Dal Banking Act del 1935 al dual mandate del 1977, la storia legislativa che ha reso la Federal Reserve indipendente dal Presidente e dall’esecutivo.
Nel 1974, a seguito dell’embargo petrolifero OPEC, il Congresso approvò la National Maximum Speed Law, firmata dal Presidente Richard Nixon. La legge imponeva a tutti gli stati di adottare un limite massimo di 55 miglia orarie, pena il taglio dei finanziamenti federali per le autostrade. L’obiettivo era ridurre i consumi di petrolio negli Stati Uniti. All’epoca, le campagne pubblicitarie per informare i cittadini dicevano: “Non è solo una buona idea, è la legge.”
Con lo stesso spirito, l’idea che la Federal Reserve debba godere di un notevole grado di indipendenza dal Presidente e dall’esecutivo non è soltanto una buona idea (che lo è), ma è anche la legge. Gary Richardson e David W. Wilcox ne ricostruiscono la storia legislativa in “How Congress Designed the Federal Reserve to Be Independent of Presidential Control”, pubblicato nell’edizione estate 2025 del Journal of Economic Perspectives (dove lavoro come managing editor).
La storia legislativa parte dalla Grande Depressione. Come ricordano Richardson e Wilcox, il disegno originale della Federal Reserve nel 1913, con 12 banche regionali e una sede principale a Washington DC, mirava a decentralizzare il potere monetario. In effetti, le banche regionali avevano un certo margine di autonomia nel definire la politica monetaria nei propri distretti. Ma nel 1933, durante la crisi, il Congresso concesse a Franklin D. Roosevelt il controllo temporaneo della politica monetaria per fronteggiare l’emergenza. Non sorprende che Roosevelt gradisse tale controllo. Così, nel percorso che portò al Banking Act del 1935, fu avanzata la proposta di attribuire in via permanente al Presidente le decisioni di politica monetaria. [...]
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