Si può denunciare chi parla male di te?

Ilena D’Errico

28 Novembre 2023 - 10:52

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Ecco in quali casi si può denunciare chi parla male di te: i presupposti del reato di diffamazione e le possibilità di tutela per la vittima.

Si può denunciare chi parla male di te?

Parlare male degli altri è sicuramente una condotta molto sgradevole, a tutte le età e in tutti gli ambiti. Dal compagno di scuola al collega di lavoro, non è piacevole sapere che vengono divulgate delle informazioni offensive sul proprio conto, soprattutto se false o private. È assolutamente comprensibile la necessità di tutelarsi, per evitare i danni all’immagine e alla reputazione della propria persona, ma anche per difendere il proprio benessere.

Se ti trovi in una di queste situazioni, ti sarà di conforto sapere che puoi denunciare chi parla male di te, ma soltanto quando la condotta costituisce un reato. Parlare male di qualcuno può integrare il reato di diffamazione e talvolta quello di calunnia. Al di fuori di queste ipotesi, rimangono gli illeciti civili. Questo significa che è possibile far causa e chiedere un risarcimento, ma non denunciare.

Il deterrente in questi casi è meno forte per chi mette in atto la condotta, ma ci sono comunque dei mezzi di tutela. Vediamo cosa è possibile fare e, prima di tutto, quando si può denunciare (o più propriamente presentare una querela). Nel parlato comune si usa sempre il termine denuncia, ma a livello legale l’esposto della persona offesa prende il nome di querela. Una precisazione che comunque non cambia la disciplina.

Quando parlare male di qualcuno è diffamazione e si può denunciare

La diffamazione è forse uno tra i reati di cui più si parla, spesso invocata anche quando non ce ne sono i presupposti. Non basta parlar male di qualcuno affinché la condotta costituisca reato, bensì è necessario che:

  • La vittima sia assente;
  • vengano offesi l’onore e la reputazione della vittima;
  • l’offesa venga comunicata a più persone.

Capiamo che si tratta di diffamazione soltanto quando qualcuno parla male di te alle tue spalle, quando sei fisicamente assente oppure in gruppo Whatsapp a cui non hai accesso, per fare un esempio. È poi necessario che l’offesa leda l’onore e la reputazione, quindi il tuo decoro personale (morale o professionale) e che non sia limitata alle tue azioni, opere o prestazioni.

Non bisogna quindi considerare soltanto le parole, ma anche il contesto e il significato con cui sono percepibili. Allo stesso modo, non è necessario che venga fatto il nome della vittima, ma è sufficiente che le affermazioni siano riconducibili alla sua persona.

Non è necessario che le offese sorgano da informazioni false, ma solo che ledano l’immagine pubblica. Non si considerano le affermazioni fatte per scherzo o in una polemica politica e quelle che rientrano nel diritto di critica e cronaca. Anche rivelare pubblicamente un tradimento commesso dalla vittima è diffamazione, così come sostenere che si sia sposato/a per interesse economico.

Infine, è necessario che la medesima offesa sia comunicata a più persone, anche se non contemporaneamente, dalla stessa persona. La diffamazione è punita con la reclusione fino a 1 anno o la multa fino a 1.032 euro, ma il reato è aggravato (così come la pena) se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato (anziché “è un bugiardo” dicendo “ha mentito su questa cosa”) o se diffusa con mezzo di pubblicità (come i post pubblici sui social network).

Dopo la querela sporta presso le forze dell’ordine e gli accertamenti, si instaurerà un processo, nel quale si dovrà dimostrare la diffamazione con prove come le testimonianze, le registrazioni o gli screenshot (ammissibili secondo la Cassazione).

Al di fuori di queste ipotesi, non c’è il reato di diffamazione, ma potrebbero esserci illeciti come l’ingiuria e la violazione della privacy. In questi casi non è possibile querelare, ma si può intentare una causa civile con un avvocato richiedendo la cessazione del comportamento offensivo e un risarcimento per i danni patiti (e comprovati).

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