determinare l’importo della tassa, in ogni caso è la metratura della casa e il numero di occupanti.
Va sottolineato che la Tari va pagata anche sulla casa sfitta, in cui non abita nessuno perché, in teoria è atta a produrre rifiuti anche se, in realtà non ne produce. Si può chiedere l’esenzione dal pagamento della Tari solo nel caso che l’immobile sia inabitabile e questo si verifica nel caso in cui non sia ammobiliato e in esso non siano presenti gli allacci delle utenze principali (acqua ed energia elettrica).
Quando la seconda casa è tassata due volte
Anche se, normalmente, l’Irpef non è dovuta sugli immobili assoggettati a Imu, una casa sfitta nello stesso Comune in cui è ubicata l’abitazione principale prevede anche una imposizione all’Irpef. Questa regola è stata introdotta per incentivare i proprietari di seconde case ad affittare gli immobili.
Se si possiede una seconda casa sfitta nello stesso Comune in cui si vive, infatti, si dovrà pagare, oltre all’Imu, anche l’Irpef . Lo stabilisce il Dl 147 del 2013, articolo 1, comma 717, secondo cui
“il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso Comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati ad IMU, concorre alla formazione della base imponibile dell’IRPEF e delle relative addizionali, nella misura del 50%“.
A questa norma, tra l’altro, si aggiunge quanto previsto dal Dpr 917 del 1986 che all’articolo 41 prevede che
“per gli immobili interessati la tassazione ai fini IRPEF avviene sulla rendita catastale dell’unità immobiliare rivalutata del 5%, aumentata di 1/3 (in quanto immobile tenuto a disposizione), e ridotta al 50% per effetto di quanto previsto dal D.L. n. 147/2013“.
In pratica, sull’immobile tenuto a disposizione del proprietario (la casa sfitta) ubicato nello stesso Comune dell’abitazione principale si deve versare l’Irpef nella misura del 50% calcolata sulla rendita catastale rivalutata (al 5%) e aumentata di un terzo.
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Le spese in più sulla seconda casa
Anche se non si tratta propriamente di una tassa, quello che bisogna considerare sulle seconde case è che dal 2025 costerà di più anche ristrutturarle. Il bonus ristrutturazione nel 2025, infatti, anche se è stato prorogato al 50% con questa aliquota è destinato solo all’abitazione principale. Per le seconde case la percentuale di sconto sulle spese di ristrutturazione scende al 36%. Qualsiasi intervento sulla seconda casa, di conseguenza, finirà per pesare maggiormente sul proprietario.
Altra considerazione da fare è destinata alle seconde case ristrutturate con il superbonus. I proprietari degli immobili su cui sono stati effettuati i lavori con questa agevolazione fiscale sono obbligati ad aggiornare le rendite catastali della casa in questione che potrebbero subire un aumento. In questo caso l’Imu da versare annualmente sarebbe anche più salata.
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