Donazione azienda o patto di famiglia, quale conviene e perché?

Giorgia Dumitrascu

31 Luglio 2025 - 09:30

Donazione d’azienda o patto di famiglia? Vediamo differenze, vantaggi e rischi giuridici di entrambe le soluzioni per il passaggio generazionale dell’impresa.

Donazione azienda o patto di famiglia, quale conviene e perché?

Chi ha costruito un’impresa sa che prima o poi arriva il momento di passarla a qualcuno. Ma non basta scegliere “a chi”: serve decidere “come”. Donare l’azienda può sembrare la strada più diretta. Ma quando ci sono più figli, beni indivisibili o un futuro da proteggere, il patto di famiglia diventa uno strumento più stabile e protettivo. La differenza non è solo giuridica. È sostanziale, e può determinare se l’azienda resisterà al passaggio generazionale o se finirà ostaggio di un contenzioso familiare.

Che cos’è la donazione d’azienda e quando si usa?

“La donazione d’azienda consente all’imprenditore di trasferire l’intera attività, o una parte di essa, a un altro soggetto, senza ricevere alcun corrispettivo. (artt. 769 e ss. c.c.)”

E’ il caso di un artigiano titolare di una piccola impresa familiare, il quale potrebbe decidere di donarla al figlio che lavora con lui da anni, senza attendere l’apertura della successione o coinvolgere gli altri figli che hanno scelto carriere diverse. Affinché la donazione sia valida deve essere fatta con atto pubblico art. 782 c.c. con la presenza di due testimoni non interessati. Invece, ai fini fiscali, la presenza di un legame familiare prevede l’esonero dell’imposta di donazione art. 3, co. 4 ter, D.lgs. n. 346/1990, ma solo se il donatario è un discendente diretto o il coniuge, e prosegue l’attività per almeno 5 anni.

Dal punto di vista tributario, il trasferimento dell’azienda da un imprenditore individuale, a titolo gratuito, non genera plusvalenze imponibili, a condizione che il donatario mantenga la continuità dei valori fiscali (Circ AE n. 341/E/07). Anche in assenza di vincoli familiari, l’operazione è fiscalmente neutra art. 58 del TUIR, purché rispetti i requisiti formali e sostanziali richiesti.

Come funziona la donazione d’azienda?

La donazione d’azienda rientra nel donatum, cioè nel calcolo delle donazioni effettuate in vita, e può essere soggetta a collazione art. 737 c.c. e azione di riduzione art. 554 c.c. se lede i diritti dei legittimari.

Pertanto, se l’imprenditore dona l’intera azienda a un solo figlio e alla sua morte si scopre che il valore eccede la quota disponibile, gli altri eredi legittimari potranno chiedere il reintegro della propria quota. Questo accade anche molti anni dopo la donazione, con potenziali effetti destabilizzanti sulla continuità aziendale.

Come funziona il patto di famiglia e quando si sceglie?

Il patto di famiglia serve al passaggio di un’impresa familiare, evitando conflitti tra eredi e paralisi gestionali. Introdotto nell’ordinamento con la l. n. 55/ 2006, il patto di famiglia è disciplinato dagli artt. 768 bis ss. c.c., ed è stato concepito come un’eccezione al divieto dei patti successori art. 458 c.c..

“Si tratta di un contratto stipulato con atto pubblico dinanzi a un notaio, che consente all’imprenditore di trasferire la propria azienda o le partecipazioni societarie a uno o più discendenti, con effetti reali immediati e non subordinati alla propria morte.”

L’aspetto che distingue il patto di famiglia da altri strumenti è l’obbligo di coinvolgere tutti i legittimari art. 768 quater c.c.. Ciò significa che devono partecipare alla stipula:

  • il disponente, cioè l’imprenditore;
  • i discendenti assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni;
  • il coniuge del disponente;
  • tutti gli altri legittimari, anche se non beneficiari.

Se anche solo uno di questi soggetti non viene incluso nel contratto, il patto è nullo. Inoltre, il patto di famiglia non è soggetto a collazione né a riduzione e i beni assegnati escono dal perimetro dell’asse ereditario, a condizione che vi abbiano partecipato tutti i legittimari e che la loro quota sia stata compensata.

In quali casi conviene la donazione e quando il patto di famiglia?

La scelta tra donazione d’azienda e patto di famiglia non è neutra. Entrambi consentono di trasferire un’azienda o delle partecipazioni societarie in vita, ma non sono intercambiabili.

Se c’è un solo figlio erede: donazione più semplice, più veloce

Nelle famiglie con un solo discendente coinvolto nella gestione dell’azienda - spesso l’unico interessato alla continuità dell’attività - la donazione può essere la via più diretta ed economica. Non richiede l’intervento degli altri legittimari (che potrebbero anche non esistere) e consente di realizzare un trasferimento immediato, a condizione che siano rispettate le forme di legge.

In questi casi, l’imprenditore eventualmente può riservarsi l’usufrutto o diritti di voto sulle quote per mantenere un margine di controllo fino a un certo momento. Tuttavia, anche in assenza di altri figli, resta il tema della tutela del coniuge, che potrebbe agire in riduzione se la donazione supera la quota disponibile. In questo caso bisognerà valutare se sia utile accompagnare la donazione con una dispensa dalla collazione o con una compensazione a favore del coniuge per ridurre i rischi successivi.

Se ci sono più figli e patrimoni disomogenei: meglio il patto di famiglia

Il patto di famiglia può essere la soluzione ottimale se l’imprenditore ha più figli, ma solo uno è coinvolto nell’impresa. In questo scenario, la donazione potrebbe creare squilibri evidenti e generare un contenzioso successorio quasi inevitabile.
Con il patto, invece:

  • si può trasferire l’intera azienda al figlio che la gestisce;
  • liquidare subito gli altri legittimari, con valori bloccati al momento della stipula;
  • escludere espressamente la collazione e la riduzione, se sono presenti nel contratto e tutti i legittimari vi partecipano.

Presenza di soggetti incapaci: attenzione rafforzata

In presenza di minori, interdetti o soggetti sottoposti ad amministrazione di sostegno, ogni trasferimento aziendale va valutato con estrema prudenza. Nel patto di famiglia, tali soggetti devono comunque partecipare, tramite rappresentante legale, e con autorizzazione preventiva del giudice tutelare.

L’omissione rende il patto nullo. In alternativa, la donazione con clausola modale – che vincoli il beneficiario a compensare, mantenere o curare l’altro fratello non autonomo – può rappresentare una soluzione operativa, ma richiede una redazione estremamente precisa per non degenerare in un contenzioso dopo l’apertura della successione.

Quali rischi comporta la scelta sbagliata tra donazione e patto di famiglia?

Una donazione aziendale mal strutturata o un patto di famiglia incompleto può esporre l’azienda e il beneficiario a notevoli rischi. Infatti, la legge tutela i legittimari, cioè quei soggetti - coniuge, figli e, in mancanza, ascendenti - che hanno diritto a una quota di riserva del patrimonio ereditario.

Donazione aziendale: il rischio più frequente è l’azione di riduzione

Quando un imprenditore dona la propria azienda, ma non tiene conto della quota di legittima spettante agli altri eredi, questi ultimi, alla sua morte, possono agire in riduzione ai sensi degli artt. 554 e ss. c.c.. L’azione mira a recuperare la quota lesa e può comportare la restituzione dell’azienda o di parte di essa, oppure un conguaglio in denaro.

La donazione rientra nel patrimonio da ricostruire per calcolare se i legittimari hanno ricevuto quanto loro spetta. Non solo: i figli e il coniuge, se coeredi, sono anche obbligati alla collazione (artt. 737 e ss. c.c.), salvo esplicita dispensa. Ciò significa che la donazione ricevuta in vita viene riaggregata all’asse ereditario, con effetto riequilibrante, ma anche con possibili tensioni tra fratelli.

Patto di famiglia: quando è nullo e quando può essere impugnato

Anche il patto di famiglia, se non strutturato correttamente, può essere nullo. La causa più frequente è l’esclusione di un legittimario dal contratto. La nullità per mancata partecipazione è grave ed imprescrittibile, può essere fatta valere anche dopo molti anni e rende inefficace il trasferimento compiuto. Di fatto, l’azienda torna nel patrimonio del disponente (o dei suoi eredi), con conseguenze anche sul piano fiscale e societario.

Il patto può anche essere annullato (art. 768 quinquies c.c.), se viziato da errore, violenza o dolo, secondo le regole generali sui contratti artt. 1427 ss. c.c.. Un caso non infrequente riguarda la sottovalutazione del valore aziendale: se un legittimario dimostra di aver accettato una compensazione iniqua a causa di una perizia incompleta, potrebbe agire per chiedere la rettifica o l’invalidità dell’accordo.

I consigli dell’avvocato: come scegliere tra donazione e patto di famiglia

La scelta tra donazione e patto di famiglia non si gioca sulla fiscalità né sui costi notarili. Si gioca sulla tenuta futura dell’equilibrio familiare e sulla capacità di garantire continuità operativa all’impresa. La tentazione di “semplificare tutto con una donazione” è comprensibile, ma spesso miope. La donazione è rapida, ma, come visto, anche fragile: un fratello escluso oggi silenzioso può diventare domani un legittimario agguerrito.

Il primo consiglio, allora, è questo: non dare mai per scontata la pace tra gli eredi. Anche le famiglie più unite possono mutare nel tempo. Basta un cambio di coniuge, un nuovo figlio, o una difficoltà economica per riscrivere gli equilibri. Solo un atto che coinvolge tutti i legittimari - come il patto di famiglia - mette realmente al riparo da contenziosi futuri.

Secondo: non considerare l’azienda un bene come gli altri. Il trasferimento di un’impresa incide sulla direzione dell’attività, sul personale, sui fornitori, sul credito bancario. In molti casi, per garantire continuità, serve affiancare il passaggio a strumenti di controllo progressivo (usufrutto, clausole statutarie, patti parasociali) che nella donazione semplice non trovano spazio.

Terzo: non trascurare i tempi. Se l’imprenditore ha ancora margine operativo e lucidità gestionale, può permettersi una donazione con riserva di controllo. Se invece la fase è delicata – per motivi di età, salute o tensioni familiari – è preferibile fissare tutto in un patto condiviso, che non lasci nulla al caso.

Infine: non prendere la decisione solo con il notaio. Il notaio garantisce la forma e la regolarità dell’atto. Ma il bilanciamento tra legittime, disponibilità, asse ereditario futuro e dinamiche interpersonali richiede un tipo di visione che appartiene all’avvocato. Solo un’analisi giuridica integrata – magari in dialogo con il commercialista – consente di costruire un’operazione davvero blindata.

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